La mamma mi aveva augurato dei sogni d'oro, mentre mi congedavo da lei.
Feci tutt'altro che sogni.
In realtà, era come se stessi già sognando, ma a occhi aperti; George era lì, con me, nel mio letto, ed era mio. Il suo corpo era mio, la sua pelle, il suo odore, i suoi occhi... la sua voce, che non poteva far risuonare in quel luogo non mio, che forse stavo profanando, poiché mia madre non aveva la benché minima idea che avessi fatto intrufolare una persona in casa sua. Il mio amante, per l'appunto.
Godevo solo con i sensi, sempre stimolati, e non c'era altro che mi redarguisse da ogni possibile passo falso, siccome vivevamo facendo l'amore.
Nell'impossibilità di parlare, e quindi non potendo esprimere al meglio il nostro valido intelletto, potevamo solo crogiolarci nell'unione dei nostri corpi, che ormai potevano solo fermare un tutt'uno.
Avevo sempre sottovalutato il potere della carne, poiché il suo richiamo, fin dai tempi di Marco, l'avevo ritenuto infido e infingardo, ed era stata come una sorta di scusa che non mi permetteva mai di dire no, e basta, con risolutezza. Invece, in quei momenti ero così travolta dalla consapevolezza che anche col corpo si poteva parlare ed esprimere emozioni e desideri che non riuscivo a rendermi conto che interiormente stavo cambiando.
Era stato Piergiorgio a cambiarmi, a rendermi più passionale, a spingermi sul terreno contaminato del bisogno di preliminari, pratica che a solo pensarla, con raziocinio, mi faceva diventare rosso fuoco in volto. E non solo, era stato sempre quell'uomo perfetto a farmi abbattere la paura di concepire, poiché non ne provavo più, come se fossi stata una vera e propria incosciente, e con piacere mi concedevo a lui, e cercavo di restare accanto al suo corpo, col desiderio di non rifiutare mai neppure un briciolo della sua passione.
Nonostante fosse un uomo ormai piuttosto maturo, il mio amante non aveva perso affatto la sua virilità, e mi sembrava che a letto fosse sempre più bravo, preciso e deciso. Più lo volevo, più lui mi accontentava e saziava il mio desiderio.
A quel punto, poteva spaventarmi la consapevolezza di correre il rischio di concepire, tra l'altro unendomi a lui in quei modi così attenti e accorti? Non mi dava più tormento l'idea.
"Non ho più l'età giusta per queste cose. Il momento di apice della fertilità maschile è tra i venti e i trent'anni, ed io ormai li ho doppiati da un pochino", mi sussurrò all'orecchio Piergiorgio, come se avesse compreso quello che stavo pensando, mentre l'alba stava per tornare ad interrompere il nostro divertimento amoroso.
"Non importa", gli sussurrai a mia volta, ed era la verità.
Che il destino mi concedesse pure quello che doveva concedermi, tanto ormai ci eravamo accoppiati così tante volte, senza alcuna precauzione, che potevamo anche permetterci di continuare a sfidare apertamente la sorte.
"Non hai più timore di una possibile gravidanza?", mi chiese.
Eravamo stanchi del silenzio, avevamo bisogno di dirci qualcosa, di sentire di nuovo le nostre voci e di rassicurarci a vicenda, con i nostri soliti dialoghi arzigogolati. Se parlavamo piano, era quasi impossibile che mia madre potesse avvertire qualcosa.
"Ora so che ho l'uomo giusto con me, nulla mi spaventa", gli risposi, con sincerità. Quello che gli avevo detto era verissimo, ero molto rincuorata dalla sua presenza costante, ed amorevole. Il resto m'importava sempre di meno.
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Il Principe Azzurro arrivò a Mezzanotte
RomanceIsabella è una ragazza come tante altre, senza alcuna pretesa di troppo dalla vita. Tuttavia, da quando la relazione con il suo ragazzo è entrata in crisi, la felicità ha lasciato spazio alla più profonda tristezza. Quello che non sa è che, a volte...