Non mi riconosco più

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Capitolo Leo

Ascolto le dichiarazioni strappalacrime della parte avversa e aspetto il momento in cui potrò fare il mio intervento.
“Ha delle prove?” chiedo quando arriva il mio turno di parlare.
“Classifica prove, collega” sbraita il mio avversario: “La sua dichiarazione dettagliata forse non ti basta?”
Mi giro a guardare l'altro avvocato, vedo i suoi occhi sgranati e il modo con cui, nervoso, fruga tra le carte davanti a sé e capisco di avere appena trovato il tallone d'Achille di questo caso.
La vittoria è così vicina a me che potrei quasi sfiorarla con la mano e io non sento nulla.
Sembra essere passata un'eternità da quando ogni causa vinta era tutto brividi d'eccitazione e palpitazioni, da quando aspettavo con il fiato sospeso il verdetto emesso dal giudice e, dentro di me, sprizzavo d'orgoglio da ogni poro del mio corpo.
Ora tutto questo è solo un lontano ricordo.
Le mura alte del tribunale, un tempo un posto amico per me, sembrano essere diventate una gabbia.
Non sono più io.
Ho perso tutta la passione che provavo per il mio lavoro.
“Dovresti saperlo che qualsiasi testimonianza della parte offesa è assolutamente senza valore, collega” gli rispondo a tono iniziando a elencare sulla punta delle mani: “Le prove sono filmati, registrazioni, documenti scritti, provvedimenti eccessivamente severi, denigrazione in pubblico o declassamento ingiusto nel proprio ruolo” poi mi volto verso il testimone fingendomi pieno di aspettativa.
Attendo qualche attimo, do un'occhiata all'orologio:
“Non avete nulla di tutto questo, vero?” gli chiedo comprensivo e uno sconfortato cenno di negazione è l'unica risposta che ricevo.
Annuisco e passeggio avanti e indietro.
So perfettamente quale domanda fare adesso ma temporeggio.
Più aspetterò, più il silenzio sarà l'unico rumore dei pensieri dell'aula, più l'ultima mia stoccata sarà scenica e vincente.
In fondo essere avvocati è anche sapere recitare bene la propria parte.
E catturare tutta l'attenzione.
“Qualche altro suo collega potrebbe testimoniare?”
“No”
Lo sguardo innocente e le spalle basse di chi sa che da questa situazione ne uscirà sconfitto.
Sconfitto e vittima.
Sì perché conosco chi sto difendendo e so che è capace di tutte le accuse mosse da questo giovane ma, sfortunatamente per lui, il suo avvocato l'ha mandato in pasto ai lupi senza nessuna protezione.
“Illazioni” sento la mia voce lontana e stanca: “Farneticazioni giovanili, giudice. Niente che possa pregiudicare l'innocenza del mio cliente”
Mi basta dare un'occhiata al cipiglio del giudice per capire che non serve aggiungere altro.
Solo le ultime formalità, firme su fogli svolazzanti, battute di rito e sarà tutto finito.
Andrò via portando con me un altro caso vinto da aggiungere al mio curriculum.
Una altra tacca sulla tela sporca della mia anima.
“Dovrò proprio fare i complimenti al mio vecchio amico” dice l'uomo che ho difeso abbottonandosi la giacca di alta fattura e dandomi pesanti pacche sulle spalle: “Mi ha proprio salvato da una brutta rogna”
Raccolgo la mia tracolla e la riempio con tutti i documenti.
“Ho fatto solo il mio dovere. Ma la prossima volta” lo avverto mentre mi scrollo la sua mano invadente di dosso: “abbia la decenza di trattare meglio i suoi dipendenti”
Appena finisco di parlare, sento un sudore freddo che inizia a imperlare la mia fronte e l'unico pensiero che mi passa per la testa è che devo andare via il più presto possibile.
Sto quasi raggiungere l'uscita del tribunale quando la ormai familiare sensazione di soffocare, proprio quella che stavo cercando di fuggire, si ripresenta cinica e cattura tutta l'aria dentro i miei polmoni.
Vedo il bagno a pochi passi di distanza, entro e mi avvicino al lavandino.
Mi allento la cravatta e lascio che l'acqua fredda scorra sulle mie mani, sui miei polsi cercando di normalizzare il respiro.
Respiri lunghi e calmi.
Quanto tempo potrò ancora sopportare tutto questo?
Non ho mai aspirato a essere un santo, non ero innocente né vorrei esserlo, ho anche io difeso dei casi ostici ma non così.
I miei clienti, nonostante tutto, erano innocenti e non mi ero mai macchiato di tutto questo schifo.
Non dovevo insabbiare prove, ricattare la controparte o voltare le spalle a giovani ragazzi sfruttati.
Non era così che volevo fare l'avvocato.
Con le mani tremanti rovisto dentro la mia giacca e cerco la carta lucida della fotografia che custodisco vicino al cuore.
Due grandi occhi azzurri mi guardano fiduciosi e ridenti.
Emma.
Solo tre mesi fa uscendo da questa stessa aula mi aveva tenuto il muso.
Non le era sembrato giusto che infierissi su una giovane moglie traditrice che puntava solo a un maggiore assegno di divorzio.
Un sorriso cinico si ferma sul mio volto al pensiero di quanto si sarebbe incazzata se mi avesse visto oggi.
O forse lì, in mezzo a tutte quelle toghe nere tutte uguali e fiumi di avvocati eleganti e boriosi, non mi avrebbe neanche riconosciuto.
Non c'è quasi più nulla del vecchio me nell'immagine che vedo riflessa nello specchio.
Guance scavate, sguardo spento e questi maledetti attacchi panico che mi colgono sempre più spesso.
E, cosa ancora peggiore, non mi riconosco più neanche io.

*Angolo autrice*

Eccomi tornata!!
Con un capitolo tutto dedicato a Leonardo... Ecco che abbiamo uno scorcio della sua nuova vita e di tutta la sofferenza che lo macina dentro. Come vi è sembrato il capitolo? Vi piace? Aspetto i vostri commenti per parlarne insieme❤️❤️

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