Capitolo 9- Annegare

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Riempii la vasca e mi concessi un lussuoso ammollo. L'acqua entro poco fu calda e sentii il mio corpo rilassarsi: mi riaggiustai l'umore in un attimo. Distesi le gambe e assaporai questo piccolo momento di tranquillità che mi era concesso.

Chiudendo gli occhi immaginai di essere altrove, in un'altra realtà, di essere una donna, una persona migliore. 

Mi svegliai dopo un po' di tempo confusa perché non mi ero nemmeno resa conto di essermi addormentata e notai che l'acqua si fosse leggermente raffreddata, così come la casa si fosse fatta molto silenziosa; forse troppo. La luce era saltata e imprecai. Le bambine stavano dormendo, ma non riuscii a tranquillizzarmi.

Mi tirai su a sedere, cercando di captare qualcosa d'insolito. Sentii solo il temporale fuori e la pioggia che batteva contro la finestra. Mi riadagiai all'interno della vasca, udendo il rumore della pioggia: l'avrei ascoltata all'infinito, avevo bei ricordi legati a essa e non gli avrei cambiati per nulla al mondo. Ricordi legati a colui che un tempo probabilmente era il mio migliore amico. Il mio unico amico, in realtà.

Ad un certo punto sentii una corrente d'aria fredda che mi provocò dei brividi in tutto il corpo, ma non feci in tempo a voltarmi per capire da dove provenisse che mi trovai due mani addosso. Qualcuno m'immerse sott'acqua in pochi secondi e non capii più niente, sentii mancarmi il respiro e riuscii a vedere solo una figura nera riflessa sull'acqua, ma niente di più. La vista cominciò a offuscarsi e con disperazione cercai di lottare ma riuscì a trattenermi anche per le braccia, impedendomi qualsiasi via di fuga.

Era proprio vero che la vita ti passava davanti agli occhi quando sentivi che le forze ti stavano abbandonando: avevo paura di morire. Non volevo andarmene. Almeno non prima di aver sistemato le cose e senza volere tornai indietro nel tempo. C'era una sola persona che avrei voluto rivedere, soltanto per chiedergli scusa. Il suo volto mi apparve davanti e mi persi a osservarlo: Jackson era stata una delle persone più importanti della mia vita e lo sarebbe sempre stato, a dispetto di ogni mia convinzione. Cercai di sfiorargli il viso con le dita ma scomparve un secondo dopo, frantumandosi davanti ai miei occhi perché non riuscii più a respirare. L'acqua mi entrò nei polmoni, tramortendomi. Puntini di luce e di oscurità cangianti e neri danzarono davanti ai miei occhi. Provai una sensazione insolita di pace e capii solo una cosa. Era finita.

Mi ritrovai nella casa di un tempo. C'era mia madre sul divano a fumarsi la sua sigaretta e teneva in una mano una fotografia. Sembrava una foto vecchia, anche se non riuscii a vederla da questa distanza. E quando la lanciò per terra, andandosene, mi chinai per raccoglierla: ritraeva mia madre e un uomo che non avevo mai visto. Aveva i capelli castani e gli occhi azzurri. Era alto. Aveva un grande sorriso, ma la cosa che più mi colpii era la bambina che stringeva al petto. Mi sorpresi ancora di più quando capii di essere io quella bambina. Perché non avevo mai visto questa fotografia? La guardai con attenzione e notai che l'uomo indossava una divisa da militare, intuii così che doveva trattarsi di mio padre. Non volevo farmi illusioni ma dal modo in cui abbracciava quella bambina lasciò dedurre che le volesse molto bene.

Un forte rumore mi distrasse dai miei pensieri e, dopo aver appoggiato la fotografia, mi diressi verso l'esterno. Non ero più a casa mia ma in un parcheggio. Mi mossi, cercando di capire da dove provenissero le voci che sentivo, finché non le trovai: c'era mia madre e c'era Jackson davanti a lei. Era bello proprio come me lo ricordavo. Solo che era molto più arrabbiato tanto da deformargli i lineamenti del volto. «È colpa tua lo sai, vero?» Mia madre non rispose. «Se n'è andata per colpa tua! Perché non le hai creduto? È tua figlia! Invece no, hai preferito ascoltare quel bastardo.» Provò anche a scuoterla ma lei non reagì. «Io l'ho persa per i tuoi errori. Pagherai per tutto questo. E poi per cosa l'hai fatto? Anche lui ti ha lasciata. È sparito appena ha potuto. Quella che ci ha rimesso sei solo tu, anzi alla fine solo io, perché sono l'unico che ci teneva davvero a lei.»

«Tu non sai niente!», sbottò mia madre.

Non l'avevo mai vista così determinata, di solito era lei che incassava sempre tutto in maniera apatica. Incassava i colpi inferti dal suo compagno come se li meritasse. In silenzio. Io al contrario mi ribellavo, aumentando di più la sua ira.

«Non capisci... è meglio che se ne sia andata.» Jackson indietreggiò, come ferito da quelle parole. «È più al sicuro lontano da qui. Quel mostro non potrà più toccarla così. Io non sono in grado di proteggerla.» 

«Potevo farlo io...»

«No invece, ha preferito andarsene proprio per proteggere anche te.»

Avrei voluto raggiungerli ma i miei piedi erano bloccati al suolo, era come se fossi rinchiusa all'interno di una bolla da cui non potevo uscire. Non riuscivo a capire. Ero morta? Stavo sognando? Ma non poteva essere un sogno. Avevo fatto un salto nel passato. Poteva davvero succedere? Di vedere come erano andate le cose dopo che me ne ero andata? Forse era solo tutto un incubo. L'unica domanda era: mi sarei mai risvegliata?

Provai a sbattere i pugni contro la barriera che mi separava da loro. Provai a urlare i loro nomi senza risultati. Le loro figure cominciarono a sbiadire. «No! non ve ne andate. Non lasciatemi sola! Quanto vorrei raccontarvi la verità.»

Forse un giorno. Forse un giorno, se mai vi rincontrerò.

Mi distesi al suolo, aspettando qualsiasi cosa. Di vivere, di morire, qualsiasi cosa che mi avrebbe fatto capire che valesse la pena di lottare. Chiusi gli occhi in attesa. Lasciandomi annegare in un vero e proprio abisso tra realtà e fantasia. Mi sentii precipitare nel vuoto senza alcun sostegno e percepii le mie forze andarsene con me.

Aprii gli occhi e vidi dei volti sopra di me a cui non seppi dare un nome. Il buio mi ringhiottì definitivamente con un ultimo pensiero ad assillarmi la mente.

Ero brava solo in questo: a far del male alle persone che mi stavano vicino, lo avevo fatto in passato e continuavo a farlo ora. Forse quello che mi stava capitando me lo meritavo davvero. L'unica soluzione allora era porre fine a tutto ciò ma, anche se cercavo di lasciarmi andare, sentivo qualcuno che mi chiedeva di non smettere di lottare. Di resistere. Di vivere. Per lui e per le mie figlie. Mi aggrappai con tutte le mie forze a quella persona, altrimenti da sola non ce l'avrei mai fatta. E non mi rimase altro da fare che percorrere questo tunnel di tenebre, sperando che alla fine vi avrei trovato la luce e forse anche qualcuno pronto ad aspettarmi.

 E non mi rimase altro da fare che percorrere questo tunnel di tenebre, sperando che alla fine vi avrei trovato la luce e forse anche qualcuno pronto ad aspettarmi

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