Segreti

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Come sembra strana adesso la nostra routine.
Di mattina tutto scorre come un orologio ben oliato.
Lui è ancora l'avvocato e io la sua tirocinante.
La notte però non esistono più gerarchie.
Non esistono più regole.
Prima che la sveglia suoni, mi sveglio, mi alzo dal letto e mi stiracchio lenta.
Cammino a piedi nudi per la sua cucina e apro sicura la mensola in cui so che troverò le tazzine del caffè.
Sono passati dieci giorni dalla nostra prima notte e credo di avere dormito più qui con lui che a casa mia.
So dove sono le cose, non sbatto più contro i suoi mobili e nel suo armadio, tra miliardi di camicie azzurre, c'è anche una mia camicetta.
Rosa con piccoli pois neri.
Ogni volta che la guardo mi sento un po' più felice.
È come se lì, in mezzo alla sua vita, ci sia anche un pezzo di me.
E, cosa straordinaria e così romantica da farmi sciogliere in brodo di giuggiole, una mattina ho trovato uno spazzolino rosa nel suo bagno.  Quando gli ho chiesto una spiegazione la sua risposta è stata una semplice alzata di spalle:
"Perché non dovresti lavarti i denti qui?"
Già perché non dovrei?
Sorseggio il caffè amaro mentre guardo Milano svegliarsi sotto i miei occhi e penso che ogni suo piccolo gesto è speciale.
Speciale non il fatto che Leo pensi alla mia salute orale più del mio dentista, ma che, a poco poco, lui sembri abituarsi a me. Alla mia presenza.
Che addirittura, silenziosamente, la cerchi.
Leonardo ha comprato uno stupido spazzolino rosa per me e mi ha lasciato un po' di spazio nel suo armadio.
E, penso mordicchiandomi nervosa le labbra, ancora nessuna oca in vista.
L'unica con cui vuole dividere il suo letto, al momento, sono io.
La precisazione "al momento" stride come un pugno in un occhio.
Non illuderti, urla il mio cuore.
Che cosa sarà mai uno spazzolino? O una camicetta in mezzo alle sue? Una sola, stupidissima camicetta.
Non illuderti o sarà troppo tardi e ti ritroverai con il cuore spezzato.
Peccato, penso quando sento le sue braccia che mi abbracciano da dietro, la sua presa sicura e ormai così familiare, le sue mani grandi che vagano lungo il mio corpo.
Peccato che sia già troppo tardi.
Un bacio delicato come il battito d'ali di una farfalla si posa sul mio collo e brividi caldi corrono lungo tutta la mia colonna vertebrale.
Sospiro e mi abbandono alla sua stretta.
"Hai già preparato il caffè?" dice respirando tra i miei capelli.
Annuisco piano e mi giro a ricambiare il suo abbraccio.
"Adoro quando lo prepari tu" dice avvicinandosi al bancone in marmo dalla cucina.
Guardarlo bere il mio caffè, con i capelli tutti scompigliati e gli occhi ancora assonnati è un momento prezioso. Un momento solo mio.
"Lo so" gli rispondo accomodandomi su uno sgabello della cucina: "lo finisci sempre tutto"
"È una mia dipendenza ormai" dice dandomi un bacio al gusto di caffè: "come molte altre cose"
"Anche io sono una tua dipendenza?" chiedo specchiandomi nei suoi profondi occhi blu.
"Forse" è la sua risposta evasiva.
Ma evasive non sono le sue mani che mi avvicinano sempre di più al suo corpo.
Evasivi non sono i suoi baci che straziano le mie labbra, le mie carni e ogni parte di me.
Quando ci stacchiamo, con i nostri respiri affrettati e gli occhi sgranati, un sorriso compiaciuto di apre sul mio volto.
"Forse anche tu sei la mia"
Una luce illumina I suoi occhi.
"Davvero, Emma?" e io so già che cosa gli sta passando per la testa.
"Non ci provare" gli dico mettendo le mani sul suo petto e indietreggiando da lui. Dalla sua tentazione: "Siamo già in ritardo e in più mi devi accompagnare a casa a cambiarmi"
"D'accordo" si arrende rubandomi un altro bacio, poi appoggia la sua fronte alla mia e giocando nervoso con i miei capelli: "Emma... Stavo pensando perché non porti un po' delle tue cose qui da me? Così ogni mattina non dobbiamo sempre tornare a casa tua"
Non mostrarti troppo emozionata.
Non sommergerlo con i tuoi sentimenti.
Nella mia mente, io e il mio spazzolino rosa stiamo facendo i salti di gioia.
"Sì, potrebbe essere un'idea" è la risposta che mi esce a mezza voce.
"Perfetto" è concorda entusiasta: "adesso però facciamo colazione"
"Non la vuoi fare a casa da me?"
"Con quella zitella acida? Per carità!" dice aprendo il frigorifero: "che marmellata vuoi?"
"Fragola, grazie" rispondo apparecchiando la tavola: "Irene non è una zitella acida. La nostra casa è sempre piena di uomini"
Mi guarda socchiudendo gli occhi quasi minaccioso:
"Infatti tu non dormirai più in una casa piena di uomini"
"Sei geloso?"
"Da morire"

