Capitolo quarantacinque

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Credevo che la mia vita fosse giunta a un deciso punto di svolta.

Il matrimonio imminente, con solo la data da fissare. Il mio compagno che aveva occhi solo per me. La mia datrice di lavoro, che mi trattava come una figlia. Mia madre che stava finalmente bene. Potevano esserci altre difficoltà?

Certo, i brutti ricordi riguardanti Marco, Irene, Ilenia e tutti coloro che mi avevano ferito di recente restavano inalterati nella mia mente, però almeno potevo dire che la mia esistenza aveva avuto anche un lato dolce e soddisfatto.

Sicuramente il momento che più mi è rimasto impresso è stato quando, nel bagno della casa in cui convivevo, ho fatto il delicato test di gravidanza. Ne avevo acquistati ben tre di quegli oggettini così carini alla vista. Volevo esserne certa del mio stato.

Quello era il momento che segnava la strada della mia esistenza; se sul piccolo display sarebbe comparsa la scritta incinta, presto sarei diventata mamma. Ogni altra scritta avrebbe significato solo una cosa triste. Sarei presto dovuta andare a fare delle visite, poiché il regolare ciclo ormai non si presentava da oltre un paio di mesi.

Ero tuttavia positiva, mi sentivo ebbra di vita. Dentro di me qualcosa di buono si stava sviluppando, ne ero sempre più certa.

Il risultato fu chiaro per tutti e tre i tentativi.

Aspettavo davvero un bambino! Ma come dirlo a Piergiorgio, che non mi era mai apparso troppo felice di ciò? Terribile da pensare, eppure così mi era sembrato. Tuttavia quando gliel'avevo sussurrato all'orecchio, la sera stessa in cui avevo avuto la certezza, mi aveva stretto forte e mi aveva mormorato a sua volta che lo immaginava. Ed io che avevo avuto timore a dargli la più bella notizia del mondo!

In qualche giorno poi era cambiato tutto, con Irina che fu allontanata bruscamente dal mio compagno, che la fece assumere presso un suo collega di Rimini, e Ilenia che era stata licenziata da Virginia.

Tra casa e lavoro, insomma, qualcosa stava cambiando e anche in fretta. Non sapevo cosa aspettarmi.

Di certo non furono semplici, i primi giorni senza la domestica straniera. Tenere tutto in ordine, pulire, cucinare... stirare. Un calvario. Ed io a testa china a sudare, per dimostrare che era valso a qualcosa lo sforzo di George.

La mia convivenza con quella donna doveva cessare ed ero stata categorica a riguardo, ma sapevo che questa decisione gli era costata molto. Dovevo essere all'altezza.

Prendermi cura della casa era quindi un grande sforzo, contando che lavoravo anche. Da quando Virginia aveva licenziato Ilenia, c'era da fare il doppio. Almeno fintanto che non ci sarebbe stata una nuova assunzione.

I momenti più spensierati erano quelli che trascorrevo in cortile, la sera, prima che George rincasasse. Amavo girovagare per il grande giardino curato e lussureggiante, prendermi cura delle piante. Kira, fedele compagna di passeggiata, mi inseguiva scodinzolando.

Una presenza costante in un verde altrimenti spoglio di movimento.

Quando poi il mio compagno tornava a casa, mi faceva sempre i complimenti per quello che preparavo per cena; che fosse un'insalata o un po' di riso in bianco, a lui andava sempre bene. A me no. Dopo solo quattro o cinque giorni senza Irina, mi sentivo completamente insoddisfatta da me stessa.

In un clima di tensione interiore, che stava emergendo durante uno dei momenti più belli e intensi della mia vita, accadde però un imprevisto.

Ero appena tornata a casa da lavoro. Erano le venti e trenta, Piergiorgio sarebbe tornato a casa tra un'oretta circa.

Il Principe Azzurro arrivò a MezzanotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora