M'ama, non m'ama.
M'ama, non m'ama.
M'ama, non m'ama.
M'ama.
La margherita era ormai priva dei suoi piccoli petali bianchi. Di lei rimaneva solo un gambo verde e il polline giallo al centro, rinchiuso in una minuscola pallina. Gettandola dietro le sue spalle, un bambino di otto guardava quasi incantato una sua coetanea, intenta a strappare ogni margherita poco vicino alla riva del fiume Havel. Nascosti alla vista dei loro genitori, le loro madri, sotto gli alberi della foresta di Grunewald, passavano la maggior parte del loro tempo. Osservavano gli uccelli che volevano sopra il fiume, indovinavano i nomi dei fiori, giocavano a nascondino, trovando facili rifugi dietro i tronchi degli alberi o i burroni poco profondi, facendo sempre attenzione a non cadere in acqua.
"Hai intenzione di strappare tutte le margherite della foresta? Lasciale in pace!" Sbottò un piccolo Cameron, con un tono autoritario che lo faceva assomigliare ad un generale in miniatura, perfettamente tascabile.
Gretel li cacciò fuori la linguaccia, prendendosi gioco di lui. "Inizi a diventare noioso, Cam. Trovati un passatempo." La bambina dai riccioli bruni, la carnagione pallida e gli occhi verdi, era sua amica da che aveva memoria. Studiavano insieme con lo stesso precettore, passavano interi pomeriggi a passeggiare nei boschi con le loro madri, e tre giorni a settimana cenavano con le loro famiglie al completo.
Cameron sbuffò pesantemente, gonfiando le guance un poco floride e passandosi una mano tra i folti capelli neri. "Fa come ti pare! Io torno indietro." Per ripicca strappò dell'erbaccia accanto a lui, gettandola poi al fianco della bambina. Gretel non si era mai comportata come una bambina viziata, almeno non con lui, ma quando quel suo lato emergeva, riusciva a mandarlo in bestia. I loro padri erano della stessa cerchia di amici ed era nata così l'amicizia tra le loro due famiglie. Un racconto che il piccolo si era subito non poche volte, avendo un padre autoritario, severo, che dava importanza agli antichi valori della famiglia e dell'amicizia.
"Cameron, aspetta!" Gli urlò dietro Gretel, lisciandosi la gonna del suo abitino a fiori dai bordi un po' sporchi di terra. Lui, però, era già sulla stradina del ritorno quando se la ritrovò dietro.
"Non c'è mica bisogno di essere così cattivo! Specie con una lady!"
Pare di sentire mia madre. Si lamentò mentalmente, limitandosi a mettersi le mani in tasca e girare verso una quercia, dove sotto di essa vi erano sedute le loro madri. Helene ed Helga erano immerse in una conversazione su come realizzare un cucito perfetto, mentre poco distante da quest'ultima, sul terreno, c'era una piccola Paulne che giocava con un cavallino di legno. Le due donne non degnarono di uno sguardo i due figli, ben sapendo cosa stessero facendo.
Cameron si sedette sulla coperta, accanto a Paulne. Quest'ultima, notando la presenza del fratello maggiore, gli passò un cavallino dello stesso materiale, ma più scuro. "Gioca." Lui le sorrise, annuendo appena e, prendendola per mano, la portò alla riva.
"Stai attento, Cam!" Lo raccomandò la madre. Di risposta, il bambino si girò verso la donna e annuì convinto. Helga era sempre stata una donna amorevole con i propri figli, molto diversa dal tripotipo di madre che si poteva trovare a Berlino. Dava loro i baci della buona notte, giocava con loro dopo le lezioni del precettore, raccontava storie inventate sul momento. Helga era sempre stata una donna fuori dal comune, dalla bellezza particolare che ricordava più una donna africana che tedesca. A partire dalla pelle caramellata, agli occhi neri, passando per i capelli scuri e il naso ad aquilino. A detta del loro padre era stata proprio la bellezza esotica e la mentalità, per quel tempo, moderna ad attrarlo in modo così profondo.
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Quante gocce nel mio mare
Historical FictionNew York, anno 1915. In una Riverdale pacifica e lontana dal caos della guerra, Amelia Putnam vive appieno i suoi sedici anni e si prepara a compierne diciassette tra pochi giorni. Ma solo il giorno dopo il suo compleanno, il 7 Maggio, il destino è...