Leo's pov:

"Guarda un po' chi si vede" ci accoglie entrando Irene, la sua coinquilina: "I due piccioncini sono usciti dal loro nido d'amore"
"Davvero molto simpatica, Irene" la apostrofa Emma.
"Che è successo, Emma?" dice guardandomi con astio: "La casa del tuo avvocato sta andando a fuoco?"
"No, non sta andando a fuoco" le rispondo lasciandomi cadere sul loro divano troppo piccolo per le mie gambe: "Neanche stasera dormirà qua, non ti preoccupare"
Emma guarda prima l'uno e poi l'altra:
"Sto per lasciarvi soli... Non vi ucciderete, vero?"
"Non ti preoccupare, Emma. Lo psicanalizzo soltanto" le dice l'amica.
Mi rifiuto di rispondere alla sua provocazione, accendo la tv e cerco di ignorarla.
"Tu non psicanalizzi nessuno" risponde Emma ma la sua voce è già troppo lontana.
La guardo uscire dalla stanza e una strana sensazione si impadronisce di me.
Solo.
Senza di lei mi sento solo.
Come un guscio vuoto.
"Che intenzioni hai?" sento che mi domanda Irene.
"Scusami?"
"Hai capito perfettamente, avvocato. Che intenzioni hai con Emma?"
Distolgo lo sguardo dalla tv e mi concentro su di lei.
"Non credo che siano affari tuoi"
Lei mi si avvicina e mi punta un dito contro.
"Sì, invece. Non me starò qui buona buona a vederla soffrire"
"Come fai ad essere così sicura che la farò soffrire?" e, mentre mi chiedo il perché di tutta questa aggressività nei miei confronti, il mio essere avvocato prende il sopravvento e parto all'attacco: "Qual è il problema? Se un uomo non scopa te allora non è normale?"
Il suo sguardo di acciaio mi fulmina sul posto:
"Sei uno stronzo e non capisco come Emma non lo veda".
Una risata forte scuote le mie spalle:
"Siamo passate alle offese. Ok, tesoro... Ti prego dimmi qualcosa che non so"
"So che le stai mentendo"
"Cosa?" quasi urlo alzandomi dal divano ora improvvisamente sulla difensiva.
"L'altro giorno ho conosciuto il tuo piccolo e adorabile segreto". Dal serio sguardo e dal suo tono, con un tuffo al cuore, un brutto presentimento di impadronisce di me.
Chiudo gli occhi e maledico me stesso.
Non può essere. Non può averlo scoperto.
Se solo Emma lo venisse a sapere, la perderei.
Per sempre.
"Non dire niente a Emma" dico in preda al panico.
"Come faccio a non dirle niente? È la mia migliore amica e tu la stai ingannando"
"Non la sto ingannando" dico nervoso alzandomi dal divano e iniziando a camminare avanti e indietro: "Tu non capisci. Due settimane e le dirò tutto"
"Mi dirai cosa?" esordisce Emma entrando nella stanza con il borsone sulla spalla.
Il mio unico pensiero è rompere il silenzio imbarazzante che è calato sulla stanza.
Con passi lunghi mi affrettato verso di lei, prendo il suo borsone e quasi la trascino con me verso la porta.
Pensa, mi dico, pensa a qualcosa.
"Che domani ci prendiamo un giorno di vacanza"
"Davvero?" mi chiede Emma con una luce entusiasta negli occhi e stringendosi a me.
Mentre stringo il suo corpo morbido e profumato a me, lancio un ultimo sguardo di avvertimento a Irene.
Non le permetterò di distruggere tutto.

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