Capitolo sei

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Purtroppo, però, dopo l'ora di svago, venne di nuovo il momento di recarmi al mio calvario quotidiano, che andava in onda quotidianamente presso L'angolo della bontà.

Mi feci portare lì da Irene, non volendo farla scomodare per riportarmi a casa di mia madre. Anche se così persi il vantaggio dell'auto, e sapevo che mi attendevano oltre tre quarti d'ora di scarpinata a piedi per ritornare alla base.

A quel punto tuttavia avevo deciso che a mezzogiorno non mi sarei lasciata andare ad un'avventura di tale portata, e quindi sarei rimasta nel locale fino alle quattordici, per affrontare la snervante ma inevitabile scocciatura solo a fine giornata, dopo le venti e alla fine del mio turno pomeridiano. Cioè quando anche il caldo, che già alle nove e mezzo era asfissiante, si sarebbe calmato un po', essendo consapevole di non poter affrontare il nemico nel bel mezzo del suo regno, ovvero quella lunga estate.

Tornai quindi alla mia vita quotidiana, anche se con qualche angustiante pensiero che di tanto in tanto mi frullava per la mente, come accadeva di solito in quegli ultimi giorni.

Non feci in tempo ad entrare a L'angolo della bontà che Virginia già mi salutava.

"Buongiorno, Isabella cara!".

Che dolce. Peccato che non conoscevo il motivo di tale di tale premura.

La padrona mi salutava ogni mattina, ma mai così grintosamente; mi venne da chiedermi se, dal giorno prima, le parole dello sconosciuto avessero davvero influito così tanto su di lei, da renderla amabile nei miei confronti. Forse era davvero innamorata di quel suo coetaneo, e tutto quello che diceva era per lei oro colato. O, forse, era solo un qualcosa di passeggero.

"Buongiorno, signora Virginia", replicai, superato lo sbigottimento iniziale per tale calore.

"Tutto bene?".

"Insomma".

Andai a prepararmi, e prontamente incappai in Ilenia, che mi quasi mi finì addosso, distratta come sempre.

"Oh, scusa Isa, ma vado di fretta! Scusa ancora!". E si volatilizzò in un battito di ciglia, portando con sé la scopa di saggina con cui si spazzava ogni mattina l'esterno, lasciandomi a scuotere la testa. Quella ragazza era un tornado.

Sistemai nel mio piccolo armadietto e sotto chiave la mia valigia, e indossai la divisa; ero ufficialmente pronta. Il bar mi attendeva, così come le mie solite mansioni.

Giunsi alle undici e trenta senza particolari ostacoli, dopo aver affrontato una mattinata normalissima, senza nulla di troppo impegnativo.

Pian piano il locale cominciava ad adibirsi per il pranzo, e già alcuni avventori si sistemavano ai tavoli con fare pensieroso, e gli occhi puntati sulla ristretta lista della piccola consumazione che L'angolo della bontà era in grado di offrire.

Immersa nel vociare della gente, persi un po' di tempo nel prendere le prime ordinazioni, tra signore indecise e muratori mezzi sordi, e quando tornai a volgermi verso la signora Virginia, vidi che era di nuovo occupata a parlare con quell'affascinante e maturo signore del pomeriggio precedente. Da come flirtavano già animatamente, tornai a pensare che tra i due doveva essere davvero scattato una sorta di colpo di fulmine. Oppure, c'era sempre stato qualcosa tra loro, ed era riemerso solo nelle ultime ore... non ne avevo idea.

Continuai a fare il mio lavoro, e di tanto in tanto mi affacciavo sulla porta della cucina, per passare le varie ordinazioni a Massimo, il cuoco provetto sempre immerso nella preparazione dei suoi semplici ma gustosi manicaretti.

Il Principe Azzurro arrivò a MezzanotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora