Capitolo 66 - Verità Indesiderata

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«Credevo che non avresti più chiamato.»

«Non credevo di doverlo fare, ma ho davvero bisogno di una mano» risposi.

«Ti va di parlarne domani mattina? Scegli tu dove.»

Sentii un peso scivolarmi via dal cuore e, dopo aver ringraziato l'uomo che doveva essere mio padre, gli riferii l'orario e il luogo in cui doveva recarsi e poi chiusi la telefonata sentendo Jackson ritornare. «Con chi stavi parlando?» mi chiese.

«Con le mie figlie.» Presi un bicchiere e lo riempii con dell'acqua, fermandomi a guardare fuori dalla finestra. 

Mi si avvicinò e si appoggiò al bancone della cucina al mio fianco. Sentii i suoi occhi su di me. «Come ti senti?»

Pensai all'arresto di Aiden e una moltitudine di emozioni esplosero dentro di me. «Come vuoi che mi senta? Uno schifo.» 

«Mi riferivo alla spalla.»

«Non è niente» sminuì.

«A me non sembra niente. Hai preso la pallottola che molto probabilmente avrebbe ucciso mio fratello.»

«Avresti fatto lo stesso.» 

«Sì, ma non l'ho fatto. Tu sì.»

«Questo perché sono stata solo più veloce», dissi. «Lo sono sempre stata, in realtà.»

Accennò un sorriso. «Grazie, Sam. Te lo dico io perché temo che Aiden non l'abbia ancora fatto: non è abituato a doverlo dire. Crede che spetti solo a lui salvare tutto e tutti» spiegò. «Sotto questo aspetto vi assomigliate.»

«Non voglio salvare tutti» contestai.

«Sì, invece: l'hai fatto con tua madre, l'hai fatto con me e ora con Aiden.» Alzai gli occhi su di lui. «Nessuno te lo ha chiesto, eppure tu continui a farlo» mi rimproverò. «Sono più convinto che se avessi pensato un po' più a te stessa, ora non saresti in tutti questi guai.»

«Non rimpiango le mie scelte. Se non ci fossi stata, mia madre a quest'ora probabilmente sarebbe morta... e per quanto possa avercela con lei, non lo avrei mai permesso.» Inspirai a fondo. «I casini me li sono creata da sola perché non ho saputo stare alle regole e ho preferito pensare a me stessa», dissi. «Non sono riuscita a rinunciare a te e quando l'ho capito, ormai era troppo tardi per tornare indietro.» Distolse lo sguardo dopo una lunga occhiata che non seppi decifrare. «Se potessi cancellare i miei errori, lo farei.»

«Non era vero niente?» sussurrò dopo un po'.

«No, era vero. Era tanto vero che mi chiedevo come avrei fatto a rinunciare a te, ma alla fine dovevo rinunciare a te, era questo il piano e avrei dovuto seguirlo fin dall'inizio.» Mi tolsi la felpa di Aiden con l'intenzione di andare a cambiarmi d'abito.

«Di chi è?» domandò.

Mi ricordai del sangue sui miei vestiti e alzai lo sguardo su di lui tesa. «Non mio.» Mi rimproverò con lo sguardo, pretendendo una spiegazione. «Dell'agente Evans.»

«È stato Aiden?»

«Credevo aveste già parlato?» Non negò, né confermò e mi innervosii. «Che è successo tra voi due?» Sospirò. «Credo di avere il diritto di saperlo.»

«Niente di cui tu ti debba preoccupare.»

«Non credo proprio. Aiden non è il tipo da andare in giro a spaccare la faccia alla gente, soprattutto non a suo fratello.»

«È stato lui ad alzare le mani, non io, eppure per te è lui la vittima.»

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