Capitolo diciannove

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Il mio Principe Azzurro, con le iniziali maiuscole, era arrivato a mezzanotte, quando io, la Cenerentola in difficoltà, con tanto di scarpetta in mano e tutta frastornata, l'avevo chiamato.

Nel mio letto, morii di passione; noi due ci svestimmo, lesti, come se neppure fosse stata la prima volta che i nostri corpi nudi si incontravano.

Eravamo stati dei predestinati, delle persone già preparate dal destino a unirsi, a diventare una cosa sola. Non era esistito l'imbarazzo della prima volta, e quella notte speciale e i nostri sensi ormai spinti al massimo avevano solo facilitato la faccenda.

Neppure con il mio ex era mai stato così naturale. Piergiorgio, da parte sua, era stato molto svelto ad agire, ma anche galante; un dolce amante, silenzioso, che sapeva come trattare il corpo della partner.

Ormai svestiti, non avevamo più fatto caso a nulla, e lasciandoci trasportare dalle emozioni selvagge del momento il mio letto era diventato, per la prima volta durante la sua intera esistenza, una sorta di nido d'amore.

Avevo lasciato acceso solo una piccola abatjour, che dal comodino poco distante illuminava così blandamente noi e il resto della stanza da lasciare tutto sfocato, e, personalmente, non mi ero presa neppure troppo la premura di voler fissare i lineamenti dell'uomo che mi aveva gentilmente spinto verso il letto, per poi distendersi sopra di me e rendermi sua.

Non c'era proprio stata alcuna storia, e nessuna riflessione; si era tratta solo di una serie di azioni naturali, tra noi. Mi ero resa presto conto che ero avida di lui, e mentre ci univamo, senza alcuna precauzione dovuta, avevo desiderato e richiesto solo lentezza e delicatezza, da parte sua, e qualche bacio, di tanto in tanto.

Era stato bellissimo, nel complesso.

Ci eravamo poi addormentati, sfiniti, l'uno accanto all'altra, i nostri visi che si sfioravano, le nostre pelli che non interrompevano il nostro contatto.

I nostri corpi erano sudaticci, e ancor di più dopo l'amplesso, ma anche a questo non prestammo caso... quella notte di mezza estate divenne, per l'eternità, il momento più bello delle nostre vite. O, almeno, di sicuro della mia. Tutto il disastro accaduto solo qualche ora prima per me era già qualcosa che apparteneva a un altro secolo, e mi importava solo il calore di Piergiorgio, il suo corpo, i suoi gesti lenti e calibrati, il suo contatto dolce, il suo alito caldo e i suoi sospiri pesanti, unico rumore che produceva involontariamente, ogni tanto.

E nel letto con un uomo, stretta a lui, dormii un sonno beato e tranquillo, e incurante del caldo dell'estate, badai bene a cercare di restare tra le sue braccia, soprattutto quando verso il mattino finalmente l'aria si fece meno rovente.

Quando mi risvegliai, dopo aver riposato qualche ora in maniera beata, come se fossi finita direttamente in paradiso dopo un breve soggiorno all'inferno, mi resi conto che se avevo sofferto così tanto, di recente, per essere ricompensata poi in quel modo, beh, allora le mie sofferenze avevano avuto un senso, ed erano state ripagate bene e lautamente.

Non sapevo se un qualche dio aveva udito la mia preghiera disperata, la sera prima; sapevo solo che il mio desiderio di un po' di benessere, e non solo spirituale, si era avverato, e anzi, era andato ben oltre ogni genere di aspettativa.

Erano ormai le sei del mattino, e spensi l'abatjour a cui non avevamo più prestato caso, e che per l'intera notte era rimasta a vegliarci, accesa, con quella luce da candela che aveva reso l'atmosfera ancor più romantica e preziosa.

Il Principe Azzurro arrivò a MezzanotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora