Come sei bella tu

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È tardi ormai e lo studio si sta lentamente svuotando.
Alzo gli occhi per guardare l'orologio che decora la parete di fronte a me.
Le venti e trenta.
"Emma allora io vado" mi dice Roberto entrando nella mia stanza e dando un'occhiata alle carte davanti a me: "sicura che non vuoi che ti aiuti?"
No! Urlo dentro di me ma, per non insospettirlo, mi sforzo di sorridergli:
"Non preoccuparti, posso farcela da sola"
E dopo vari tira e molla sembra che, nonostante tutto, sia riuscita a convincerlo perché, dopo un ultimo saluto, lui si è deciso a lasciarmi sola.
Quando la porta d'ingresso si chiude con un tonfo deciso io sono già nel corridoio. "Finalmente" sento la voce di Leo a pochi passi da me: "ancora qualche minuto e l'avrei sbattuto fuori di persona"
La gelosia che impregna la sua voce è come musica per le mie orecchie.
"Perché?" gli chiedo voltandomi a fronteggiarlo e buttando benzina su un fuoco già accesso: "È sempre così carino con me"
E' appoggiato alla porta del suo studio con le braccia incrociate e un smorfia infastidita dipinta sul volto.
"Carino, Emma?" mi fa il verso lui e, mentre si avvicina a me, potrei giurare di avere visto i suoi occhi lampeggiare al buio: "Non avevo capito che ti piacesse un tipo... carino"
E quella parola così innocente, sulle sue labbra, sembra proprio un'offesa.
"E che tipo mi piacerebbe secondo te?" gli chiedo stando al suo gioco.
Il modo in cui mi si avvicina è così irresistibile.
Sembra quasi che un cacciatore che ha puntato la sua preda: fa passi lenti ma decisi, senza mai staccare gli occhi dai miei.
"Bello e spregiudicato. Un po' scontroso" ammette onesto: "ma affascinante... Insomma uno come me".
Mi prende tra le braccia e, impetuoso, mi deposita sulla fotocopiatrice.
Passo le dita tra i suoi capelli e nascondo il viso nella curva del suo collo. Inspiro in sto profumo e sorrido felice.
"Sì credo che mi piaccia un tipo come te"
"Credi?" mi domanda sarcastico lui mentre le sue labbra mordono il lobo del mio orecchio.
Non faccio in tempo a celare un gemito che sento le sue mani, grandi e possessive, salire lungo le mie gambe lasciate scoperte dalla gonna.
"Non vorrai farlo qui sopra?" sussurro cercando di fermare la sua esplorazione: "sulla fotocopiatrice?"
Una risata impertinente scuote le spalle a cui sono aggrappata.
I suoi occhi sono fissi nei miei quando pronuncia le parole che annullano ogni mia protesta.
"È da quando ti ho vista che sogno di farlo proprio qui sopra"
E mentre lascio che sbottoni lento la mia camicia gli sorrido complice:
"Ecco perché mi facevi fare tutte quelle fotocopie"
"Mi hai proprio scoperto, ragazzina" conferma divorando le mie labbra.
Si insinua tra le mie gambe e, senza neanche rendermene conto, confusa dai suoi baci lenti e profondi, mi ritrovo senza vestiti tra le sue braccia.
Però fin da quando lo conosco, fin dalla prima volta che siamo stati insieme, ho sempre sentito una sensazione così nuova per me.
Come se io e lui ci conoscessimo da una vita.
Come se niente, nessuna nudità o pudore, possa frenare la nostra intesa.
E così, nuda, sono io adesso ad allungarmi verso di lui e ad aprirgli la camicia, e mentre la nostra pelle calda si fonde insieme, lo vedo mordersi le labbra a occhi chiusi cercando di trattenere un ansito.
I suoi addominali, che sembrano scolpiti nel marmo, si contraggono al passaggio delle mie mani.
Con baci insaziabili ci divoriamo a vicenda, le sue mani che salgano a giocare con i miei capelli e io offrendogli il mio collo, con gli occhi chiusi e il corpo completamente esposto alla sua razzia, mi aggrappo a lui.
Alla sua forza.
Perché nel mare della nostra passione, lui è il mio unico appiglio sicuro.
Apro i suoi pantaloni e adesso siamo entrambi senza nudi.
Entrambi senza difese.  
I nostri respiri iniziano a essere sempre più concitati e una leggera patina di sudore ricopre la sue pelle sotto le mie mani.
A ogni movimento sento i tasti della fotocopiatrice che penetrano sempre di più nelle mie coscie, quasi a marchiare la mia pelle, e più lui prende possesso del mio corpo, più la fotocopiatrice sotto di noi cigola.
E sul più bello, mentre i nostri gemiti rimbombano tra le mura dello studio, sento il classico rumore che precede una fotocopia.
“Maledizione” impreca Leonardo con la voce tremante e il fiatone: “Che cosa ho premuto?” e guarda la fotocopiatrice come guarderebbe il suo peggior nemico: corrucciato e con i capelli totalmente scompigliati dalle mie mani.
Mi perdo nei suoi occhi spalancati e la situazione è così comica che non riesco a trattenere una risata.
E dopo qualche attimo anche lui inizia a ridere.
Ridiamo come due matti, al buio, in uno studio vuoto, entrambi nudi e sudati, stretti l'uno tra le braccia dell'altro con la fotocopiatrice che lavora sotto i nostri corpi ancora uniti.
Le sue labbra corrono a coprire le mie con baci complici in un gioco di morsi, di lingue che si cercano, che si sfidano e che si rincorrono, il suo sapore si mischia con il mio e il mio cuore batte come impazzito.
Poggia la fronte sulla mia e, accarezzandomi piano una guancia, sussurra sul mio viso:
“Non ho mai baciato una donna che ride”
“E com'è?” gli chiedo godendomi le sue carezze a occhi chiusi.
“Bello” è la sua risposta semplice che sfiora calda il mio viso come il vento d'estate: “Bello come sei bella tu”

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