Lui.
La sua voce.
Il suo impeto.
Marco era venuto da me.
Non seppi controllare più le mie azioni; come una pazza, balzai in piedi scattando come una molla, e mi catapultai direttamente nel corridoio, dove mia madre era intenta a fronteggiare un Marco che, forse, non era venuto lì con i modi che mi aspettavo.
"Fatti da parte! Levati di mezzo", inveì infatti contro mia madre, e quando lei non si scostò dalla porta d'ingesso, la spintonò da parte.
"Non devo parlare a te, non me ne frega niente. Cerco tua figlia", le disse a voce smoderatamente alta, cercando di soffocare i lamenti d'indignazione della mamma, mortificata ed umiliata da così tanta maleducazione.
Ed io ero rimasta pietrificata nel corridoio, sul viso ancora di certo impressa quell'espressione di gioia pura che mi aveva fatto salterellare poco prima, contenta come non mai.
Marco non si fermò e venne verso di me, e senza neppure notare com'ero rimasta, mi afferrò a braccetto quasi con la forza e mi spinse verso la cucina.
"Qui possiamo parlare, vero? Dobbiamo chiarirci subito".
Mi spinse nella cucina e chiuse la porta dietro di noi, dando anche un giro di chiave, approfittando del fatto che era inserita nella serratura dall'interno.
"Chiamo i Carabinieri! Subito!", strepitava mia madre, al di là della porta chiusa.
"Chiama chi ti pare", fu la laconica risposta di Marco.
Io ero fuori di testa; forse aveva avuto ragione il padre del mio ragazzo, quando era venuto a comunicarmi, nei giorni scorsi, che suo figlio sembrava aver perso la razionalità da quando avevo deciso di punirlo in modo eloquente.
"Cosa significa tutto questo?", ebbi la forza di chiedere non appena riuscii ad articolare qualche parola, dopo lo sbigottimento iniziale, che mi aveva preso letteralmente in contropiede.
"Siediti pure, dobbiamo parlare un attimo con calma", mi disse, serio, il mio ragazzo, andando a posizionarsi su una delle sedie della cucina.
"Ehi, mi dispiace interrompere la tua sceneggiata, ma qui non sei mica a casa tua, eh! Questa è casa di mia madre, come ti permetti di trattarla così?", mi venne subito da rimproverarlo, ma lui mi concesse uno sguardo nervoso, e con un dito mi indicò chiaramente la sedia che aveva di fronte.
"Non sono il tuo cane ammaestrato! Mi siedo se mi va", mi arrabbiai.
La mia gioia di rivederlo era svanita tutta quanta. Non riuscivo davvero più a riconoscere la persona che avevo di fronte; era come se non fossero passati due giorni da quando ci eravamo visti l'ultima volta, e da cui avevamo convissuto per parecchio tempo, bensì un mezzo secolo.
"Senti, non ho tutto il giorno! E ora mi ascolti, e subito".
Tacqui, incrociando le braccia.
"Adesso vai su, metti in valigia le tue cose e torniamo a convivere".
"Ma tu sei pazzo! Sei bacato!", sbraitai, nervosa come mai. Mi veniva da ridere e da gridare allo stesso tempo, di fronte a quella situazione che era effettivamente assurda.
"Immediatamente", mi ordinò, implacabile.
"Vai a farti visitare da uno specialista, amore. Tu non ci stai più con la testa", gli dissi, arrabbiata, mentre mia madre urlava anche lei di là della porta chiusa a chiave. Mi diressi proprio verso di essa, ma Marco balzò in piedi e mi afferrò con decisione le braccia, e fronteggiandomi con quei suoi occhi così belli, eppure tanto lontani, in quel momento.
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Il Principe Azzurro arrivò a Mezzanotte
Roman d'amourIsabella è una ragazza come tante altre, senza alcuna pretesa di troppo dalla vita. Tuttavia, da quando la relazione con il suo ragazzo è entrata in crisi, la felicità ha lasciato spazio alla più profonda tristezza. Quello che non sa è che, a volte...