Capitolo trentasette

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Dopo aver sfogato nuovamente il nostro bisogno di unirci e di essere un unico corpo, Piergiorgio crollò su di me, ansante e sudato. Faceva caldo nella mia stanza, sembrava di essere su un braciere, invece che su un semplicissimo letto.

Ci scambiammo un bacio passionale, forte. Le sue labbra intinte dalle piccole gocce di sudore avevano un sapore salato, salmastro, un po' fastidioso.

"Ho detto a mia madre che stiamo facendo i preparativi per il nostro matrimonio", gli dissi poi, senza troppi preamboli, ormai svuotata da ogni altro desiderio o parvenza di esso.

"Oh", borbottò, incuriosito, "e cosa ti ha detto?".

"Non so, non mi è parsa molto contenta, sai?", risposi, candidamente.

"Io... come ti ho già detto, te ne ho parlato solo perché mi farebbe piacere, tutto qui. Quindi, se vuoi aspettare, o se non ti interessa la mia proposta, non devi sentirti obbligata ad accettarla. Solo che, prima o poi, dovremmo anche pensare a questo aspetto della nostra relazione; d'altronde, se ci sposiamo mica possiamo vivere divisi, ciascuno a casa propria, e incontrarci solo di notte...".

Mi venne spontaneo sorridere.

"Separati, anche se sposati", borbottai, divertita per un attimo e creando persino una simpatica e breve rima.

"Ah, quanto sei dolce, amore mio!", sospirò lui, abbracciandomi e stringendomi forte tra le sue braccia.

"Cullami un po'", gli sussurrai, socchiudendo gli occhi. Esaudì immediatamente il mio desiderio; mi prese piano, con delicatezza, e invertì le posizioni.

Quando fui sopra di lui, sul suo petto, cominciò a muovermi, quasi fossi stata una bambina piccina, mentre comprimevo il mio viso all'altezza del suo villoso petto, avvertendo i battiti del suo cuore. Era così bello.

"Adoro quando fai così", mi disse, a sua volta. Non feci una piega e lasciai che lui continuasse a sfiorarmi con le sue mani, tornando pian piano ad accendere quella scintilla di passione che sembrava avessimo appena quietato.

"E' anche per questi momenti, sai, che ti vorrei a casa mia. Tutta per me, a ogni ora", tornò a dire, parlando sul mio pacato e profondo silenzio.

"Non sopporto più neppure l'idea di venire a bussare a una porta che non è mia, per poterti vedere, abbracciare, coccolare...".

La sua voce si affievolì gradualmente, inghiottita dal silenzio che ci avvolgeva. Fu il mio turno di sospirare.

"Il problema non è prendere il volo da questa casa; è tutto il resto", sussurrai, uscendo dal mio mutismo.

"In che senso?".

"Lasciare mia madre sola, nonostante si stia riprendendo solo in queste settimane dalla triste batosta che ha dovuto affrontare. Poi, anche a me non mi fa sentire felice il venire a bussare alla tua porta...".

Non riuscii a finire la frase, poiché Piergiorgio ebbe uno scatto repentino, quasi violento, che mi spaventò. Impiegò tutte le forze che aveva per tornare a rigirare il mio corpo e a sovrastarlo con il suo. Anche se potevo tranquillamente scansare la sua mole, lasciai che la sua bocca tornasse ad allietare la mia, e la sua lingua a soffocare la mia voce.

Avvinghiati, tornammo a fare l'amore in quella prima volta che sapeva di bestiale e di incompreso. Poco dopo, George era sfinito a schiumante di sudore, totalmente spossato, e quella volta rovinò a mio fianco, facendo produrre più rumore del previso alle molle sottostanti.

Il Principe Azzurro arrivò a MezzanotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora