Capitolo ventisette

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Mia madre, notando quanto ero assorta nella lettura, finì di maneggiare le chiavi e fece due passi indietro, curiosa, cercando di sbirciare il contenuto della lettera.

"Cazzo, mamma", riuscii solo a dire, non appena ebbi concluso la prima e frettolosa lettura del testo.

Agitai in fretta la lettera, facendole fare il classico rumore della carta quando viene stropicciata malamente.

"Cosa...?", mi domandò, molto perplessa.

Ne approfittai per fissare il suo viso serio, ad un palmo dal mio.

"Tu sapevi che tuo marito è morto?".

"Mio... marito?".

"Dai, su! Il tuo ex marito...", allora specificai, esasperata.

"Ma cosa stai dicendo? Sei impazzita?", scrollò il capo, a sua volta spazientita.

Le allungai la lettera firmata da un notaio di Milano, dove ci informava che a seguito del decesso di Massimo Grimaldi, e cioè mio padre, ero invitata alla lettura del testamento, che sarebbe stata effettuata da lì a due giorni. Ero sbigottita e su tutte le furie.

Sbigottita perché una cosa del genere non me la sarei mai aspettata, così tra capo e collo, ed inoltre mio padre risultava deceduto ormai da mesi, e nessuno si era mai preso la briga di informarci. Questo mi stava mandando fuori di testa. Non che me ne importasse molto, non avevo neppure dei particolari ricordi di lui, però un minimo di rispetto dovevo meritarlo, almeno io, che ero sua figlia. La sua unica figlia, se non ne aveva avute altre con la signora con cui conviveva... o che l'avesse poi sposata? Non ne avevo idea.

Poi, quella convocazione così frettolosa, che non mi lasciava neppure un po' di margine per prepararmi, mi fece salire la voglia di andare direttamente da chi di dovere e fare una bella denuncia.

Nel frattempo, mentre la mia testa era sopraffatta da una miriade di contrastanti pensieri, anche opposti tra loro, mia madre concluse la lettura e mi porse distrattamente la lettera.

"Cavolo", riuscì ad affermare, anche lei senza parole.

"Questi sono pazzi. Mio padre muore, lo seppelliscono, e nessuno mi dice niente. Magari era anche malato da tempo. Poi arriva questa letterina così, a caso, dove mi invitano a recarmi alla lettura di un testamento...".

"Nel quale, a quanto pare, sei citata, come ha affermato chiaramente prima di spirare in pace", concluse mia madre, togliendomi le parole di bocca.

"Mamma, mi odiava! Anzi, ci odiava... ci detestava. Io a questa stronzata non partecipo! È che non mi metto neanche a prendermi tre giorni di permesso o di ferie per andare ad ascoltare questo mucchio di merda scritta. Sai quante cazzate ci avrà scritto? Aveva solo dei debiti".

"Non parlare così di tuo padre!", urlò all'improvviso mia madre.

"Perché, non è vero che era un grande stronzo? Che amava andare a zoccole? Quando stava via con il camion, pensi che non le...".

Lo schiaffo mi colpì in pieno viso, alla sprovvista, e mentre avvampavo, riconoscevo che la rabbia provata sul momento mi aveva spinto a passare seriamente ogni limite.

"Scusami, ma', però chiedo perdono solo a te, e non a lui. Se abbiamo sofferto, è stato solo a causa sua! E se è morto, amen...", dissi, quasi singhiozzando. Mi sentivo esausta e esaurita.

Il Principe Azzurro arrivò a MezzanotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora