Basta!

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Da quando la madre di Leo è apparsa nella mia vita non faccio che pensare alle sue parole.
Parole che mi tormentano.
Parole così difficile da accettare e da dimenticare.
"Ora dimmi Emma... Se non ti ama perché tiene una tua foto nella giacca?"
Proprio come avrebbe fatto suo figlio in un'aula di tribunale, davanti alla corte, ha lasciato la frase decisiva all'ultimo.
Così da renderla più potente.
Più incisiva.
Amarmi?
Leonardo potrebbe amarmi come io amo lui?  Mi ripeto mentre sorseggio il mio caffè, poi subito dopo, come risvegliandomi da un sogno, scuoto la testa e sospiro.
È tutta una balla.
Il tentativo di una madre di convincersi che suo figlio sia perfetto, senza macchie e senza colpe.
Se solo sapesse che suo figlio di colpe ne ha eccome.
Eppure... Eppure il tarlo del dubbio una volta innescato è così difficile da combattere.
Perché conserva una mia foto nella sua giacca? È quello che mi ha tenuta sveglia tutta la notte.
Perché, dopo il modo in cui ci siamo lasciati, Leo dovrebbe continuare a conservare un mio ricordo così personale come una foto?
E se sua madre avesse ragione?
Se l'avvocato Castelli non fosse soltanto il suo futuro suocero?
Se davvero quell'uomo lo stesse in qualche modo ricattando? penso prendendo tra le mani dei fogli e cercando di concentrarmi.
Ma come?
Come posso concentrarmi su tutti i miei pensieri corrono sempre a Leonardo?
E se fosse vero? Mi chiedo di nuovo sprofondando ancora di più nella mia poltrona.
Se fosse vero e io l'avessi lasciato solo?
Solo davanti un problema più grosso di lui.
Di noi.
E, come un flashback non desiderato, davanti a me, ricordi di noi mi sommergono.
Ripenso a come sia partito tutto da un gioco, una stupida scommessa fatta in una notte in cui, forse, eravamo tutti e due un po' troppo soli.
Ripenso al Leo dell'inizio, così distante e spietato, interessato solo a vincere i suoi casi e a relazioni di breve, anzi brevissima, durata e poi non posso fare a meno di confrontarlo con il Leonardo che ho imparato a conoscere io.
Un Leonardo più schivo, qualche volta anche troppo riservato, ma anche romantico e un po' scanzonato, con le sue sorprese strampalate e le risate a per di fiato in notti senza fine.
Ora che conosco qualcosa in più del suo passato, un passato così gelosamente custodito, sono certa che le difficoltà che ha dovuto affrontare abbiano influito nel formare il suo carattere a primo impatto così spigoloso e duro ma, lì sotto la sua armatura, io ero sicura di avere scorto qualcosa di più.
Di più profondo.
Di più vero.
Io avevo visto un uomo che aspettava solo di amare ed essere amato.
Possibile che mi fossi sbagliata? Questo mi chiedo da quando l'ho visto lì nello studio con la sua fidanzata e il mio cuore si è spezzato in piccole schegge di dolore.
Possibile che lui avesse finto così bene anche con me?
Ma poi... L'amore si può fingere?
Sì, il sesso può anche essere una piacevole attività fisica senza che i sentimenti entrino in ballo... ma non sono così stupida da non capire che tra di noi ci sia stato di più.
Più di una semplice capriola tra le sue lenzuola di seta.
Più di una relazione clandestina tra le mura di uno studio.
I nostri pochi giorni insieme sono stati così belli che il pensiero che sia stata tutta una finzione da parte sua da così male che è come se dentro il petto non avessi più nulla.
Come se non avessi più un cuore ma solo un profondo e scuro buco nero.
Proprio quando che stavo cercando di andare avanti qualcosa, o meglio dire qualcuno, ha riportato da me Leonardo e i tutti ricordi che avevo rinchiuso in un cassetto.
E adesso che faccio? Mi chiedo alzando gli occhi e specchiamdomi in un'immagine di me dubbiosa e stanca.
Potrei convivere ogni giorno della mia vita con il rimpianto di non avere fatto nulla?
Il rimpianto di non avere scoperto la verità?
Perché, anche se fa male, è la verità che ci rende un po' più liberi.
Liberi dai sensi di colpa, liberi frase più banale e scontata della storia:
"Poteva essere, ma non è stato"
Già... Potevo essere felice, anzi potevamo essere felici insieme, ma non ho avuto abbastanza coraggio.
Ecco io quelle parole da qua a cinque o dieci anni non le voglio pronunciare.
Io voglio sapere adesso.
Ma lo voglio davvero? Mi domando massagiandomi le tempie che pulsano sotto i miei polpastrelli.
Voglio davvero fidarmi di nuovo di lui e offrirgli la possibilità di ferirmi ancora?
Non mi è bastato sprofondare una volta nella sua trappola?
Basta, urlo alla mia mente, non devo più pensarci e devo andare avanti.
Devo rifarmi una vita esattamente come ha fatto lui.
E dimenticare.
Dimenticare ogni cosa persino il suo sorriso, persino il calore dei nostri corpi fusi insieme.
E così sarebbe tutto più giusto, tutto più facile.
Peccato che, come un'automa, mi ritrovi nello studio di mio padre a pronunciare la frase più pericolosa della mia vita:
"Devo tornare a Milano"

📚 Piccola parentesi: questo capitolo è un po' più breve dei precedenti e spero mi perdonerete! Ma mi sembrava giusto farlo finire così e soprattutto perché l'azione, quella vera, sarà nel prossimo capitolo. Spero che vi sia piaciuto e aspetto curiosa I vostri commenti 📚

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