Capitolo cinque

80 9 59
                                    






Tornai a casa a pezzi, non mi sentivo quasi più le gambe, ed anche guidare e percorrere il tragitto che mi avrebbe riportato da mia madre era stato in un certo senso sfiancante, ma anche molto malinconico.

Mi tornava continuamente alla mente che, solo la sera prima, in quel medesimo momento stavo sfrecciando dalla parte opposta, diretta verso l'appartamento in cui convivevo. E di Marco ancora nessuna notizia.

Ci stavo troppo male, era come se la mia realtà si fosse scombussolata, talmente tanto da rendere sbiadito anche il ricordo del confronto che avevo avuto solo otto ore abbondanti prima con il genitore del mio ragazzo. Ecco, mi sentivo debole, fragile; rivolevo Marco, rivolevo le sue labbra, e, in un certo senso, anche il suo egoismo.

Solo quando la mia provata auto, acquistata l'anno precedente in una concessionaria che vendeva anche dei mezzi usati, fece un brusco rumore strano, riuscii a ritornare alla realtà, e a comprendere che dovevo essere più forte, e non crollare per un nonnulla.

Non badai ai problemi del mio vecchiotto veicolo di seconda mano, siccome ormai ero abituata ai rumorini strani che di tanto in tanto produceva, e ripensai alle frasi che mi aveva riservato Piergiorgio, l'originale cliente amico di Virginia. Questo mi rassicurò, in fondo le sue parole erano davvero rinfrancanti.

Una volta aver parcheggiato nel piccolo garage di mia madre, balzai subito in casa, sfiancata e provata sotto ogni punto di vista. Desideravo solo una doccia, come mio solito e come ogni sera, ma logicamente, in quei giorni in cui tutto pareva che dovesse andare per il verso sbagliato, mi ritrovai di fronte mia madre, avvolta dal profumo di un arrosto che di sicuro mi stava attendendo nella vicinissima cucina, a pochi passi da me.

"Ben tornata", mi accolse la mamma, venendo a darmi un bacio sulla guancia come suo solito. La mia brusca partenza di metà giornata sembrava già esser stata dimenticata.

"Grazie, mamma".

"Cara, ti ho preparato un po' di cena...".

"Ma dai... ti dico e ti ripeto sempre di non preoccuparti per me! Devi comportarti come se non ci fossi", le dissi, fingendomi irritata, quella volta.

Oh, l'odore che stuzzicava il mio naso era divino, un vero e proprio profumino invitante, e non vedevo l'ora di fiondarmi ad affrontarlo. La doccia poteva aspettare anche per quella sera, in fondo.

"E io ti ripeto che lo faccio con immenso piacere", mi rassicurò come suo solito, "e serviti pure, eh! Prendi tutto quello che vuoi", m'invitò poi, mentre io ero già in cucina e al cospetto del cibo, sistemato per bene in un tegame grande e spazioso.

Non riuscii più a trattenermi, e fu più forte che mai; mi fiondai a scegliere i pezzetti di pollo già tagliati dalla cuoca provetto che li aveva cucinati, e feci razzia del petto, siccome il resto non mi faceva impazzire. Ma restava il fatto che quando mia madre si metteva seriamente ai fornelli, come quella volta, tutto era gustoso e non c'era nulla da lasciare da parte o di meno gustoso.

Mangiai di gusto, e lei con me, dopo aver atteso che mi fossi servita in modo molto egoista, ma davvero, non ci vedevo più dalla fame, e messa di fronte a quel ben di Dio nulla era riuscito a trattenermi dal gozzovigliare maleducatamente.

Notai con la coda dell'occhio, comunque, che di tanto in tanto mi lanciava un'occhiatina furtiva, come se avesse qualcosa da dirmi, ma stesse attendendo il momento più propizio per farlo, come a non voler rovinare quella ritrovata e tranquilla pace tra noi.

Il Principe Azzurro arrivò a MezzanotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora