Capitolo - Il Riscatto

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Nicholas Cooper

Ero in piedi da... non avrei più saputo dire da quante ore a dire il vero. Non mi permettevano di riposare o di chiudere gli occhi neanche per pochi minuti. Non mi nutrivano ed ero praticamente senza forze, ma restai in piedi. Barcollai forse, ma non mi mossi. Guardai il gruppo di uomini davanti a me torturare il mio collega. Cercai di non avere alcuna reazione che avrebbe potuto ribaltare la situazione. O lui o me. Le regole della sopravvivenza non erano regole. Non vi era un manuale e non ci insegnavano l'empatia durante gli anni di addestramento. Bisognava rimanere vivi ed era proprio quello che stavo facendo.

L'uomo che avevo ben memorizzato in ogni lineamento mi si avvicinò. Li studiai ad uno ad uno. Ero da solo contro otto uomini armati fino ai denti.

Se fossi stato nella mia forma migliore, forse tre o quattro avrei potuto sistemarli, ma nelle mie condizioni non avrei fatto in tempo a muovere un muscolo che mi sarei ritrovato con il cranio diviso in due o peggio sarei stato sottoposto a una lenta e dolorosa morte.

L'uomo mi porse un coltello. Passai lo sguardo dall'arma a lui, poi lo impugnai tra le dita mentre lui si allontanò, avvicinandosi al mio collega che era disteso al suolo. La lama gelida tra le mani mi portò a ragionare con lucidità: potevo lanciarmi su quello che doveva essere uno dei capi di questi schifosa organizzazione e aprirgli la gola in due ma nel farlo sarei morto. Un tempo non mi sarebbe importato. Era il mio dovere. La morte non mi spaventava. La mia paura era di non rivedere più mia moglie e le mie figlie.

«Uccidilo», disse. M'irrigidii e li fissai senza muovere un muscolo. «Entrambi non potete tornare a casa. Fallo o daremo la possibilità a lui.» La vista mi si appannò e temetti che stessero per iniziare le allucinazioni. Stavo perdendo la ragione: mi volevano trasformare in un animale. Il mio collega si mosse destandomi dallo stato in cui ero caduto. Si sollevò tossendo un grumo di sangue e abbassai lo sguardo, mentre lui lo alzò su di me. «Uccidilo, Cooper.» L'uomo in ginocchio scosse la testa, supplicandomi di non farlo. Ancora non mi mossi. «Vuoi rivedere la tua famiglia? Loro ti aspettano a casa.»

Una scossa mi attraversò e spostai lo sguardo sull'uomo che stava parlando, sentendo l'odio insorgere dentro di me. Sentii l'agente Forbes disperato al suolo, richiamare la mia attenzione. «Nicholas, non...» la sua voce fu come un pugno allo stomaco. Una preghiera fastidiosa quanto nauseante. Feci l'errore di abbassare gli occhi su di lui. La mia espressione fece morire le sue speranze. Portai lo sguardo sui presenti e non mi sfuggii che l'uomo che non aveva fatto altro che torturarmi psicologicamente e fisicamente in questi giorni avanzò verso di me con un'espressione assassina e gli occhi fuori dalle orbite.

«Cooper. Uccidilo!» gridò. La sua saliva volò sul mio viso. «Uccidilo!»

Ignorai le lamentele del mio collega a terra e mi concentrai su una e sola cosa. Fissai l'uomo che mi aveva messo in mano l'arma con cui avrei dovuto mettere in atto l'assassinio che mi stava imponendo e presi una decisione.

La decisione che probabilmente mi avrebbe rovinato per sempre.

La decisione che probabilmente mi avrebbe rovinato per sempre

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