Capitolo quattro

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Giunsi a casa tutta frastornata. Gli eventi mi stavano travolgendo, come le mie continue riflessioni, e non sapevo ormai più cosa dovevo realmente pensare.

In primis, a riguardo del mio ragazzo; mi veniva continuamente e incessantemente da chiedermi se fosse colpa sua, per la situazione in cui ci trovavamo, o se fosse colpa dei suoi genitori, siccome anche suo padre, a quanto pareva, aveva voluto metterci lo zampino.

Oppure era addirittura Marco a giostrare i suoi genitori? Questa domanda mi distruggeva. Se così fosse stato, e se avessi scoperto una cosa del genere, l'avrei lasciato subito e per sempre. Non mi andava di essere presa in giro in quel modo.

Prima di entrare nell'appartata abitazione di mia madre, sospirai un paio di volte di fronte alla porta d'ingresso, in modo da cercare di alleviare la mia espressione corrucciata e disturbata, ma ciò giovò a poco, se non a lasciar scorrere altri preziosi minuti e ad aumentare il mio ritardo, già considerevole.

Entrai, tutta sudata, e mi diressi in bagno a lavarmi le mani, lasciando la mia borsetta appesa nell'attaccapanni.

"Ben tornata", mi salutò la mamma, grintosa, dalla cucina.

"Perdona il mio ritardo, avrei dovuto essere qui già molto prima, ma purtroppo sono stata trattenuta", le dissi a voce alta, asciugandomi le mani e raggiungendola.

Mi misi le mani sulla bocca, dalla contentezza, quando vidi che, anche per quel pranzo, lei aveva strafatto e la tavola era imbastita come per una festa.

"Grazie, grazie, grazie!", quasi le saltai al collo, mentre un sorriso tornava a riaffiorare sul mio viso, mentre vidi che il mio piatto era già ricolmo delle gustosissime tagliatelle al ragù di piselli, la specialità che un tempo era stata tutta di mia nonna e che adoravo.

"Spero non sia accaduto qualcosa di grave", aggiunse mia madre, comunque rincuorata dalla felicità e dalla gratitudine che le stavo dimostrando. E, puntualmente, dopo quella frase persi tutto il mio ardore.

Divenni mogia e mi lasciai scivolare sulla mia sedia, già discostata dal tavolo. In realtà, non sapevo più cosa pensare né dove battere la testa; non mi era chiaro nulla e non sapevo che fare. Mi venne spontaneo aprirmi con mia madre.

Mentre mangiavo il mio mega piatto di pasta, le narrai tutto quello che mi era accaduto poco prima, a riguardo del signor Benedetti e di ciò che mi aveva detto e proposto. Naturalmente, cercavo di lottare contro il mio senso di repulsione mentre mangiavo, per poter godere dell'ottimale gusto della mia pietanza preferita, che non gustavo da tantissimo tempo. Non riuscivo mai a mettermi ai fornelli, quando convivevo con Marco, siccome ero sempre sommersa di impegni e di cose da fare.

Mia madre mi ascoltò senza mai interrompermi, mangiando anche lei, a piccoli bocconi, e non disse assolutamente nulla fintanto che non ebbi finito il mio resoconto.

"Uhm, non saprei dove battere la testa pure io, se mi trovassi in una situazione del genere", infatti disse, mentre riprendevo fiato.

"Consigli?", le chiesi, titubante come una bambina.

Lei mi sorrise caldamente.

"Di seguire il tuo cuore e quello che pensi".

"Non ho chiaro nulla, mamma. Non so proprio cosa pensare, e il mio cuore è come diviso. Diviso tra l'amore che provo per Marco, e il vuoto freddo che provo ora, quando ripenso a lui e alla nostra convivenza".

Il Principe Azzurro arrivò a MezzanotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora