Seconda parte - Capitolo 17

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Seconda parte

Tragici risvolti

Capitolo 17


"L'uomo che tace, che chiude in sé il suo amore, è colui che più ama.

L'amore silenzioso è l'amore di tutta una vita."

(Liala, dal libro "Lalla che torna")


L'adagio sostenuto, della sonata da pianoforte n°14 di Beethoven, si espanse per tutto il salone. I tasti dello strumento musicale venivano pigiati con cura e attenzione da delle delicate dita femminili. Quelle note, unite insieme, facevano da sfondo anche ad una pioggia invernale che si riversava sulle strade quella sera. Dalla sua postazione poi, con le braccia e i gomiti poggiati al lato del pianoforte, non riusciva neanche a vedere la luna. Essa si nascondeva tra le nuvole nere, quasi impercettibili con il buio della notte, e si convinse che osservare il profilo concentrato della fanciulla che suonava era di gran lunga più emozionante.

La stanza occupava solo le fresche e malinconiche note e ogni colonna di marmo, ogni quadro alla parete, e persino un gatto bianco e nero aggomitolato sul tappeto rosso, assistevano alla magistrale interpretazione della fanciulla dal viso pulito, i capelli lasciati lungo le spalle, avvolta in un abito color crema che faceva risaltare il suo colorito caramellato della pelle. E pensare che, nella sua dimenticata infanzia, era stata pallida come la luna che privava il cielo della sua bellezza.

Cameron venne riportato alla realtà quando sua sorella iniziò a reinterpretare la sonata in un presto agiato, rendendo la melodia più movimentata e quasi allegra. Gli occhi bruni della ragazza, infatti, cercarono quelli del fratello più volte. Sul viso, una classica espressione divertita dal cambiamento dell'area. Fece divertire anche lui, tanto che iniziò a tenere il tempo, tamburellando con le dita sul pianoforte nero. Era tremendamente imprevedibile quella piccola peste, cresciuta da sempre tra l'agio del loro stato economico e sociale e tra spartiti di musica. Quella, soprattutto, era la sonata che amava interpretare di più. Quella che esibiva nei tanti ricevimenti organizzati dai loro genitori, proprio in quel salone.

Non era proprio spazioso, ma elegante e luminoso, sui toni del bianco, del rosso, e dell'oro delle cornici dei quadri che popolavano le pareti. Ovali, quadrati, ritratti di famiglia, di ognuno di loro, di paesaggi di mare e montagna. Due colonne bianche, poste ai lati del pianoforte, davano un aspetto antico e nobile all'intera stanza, che veniva divisa dalla hall della residenza da un arco proprio alle spalle dell'uomo. Una grande finestra, invece, alle spalle di sua sorella -seduta ancora sul piccolo sgabello dello strumento musicale- ridava sul cortile esterno, sulla strada e sulle altre case vicine, separate ognuna da alte siepi e alberi. Verso la sesta e l'ottava poi, c'era un sentiero fitto che conduceva verso un lago privato.

Paulne terminò il terzo movimento della sonata, osservando speranzosa il fratello. "Allora? Cosa te ne sembra?"

"Interpreti Beethoven in modo impeccabile, come sempre." Mirando il volto soddisfatto della sorella, Cameron batté i palmi sul pianoforte. "Ti pregherei di suonare sempre questo, piuttosto che quel cane morto di Schumann." Il compositore preferito del loro padre, dalle musiche più romantiche e passate di moda, che moderne e allegre.

La ragazza, dal canto suo, assunse un'aria falsamente sconcertata, tanto che si trattenne nello scoppiare a ridere quando disse: "Cameron Vom Mendelson siete il peggior gentiluomo che io conosca. L'unica cosa che vi appassiona, Signore, è trarre in inganno e nel vostro letto giovani di buona famiglia per i vostri piaceri personali." Con un gesto rapido della mano, chiuse il libro con il suo spartito, facendolo restare sul leggio del pianoforte.

Quante gocce nel mio mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora