Capitolo 15- L'invito

311 42 47
                                    

Entrai in casa. «Mamma? Sono a casa.» 

«Vieni in cucina, Samantha.»

Feci come mia madre mi aveva chiesto e una volta che l'ebbi raggiunta, mi presentò un uomo. Ci squadrammo subito reticenti, poi la sua espressione seria tramutò in un sorriso smagliante, quasi inquietante. «Così questa è tua figlia...»

«Sì, ti presento la mia piccola Samantha.» Continuarono a parlare tra loro come se non esistessi, anche se ogni tanto lo sconosciuto puntò il suo sguardo verso di me. «Verrà a vivere con noi. Quindi comportati bene.»

Guardai mia madre. Non vedevo di buon occhio il nuovo ospite ma se la rendeva felice, non mi sarei opposta.

I primi mesi sembrò l'uomo perfetto di cui si era invaghita, poi subentrarono i cambiamenti. Prima era un litigio, poi una sberla e infine anche solo il silenzio veniva visto come una scusa per approfittarsene, ma il peggio purtroppo venne dopo e a cui non ero per niente preparata: iniziarono le visite notturne nella mia camera. Durante il giorno invece si limitava a commenti o leggeri sfioramenti quando non era visto e ben presto cominciai a sentirmi violata, sola e vulnerabile, ma soprattutto inadeguata.

Mia madre non si accorse di niente e scoprii solo in seguito che le faceva il lavaggio del cervello e che la riempiva di pastiglie per stordirla: perché quello che voleva davvero era passare del tempo solo con me.

Il problema non era mia madre, ero io che all'inizio non reagii e lui se ne approfittò, ma d'altra parte che cosa avrei mai potuto fare? Ero solo una ragazzina, un'ingenua e stupida ragazzina.

Una di quelle sere ero nella mia camera a riposare e lui come al solito s'intrufolò in quello che era il mio mondo per violarlo con la sua perversione. «Piccola?» odiavo quando mi chiamava così. «Ho bisogno di te, sai?» mi sfiorò il volto con le dita «Come sei bella.»

Non credevo a quello che mi diceva perché il tempo passato in quella casa mi stava deteriorando, non ero più neanche io. Mi sentivo violata nell'anima e nel corpo come non mai. Se avessi osato anche solo ribellarmi, sarebbe passato alle mani e nel momento in cui terminava lasciava la stanza per andare da mia madre che inconsciamente lo accontentava in tutto.

Quando finalmente quest'ultima si accorse che qualcosa non andava e cominciò a fargli domande, i maltrattamenti peggiorarono anche per lei.

Eravamo intrappolate con un uomo che di certo non si sarebbe fermato davanti a niente pur di raggiungere i suoi scopi. Sempre perfetto con tutti al di fuori di casa nostra tanto che nessuno poteva sospettare di che mostro fosse in realtà.

Sentii qualcuno chiamarmi. Aprii gli occhi, ritornando alla realtà. «Sandra? Apri, per favore.»

Cercai di asciugarmi le lacrime che scendevano copiose sulle mie guance senza che me ne fossi neanche resa conto e cercai di dire qualcosa, qualsiasi cosa che mi avrebbe aiutato a distrarmi ma la gola mi dolette. L'avevo sforzata troppo nell'attacco isterico che avevo avuto. Mi alzai controvoglia e aprii la porta. Mi trovai davanti lo sguardo preoccupato di Matthew. L'osservai in silenzio senza più le forze di combattere nessuno. Non sapevo per quale ragione il mio passato avesse deciso di tornare a galla proprio adesso né lo volevo scoprire: odiavo chi ero stata e odiavo chi ero diventata e gli ultimi avvenimenti non avevano fatto altro che riportare tutto a galla, tramortendomi e mandandomi in confusione.

«Che sta succedendo?» 

Lo fissai supplichevole, come se volessi implorare il suo aiuto ma senza avere il coraggio di pronunciare neanche una parola. Distolsi lo sguardo dal suo che si era fatto troppo insistente, quegli occhi azzurri non mi permettevano di mantenere solido il muro che mi ero costruita con tanta fatica e così tentai con un'altra strada, evitando l'argomento. «Dov'è Simon?»

Alba Nera [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora