Proposta indecente?

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Giorno 10

Come in un sogno mi ritrovo sotto casa di Leonardo.
Non volevo venire né fargli sapere che mi sta a cuore la sua salute... Ma la tentazione è stata troppo forte.
Quando anche stamattina non l'ho visto arrivare in ufficio, ho preso la decisione di andare a trovarlo.
Vedo solo come sta, mi dico guardando corrucciata il citofono.
Voglio solo sapere se il demonio è ancora vivo e poi me ne torno a casa mia.
Lontana anni luce da lui.
Do un'occhiata alla portineria, luminosa e riccamente arredata, con dei videocitofoni ultramoderni, e penso che l'avvocato si tratta proprio bene.
Altro che i citofoni che fischiano a casa da me o il mio vicino che ogni mattina si affaccia in mutande.
E, bisogna ammettere, che il suo fisico non è certo da copertina.
Compongo il numero che corrisponde al suo interno e aspetto che mi risponda.
Suona a vuoto parecchie volte e, quando sto per suonare di nuovo, sento la voce distante e concitata di Leo:
"Che cosa vuoi, ragazzina?"
Sobbalzo per lo spavento e mi chiedo come faccia a sapere che sono io.
Mi aspettava oppure non c'è nessun altro che andrebbe a fargli visita a parte me?
Poi vedo l'occhio scuro che punta nella mia direzione e mi do della stupida.
Lui mi vede attraverso il videocitofono.
"Aprimi, ho portato la cena" e alzo il pacchettino che ho tra le mani all'altezza della telecamera per farglielo vedere.
Una breve esitazione e un respiro accelerato.
"Non credo sia il caso"
"Perché?"
"Perché sto male e sono in uno stato pietoso" è la sua risposta e posso sentire che la sua voce è aumentata di qualche ottava.
È nervoso stasera.
"E credi sia il caso di lasciarmi qui al freddo e al gelo? In mezzo a una strada..." mi guardo attorno: palazzi alti, piccole aiuole e macchine di lusso a ogni angolo: "Una strada buia" continuo scuotendo la testa.
"Ti basta tornare a casa tua e non sarai più in una strada buia" è la risposta sarcastica che arriva.
Bene, se ancora mi prende in giro non deve stare poi così male.
Forse potrei davvero ritornare a casa. Forse lui non ha bisogno di me.
Un colpo di tosse alto e quasi spaventoso, però, contraddice tutto.
"Voglio solo sapere se il mio datore di lavoro mi pagherà lo stipendio questo mese" controbatto alla sua risposta ironica.
Lo sento sbuffare.
"D'accordo sali" è la sua resa mentre il portone si apre automaticamente davanti ai miei occhi.
Anche io, quando voglio, so essere convincente penso con sorriso.
Un bravo avvocato deve sapere fare anche questo, no?
"Grazie per avermi aperto" gli dico quando lo vedo sulla soglia del suo appartamento.
"L'ho fatto per disperazione" mi risponde con la voce raffreddata e stanca: "Conoscendoti staremmo stati tutta la notte al citofono"
Guardo le occhiaie profonde che solcano il suo viso, il naso rosso e la barba incolta.
Sembra stanco e provato. Indossa un pantalone sportivo e la vista dei suoi piedi nudi rischia di farmi confondere.
Possibile che mi piacciano anche i suoi piedi?
Il mio cervello deve essere andato in pappa nel tragitto in ascensore.
La maglietta bianca, che delinea i suoi addominali, è stropicciata e questo non è proprio da lui.
Entriamo insieme nel suo appartamento e il rumore sordo della porta che si chiude dietro le mie spalle spezza il nostro silenzio imbarazzato.
"Come stai?" gli chiedo accarezzandogli la guancia smagrita.
La sua pelle è bollente e sono quasi sicura che abbia la febbre alta.
Come se la mia domanda avesse aperto un muro tra le sue difese, lo vedo appoggiarsi a me.
