Capitolo quarantasei

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Avevo timore che George si lasciasse acciecare dal rancore.

Dopo la telefonata che avevo ricevuto sul posto di lavoro, non aveva voluto sapere altro; intendeva intervenire e mettere fine a quella faccenda, anche al costo di denunciare Irina.

Tra noi due non c'era stato molto dialogo quella sera, di ritorno a casa, e avvertivo una forte tensione attorno a me. La situazione stava precipitando e probabilmente era proprio questo che la perfida domestica desiderava.

Stavamo facendo il suo gioco? Chissà.

Restava il fatto che stavamo perdendo il controllo. Io lo vedevo pensieroso e una vocina malvagia sussurrava nella mia mente che non era tanto pulito come voleva farmi credere. Lui, anche se non lo avrebbe mai ammesso, sospettava che io avessi cambiato parere sulla questione, cominciando a credere alle accuse.

Si trattava davvero di un momento molto delicato.

"Domani pomeriggio vado a prendere le galline", aveva affermato il mio compagno, poco prima di dormire, "poi possiamo ristrutturare il fienile dietro casa, così possiamo farne un ospitale pollaio".

"Va bene", avevo annuito io, che adoravo lasciarlo fare.

"Tu però non mi aiuti, guardi solo. Stai già facendo tantissimo, e la fatica e lo stress non giovano a nostro figlio", affermò con dolcezza, e per la prima volta affrontava con impeto il tema del bimbo in arrivo. Anche lui lo voleva, lo desiderava almeno quanto me.

"Sono ai primi mesi, amore. Sto bene. Qualcosa posso farlo", lo rassicurai.

"So che sei brava, ma non devi dimostrare nulla. Mi farai solo compagnia, che ne dici?".

Annuii di nuovo, sorridendo blandamente. Tanto era ovvio che gli avrei fatto solo compagnia, non avevo la benché minima idea di come sistemare un pollaio. Che poi nel retro della grande villa non c'ero nemmeno mai andata, essendo abituata ad apprezzare il fantastico giardino che si protraeva fino alla strada antistante.

Lui allora mi baciò e mi strinse forte, per poi lasciarmi dormire tra le sue braccia, stretta in un abbraccio caldo e accogliente.


Il mattino successivo, prima di andare al lavoro, mi misi a fare alcuni lavoretti mattutini. La mia mente restava costantemente turbata dagli eventi recenti, anche se cercavo di non pensarci troppo.

Il mio compagno aveva ragione; la gente era tanto cattiva. Ma allora perché, perché accanirsi così? Tra i tanti modi per affondarci, quello di un'accusa così pesante e grave era tra le più terribili.

Di certo Irina doveva aspettarsi una denuncia e un seguito legale, eppure non ci aveva pensato due volte a rimarcare il concetto e a proseguire la sua campagna contro George. Ancora tornava quindi ad albeggiare nella mia mente quella remota possibilità che egli fosse veramente colpevole di qualcosa.

In fondo cosa sapevo io di lui? Piergiorgio lo conoscevo così, nel letto, nei momenti condivisi, ma il suo passato in fondo restava un lunghissimo binario oscuro, almeno per me. Una vita lunga quasi il triplo della mia, che di certo doveva esser stata sottoposta a più forme di stress e anche a bisogni carnali più o meno forti.

Restavo comunque sicura che lui le mani non le avrebbe mai alzate per commettere abusi... almeno come lo conoscevo ora. Qualche tempo fa, prima di conoscermi, com'era?

Il Principe Azzurro arrivò a MezzanotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora