46 - Schifo

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Ero solo. Questo fu il mio primo pensiero la mattina dopo. Harry non era con me.

Girai la faccia e la immersi nel suo cuscino ispirando il suo odore e subito lacrime involontarie iniziarono a bagnare la stoffa. Mi ero illuso che sarebbe rimasto. Avevo mentito me stesso cercando di convincermi che le parole che aveva detto erano vere, ma non era stato così. Lui ora sapeva i miei segreti e se ne era andato via.

Mi sentii inutile, superfluo, grasso, stupido, stonato, il meno amato del gruppo. Ero l'indesiderato, quello con cui si stava per pena o che si acclamava per pietá. Io non avevo nessuno, mai. Ero sempre solo. Anche Josh probabilmente si era scocciato di me, ma era troppo gentile per dirmelo. Non mi sentivo con mia madre da qualche settimana, se non per qualche messaggio ogni tanto. Questo perché io servivo solo per i soldi che portavo a casa.

Mi morsi forte il labbro e portai una mano alla pancia per pizzicarmela. Mi stupii quando la trovai nuda e appena me ne ricordai il motivo nuove lacrime mi invasero le guance.

Harry doveva star parlando con gli altri di farmi andare via.

E improvvisamente un pensiero riprese a girarmi per la testa e cominciai a rifletterci seriamente, iniziando a considerare tutte le possibilità. Uccidermi e smettere di essere il peso che ero per gli altri. Liberare il mondo da un insetto fastidioso qual'ero. Era una prospettiva allettante.

Con la mente corsi ai mille scenari che si sarebbero realizzati se l'avessi fatto, e qualsiasi futuro era migliore senza di me.

La vocina nella mia testa stava impazzendo, ed io per quella volta seppi con certezza che aveva ragione.

Mi alzai tremolante dal letto, con la faccia impastata dal sonno e bagnata di lacrime, e cercai il cellulare con lo sguardo. Nonostante tutto volevo sentire mia mamma un ultima volta, per dirle che le volevo bene e per salutare le mie sorelline. Erano ancora così pure loro. E poi volevo dire addio a Josh, che mi era stato accanto in tutti quei mesi. Non sarebbe stato un addio ufficiale, gli avrei solo detto, come sempre, che gli volevo bene e che ci saremmo sentiti presto, anche se non sarebbe stato così.

Vidi il telefono su un mobiletto poco lontano e lo raggiunsi con la vista appannata.

Avrei anche scritto una lettera per i ragazzi per dirgli di non sentirsi in colpa e per ricordargli che gli volevo bene.

Tanto non sarei mancato e non volevo essere egoista e pensare solo a me stesso, continuando ad infastidire gli altri con la mia presenza. Almeno una volta morto avrebbero dovuto fingere per poco che gli mancavo, poi sarebbero stati liberi. E così anche io.

Stavo giusto per aprire la porta quando un borbottare proveniente da dietro di essa mi distrasse. Era Harry. Mi spaventai e barcollai all'indietro.

Silenziosamente avvicinai l'orecchio al legno per sentire con chi e di cosa stesse parlando, ma non potei distinguere nessun altra voce.

"Okay quindi non devo insistere troppo?"- chiese. La sua voce mi giungeva ovattata.

"Va bene. Quindi stare vicino e io mangio di più di lui così capisce, capito. Ora vado che penso si sveglierà a momenti. Arrivederci."- salutò. Quindi parlava di me. Senza aspettare mi allontanai dalla porta e mi finsi stupito quando lo vidi entrare.

"Ehi Lou"- sorrise appena i suoi occhi si posarono su di me, avvicinadomisi. E con mia sorpresa mi baciò delicatamente le labbra -"Dove stavi andando?"-

La vocina parlò prima di me:

A farvi un favore.

Harry sta recitando. Tu non gli piaci davvero. Sei un peso per lui.

My sweet weight//larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora