Il mio incubo peggiore

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Leo's pov

Apro la porta del mio appartamento e, allentando il nodo alla cravatta che sembra strozzarmi, mi dirigo verso il mio angolo bar.
Prendo il primo bicchiere che capita tra le mie mani e lo riempio fino all'orlo di cognac.
Mancava così poco, penso buttando giù il primo sorso e aspettando che il calore del liquore penetri nelle mie membra stanche.
Così poco e invece, tutto quello che avevo cercato di evitare, è successo.
Il mio incubo peggiore si è presentato lì, proprio davanti ai miei occhi, e io non ho potuto fare nulla.
Un secondo sorso, lungo e insoddisfatto, mentre mi accascio senza forze sul divano.
Ancora adesso, che sono passate ore, non riesco a pensare ad altro.
Pochi passi e avrei fatto andare via Emma.
Pochi passi e lei sarebbe stata di nuovo al sicuro.
"Leonardo" la voce potente dietro le mie spalle, come una frustata che colpiva le mie carni, mi aveva bloccato e insieme avevo sentito la forte tentazione di spingere Emma velocemente fuori dallo studio.
Spingerla lontano da lui.
Da lui e dal suo marciume.
Ma era troppo tardi.
Era già troppo tardi nel momento stesso in cui Emma aveva smesso piede nel suo studio.
Ero stato un stupido a illudermi di poter passare, per un'altra volta ancora, pochi attimi con lei e non pagarne pegno.
"Leonardo" aveva ripetuto Castelli con il occhi socchiusi e attenti: "Non mi presenti la nostra giovane collega?"
Istintivamente avevo allungato una mano a stringerle il braccio per nasconderla dietro le mie spalle ma, come il mio braccio si era allungato, così rapidamente avevo dovuto riabbassarlo senza sfiorarla.
Non l'avrei mai fatto.
Non l'avrei mai sfiorata.
Non davanti ai suoi occhi rapaci pronti a stanare e a usare contro di me, contro di noi, ogni mio più piccolo segno di debolezza.
"Certo" avevo risposto mentre il mio viso si trasformava in una maschera di indifferenza: "Avvocato Castelli le presento l'avvocato Emma Orsini"
"E' un piacere per me conoscerti, Emma" il tono basso e roco, le labbra distese in un sorriso da conquistatore.
L'immagine di Emma e Castelli così vicini era bastata a farmi venire la voglia urlare.
No, avrei voluto dire allontanandolo da lei.
Non devi toccarla!
Non sei neanche degno di respirare la sua stessa aria.
No, non doveva succedere.
Non è giusto.
Rido solo e triste e butto giù l'ennesimo goccio di liquore.
In fondo... Chi meglio di me sa che non esiste la giustizia?
"Castelli?" mi aveva fatto eco Emma e io, tremando, avevo visto un lampo d'intuizione illuminare il suo sguardo.
Non farlo Emma, l'avevo scongiurata dentro di me.
Non parlare e vai via il prima possibile!
"Castelli... Come Francesca Castelli?"
"Sì" le aveva risposto il lupo, soddisfatto e compiaciuto, come se aspettasse solo che lei gli facesse quella domanda: "E' mia figlia... Per caso vi conoscete già?"
"Per caso, è proprio la risposta più giusta" aveva detto Emma, e chissà perché, sentendo un accenno di delusione nel suo tono, per un solo attimo, avevo pensato di consolarla.
Avevo sentito la necessità, più forte di tutto, di spiegarle.
Spiegarle tutto.
Ma non potevo e non posso.
Se voglio che sia al sicuro, devo continuare a tacere.
Proteggere il suo cuore a scapito del mio, è questa l'unica cosa che devo fare.
"Ti stai occupando del caso dell'inquinamento?" aveva continuato a chiederle, ignorando il mio silenzio e miei sguardi truci, indicando il signor Antonioni che la affiancava.
"Esattamente" era la stata la risposta sibillina di Emma.
"Non vedo l'ora di rivederti" la sua mano appoggiata sul braccio esile di Emma: "e di conoscerti meglio" aveva concluso ammiccando complice.
