Distrazioni

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Giorno 12

L'orologio a pendolo che decora il corridoio dello studio batte rigoroso le 12.
Mi passo le mani sugli occhi stanchi dalle troppe ore passate a guardare lo schermo del mio pc e con movimenti attenti mi stiracchio.
Ogni più piccola parte della mia colonna vertebrale sembra chiedere sollievo e la mia schiena è distrutta.
È da quando sono arrivata stamattina che stiamo vagliando il nuovo caso e non ci siamo mai alzati dalla sua scrivania.
Tra di noi ci sono così tante carte e così tanti appunti che quasi non riesco a vederlo.
"Rileggimi ancora quel documento che hai trovato" mi chiede Leonardo mentre si allunga sulla sua poltrona e lo vedo massaggiarsi la fronte.
Gli do un'ultima sbirciatina prima di cercare i miei appunti e vedo che anche lui sembra stanco.
Stanco e frustrato.
Il caso a cui abbiamo iniziato a lavorare, e che addirittura l'ha portato fino a Firenze, non sembra convincerlo.
Mentre io leggo, Leonardo si alza e con pochi passi silenziosi arriva alla finestra che domina la stanza e fissa distratto il panorama.
Posso quasi vedere i pensieri che corrono veloci nel suo cervello.
Sta analizzando i pro e i contro di questo caso, sta pensando se valga la pena di accettare l'incarico e come e quando agire.
Poi, quando finisco di leggere, ritorna a sedersi e scruta per l'ennesima volta gli appunti e le ricerche che ho fatto.
Di nuovo nel suo mondo.
E, anche se per pochi secondi, a me sembra come di non esistere.
Niente lo interessa di più del nuovo caso che ha in mano.
È affascinante osservarlo adesso, nel suo mondo, immerso fino al midollo nelle carte, con la camicia stropicciata e i solchi sulla fronte.
È totalmente concentrato ed è come se fosse spoglio di ogni difesa.
Più lo guardo più ho la certezza che, anche se il mondo crollasse in questo stesso momento, lui non se ne accorgerebbe.
Guarda corrucciato il documento nel suo portatile e gioca nervoso con la penna.
Sospira forte poi, come ricordandosi della mia presenza, alza i suoi occhi su di me.
"Non so... C'è qualcosa che non mi quadra" dice guardando alternativamente il suo quadernetto e il bilancio della ditta.
"In che senso?" gli chiedo avvicinandomi per capire cosa lo fa esitare.
"Guarda qui" mi indica una somma che ha appena cerchiato con la penna rossa: "Questo bonifico da parte di questa ditta" una somma importante si profila sotto ai miei occhi.
E poi la mano di Leonardo continua a muoversi sul foglio e a cerchiare somme sempre più ingenti versate sempre dalla stessa ditta.
"Chi è la Business Rosso?" mi chiede mentre digita il nome di questa ditta su Google: "Perché  continua a mandare tutti questi soldi?"
Guardo le cifre e facendo un rapido conto rimango di sasso.
Nel foglio, l'estratto contro di un solo mese, tutti quei bonifici segnati con la sua penna rossa mi fanno venire il mal di testa.
Non ho mai visto tutti questi soldi insieme.
E anche se so che l'uomo che dovremmo difendere, un manager di successo della Firenze bene che si occupa di costruzioni, tutto questo non ha senso.
Nessun strepitoso successo può giustificare queste somme.
Mi siedo e lo guardo mentre continua a cercare notizie su Google.
"È... È strano" dico diplomatica.
"Non è strano... È una bomba a orologeria. Se questo registro arriva nelle mani sbagliate è fottuto. Siamo fottuti!" scaglia lontano da sé il registro e continua a fissare quelle cifre enormi: "E non c'è nessuna difesa che tenga"
Guardo ancora quelle cifre e concordo con lui. Appena il giudice o anche la controparte arriveranno a questi documenti non sarà possibile mettere in atto una difensiva.
E questa, come ogni bravo avvocato dovrebbe sapere, è solo la punta dell'iceberg.
Chissà quanti altri conti ci sono a nome del manager con altrettanti bonifici sospetti e quante altre azioni non proprio legali ricadranno a suo carico.
È il classico caso che nessun avvocato vorrebbe dover difendere.
Una proposta indecente. 
Lo vedo passarsi le mani sul viso inquieto mentre si dondola avanti e indietro sulla grande poltrona di pelle.
Non l'ho mai visto così turbato da qualcosa.
"Qual è il problema?" gli chiedo posandogli una mano sulla gamba: "Basta non accettare il caso"
Come se le mie parole lo avessero risvegliato da chissà che incubo e si accorgesse solo adesso che sono ancora al suo fianco, alza lo sguardo su di me.
Un velo scuro e pensieroso è calato sul blu dei suoi occhi.
"Sì" risponde in maniera automatica: "basta non accettare, hai ragione"
E allora perché sembra non riuscire a uscire da questa situazione? Perché mi sembra così perso?
"Tutto bene, Leonardo?"
"Cosa?" mi chiede mentre i numeri sul pc continuano ad attirare la sua attenzione: "Sì, Emma. Tutto bene"
"Non sembra" insisto e continuo a guardarlo attenta.
Leonardo concentra tutta la sua attenzione su di me e lo vedo allungarsi verso la mia sedia.
Un sorriso affascinante e la sua mano che sale lenta a sfiorare le mie gambe lasciate scoperte dalla gonna.
"Forse sei tu che mi distrai oggi" dice e i suoi respiri caldi riscaldano il mio corpo.
Resistere al suo tocco è così difficile, con le sue mani che viaggiano sicure sulla mia pelle e i suoi occhi che catturano i miei in un vortice di promesse e di passione.
Ma, nonostante i miei sensi annebbiati, anche io mi accorgo che è solo una finzione.
Una maschera.
Sta tentando di distrarmi. Di spostare la mia attenzione.
Prendo la sua mano e la scosto.
E nonostante il freddo che sento adesso sulla pelle, mi allontano da lui.
Voglio lui ma non voglio questa finzione.
"Emma cosa c'è?"
"Non voglio che mi tocchi solo per confondermi"
Lo vedo balzare sulla sedia e fissarmi con gli occhi serrati:
"Che stai dicendo? Io ti tocco perché mi piace. E piace anche a te"
"Sì, molto spesso è così. Ma non oggi. Oggi lo fai per nascondermi qualcosa. Che cosa c'è non mi stai dicendo?"
Come un testimone preso in contropiede lo vedo indietreggiare e sfuggire al mio esame.
"Non c'è nulla, Emma" e il suo tono è basso e persuasivo.
Troppo persuasivo.
"Allora dimmi che non lo difenderai. Dimmi che questa è l'ultima volta che parleremo di questo caso"
Aspetto che si difenda. Che neghi l'evidenza. Che dica qualsiasi cosa.
Tutto sarebbe meglio del suo silenzio colpevole.
Raccolgo tutti i miei averi mischiati ai suoi e mi avvio verso l'uscita.
"Neanche tu sei un bravo avvocato" è la mia stoccata finale prima di abbandonarlo davanti alla finestra: "Un bravo avvocato sa mentire meglio di così"



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