"Sei così fresca" sospira pieno di sollievo, chiudendo gli occhi.
"Non sono io fresca. Sei tu che sei bollente. Hai misurato la febbre?"
"Non ho un termometro" risponde
Lo guardo con aria di rimprovero.
"Magari perché gli uomini duri come te non stanno mai male?"
Un sorriso e un colpo tosse precedono la sua risposta:
"Esattamente Emma" lo vedo barcollare verso il divano che domina il salotto e poi distendersi in mezzo una montagna di fazzoletti.
"Per trovarti mi sarebbe bastato seguire la scia dei fazzolettini, vero?"
"Scusa per il disordine" dice mentre si massaggia le tempie: "mi sono un po' lasciato andare"
"Che è successo?" gli chiedo ancora mentre gli pettino dolcemente i capelli.
Lui sembra apprezzare e si allunga verso di me come per chiederne ancora.
"Domenica notte sono tornato da Firenze, andava tutto bene" un colpo di tosse: "ma poi ho iniziato a sentirmi male"
"Male come?"
Apre gli occhi e mi lancia un'occhiataccia.
"Fa davvero schifo... Non voglio raccontartelo"
"Voglio saperlo lo stesso" insisto.
"D'accordo" sospira, richiude gli occhi e accetta le mie carezze: "ho praticamente buttato fuori l'anima e poi credo mi sia venuta la febbre"
"Lo credo anche io... Forse una febbre intestinale o qualche cosa che hai mangiato"
"Forse" mi asseconda stanco.
"Hai preso qualcosa?"
China la testa in un debole segno di assenso.
"Vuoi mangiare?"
I suoi occhi, resi lucidi dalla febbre, si spalancano.
"Sì, non mangio da giorni" si alza e mi guida fino in cucina. La sua cucina è piena di elettrodomestici all'ultima moda, lucida e pulita.
Tutto nel suo appartamento è così pulito che mi chiedo se ci abiti davvero.
Apparecchia velocemente e mi invita ad accomodarmi.
Mentre starnutisce io non riesco a impedirmi di rimproverarlo:
"Non dovresti camminare a piedi nudi quando sei raffreddato"
"Non metto mai le scarpe a casa" un'occhiata determinata: "e non sarà un raffreddore a farmi cambiare idea"
Come se non sapessi già che lui è un testone, questa sua presa di posizione è un'altra prova inequivocabile.
Lui non cambierà. Neanche per me.
Iniziamo a mangiare i panini che ho portato quando lui mette una mano sul mio braccio, una presa calda e possessiva, e con una faccia preoccupata mi dice:
"Non è che poi ti approfitterai di me, vero?"
Un rossore improvviso colora le guance.
"In che senso?" balbetto.
"Mi stai offrendo una cena" ammicca sfacciato: "chissà cosa vorrai in cambio"
"Stupido" è la mia risposta e gli tiro una patatina mentre lui ride e tossisce insieme: "non stai poi così male, vedo"
"Forse tu mi fai bene" e come al solito mi spiazza con queste sue dichiarazioni.
Lo fa solo per conquistarmi o lo pensa davvero? Lo guardo mangiare tranquillo il suo panino mentre a me è passata la fame.
Chi è davvero?
L'avvocato spietato o l'uomo dolce che continua stupirmi?
Il resto del pasto scorre veloce, tra battute e colpi di tosse.
Ha un po' di febbre, di questo ne sono certa, ma sembra già stare un po' meglio di quando l'ho visto solo e perso all'inizio della serata.
Niente che una bella dormita non possa curare.
"Mi raccomando continua a curarti, bevi tante spremute d'arancia e se hai bisogno di qualcosa chiamami"
"Sì signora" mi prende in giro sorridendo.
Sto per andarmene quando sulla porta lui mi blocca stringendomi forte il polso.
"Rimani" mi sussurra a pochi centimetri dal mio volto.
Un sussulto scuote il mio corpo.
"Cosa?" l'unica parola che riesco a dirgli mentre un caleidoscopio di emozioni mi invade.
"Ho detto rimani" e stavolta cerca il mio sguardo: "Rimani con me... Non mi lasciare"

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