"Non credo che ne sarà occasione" avevo troncato io, allontanando le sue mani da lei, nascondendo la rabbia che mi accecava: "Emma e io ci vedremo direttamente in tribunale"
Uno sguardo alla mia posa dritta e severa era bastata a Castelli a capire il mio messaggio silenzioso.
Hai già me bastardo, rispetta il patto e lasciala stare... L'odio che trasudava da ogni poro della mia pelle.
Con un cenno di comprensione ci aveva dato il suo commiato.
E io avevo tirato finalmente un lungo respiro di sollievo.
"Interessante la tua Emma" era tornato di nuovo alla carica mentre entrambi fissavamo immobili la porta chiusa: "Sembra così pura e combattiva insieme. O forse mi sbaglio... Non più tanto pura dopo che ha conosciuto te, vero?" ridendo lui stesso della sua battuta stupida.
"Non ti azzardare a parlare male di lei!" gli avevo intimato subito cercando di scrollarmelo di dosso.
"Cervello e bellezza... Una combinazione perfetta.
Potrei quasi capire perché tu abbia perso la testa per lei" aveva continuato invece lui: "Ho detto quasi però, Leonardo. Perché lo sai, che se fai soffrire mia figlia, io non mi fermerò davanti a nulla" mi aveva intossicato con una vampata del suo odioso sigaro: "È così bella... credo proprio che mi dispiacerebbe molto se le succedesse qualcosa di male"
Combattendo con la voglia di strozzarlo a mani nude mi ero voltato a fronteggiarlo:
"Ti ho già detto che non la devi toccare. Faccio tutto quello che vuoi ma lei ne deve rimanere fuori. Erano questi i patti"
"Erano questi i patti finché Emma non si è presentata nel mio studio" mi aveva corretto lui: "Io non c'entro niente in tutto questo, è stata lei a tornare da te"
Lo so, maledizione.
Nonostante tutto, Emma è tornata da me.
Lei non ha neanche lontanamente idea del pericolo che corre.
"Cosa vuoi ancora?" gli avevo chiesto stanco passandomi nervoso le mani tra i capelli.
"Assolutamente nulla. Continua a fare quello che stai facendo. Vinci per me"
"Vinco tutti i casi che mi affidi" gli aveva risposto automaticamente.
Ogni briciolo di vita, che avevo provato al rivedere Emma, era andato via con lei.
"Forse tengo particolarmente che tu vinca questo caso"
"Perché? Perché c'è di mezzo Emma?" lo avevo interrogato pieno di ansia ma l'unica sua risposta era stata alzata di spalle disinteressata.
E il mondo mi era crollato addosso.
"Cazzo" dico ritornando al presente e versando ancora altro liquore nel mio bicchiere.
Dita tremanti e mal di testa crescente.
La rabbia, trattenuta a stento, esplode improvvisa.
Prendo il bicchiere che stringo tra le mani e lo scaglio lontano da me urlando.
Il rumore del vetro che si infrange contro la parete è insieme forte e liberatorio.
Guardo la macchia che scurisce la vernice e ascolto i battiti del mio cuore che rimbombano nelle mie orecchie.
Mi accascio sul pavimento e mi prendo la testa tra le mani.
Avevo rinunciato a tutto, a una vita insieme, alla felicità che avevo appena iniziato ad assaporare, ma l'avevo fatto con uno scopo.
L'avevo fatto per lei.
Per proteggerla.
Per tenerla lontano dalle spire di Castelli ed Emma che fa?
Se ne infischia e manda tutto a puttane.
Perché non capisci? Mi chiedo giocando nervoso con i miei capelli.
Perché non puoi dimenticarmi e farti un'altra vita?
Ecco quello per cui ho lottato fino a oggi, devo ricordare al me stesso che correrebbe subito da Emma per non lasciarla più.
Ho lottato perché almeno lei possa avere una vita.
Una speranza.
La speranza che a me è stata tolta tanto tempo fa.
Ma come farò a salvarti?
Come farò adesso a allontanarti di nuovo da me?
Dove troverò la forza?

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