Capitolo 13.

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Entrai in bagno e raggiunsi Terence che era seduto al bordo della vasca.
Trattenni un sorriso mordendomi le labbra e li mostrai la bottiglia di grappa.

<< Che cosa vuoi fare con quella? >> mi chiese, con un tono di voce eloquente, indicando la mia bottiglia di grappa.

<< Quando mi facevo male, mio nonno prendeva questa e me la metteva
sulle ferite >> gli spiegai avvicinandomi e appoggiando la bottiglia affianco a lui.

Presi un bel pezzo di carta igienica e mi sedetti davanti a Terence, che scrutava attento la bottiglia di grappa, come se fosse una mitragliatrice.

<< Vuoi dirmi che metterai della grappa sul taglio che ho sulla fronte? >> mi domandò accigliandosi e facendo un'impercettibile smorfia.

<< Esattamente >> acconsentì io, muovendo la testa su e giù, mentre invece lui la scosse.

<< Ma non hai che ne so.. dell'acqua ossigenata? >> si guardò attorno lui, come un bambino impaurito, facendomi sorridere.

<< Mio nonno lo faceva quando avevo cinque anni, non fare il bambinone, non brucerà
tanto >> gli dissi, mentendogli.

La grappa bruciava, era pur sempre alcool, ma questo preferì non dirglielo, anche se lui molto probabilmente lo sapeva già, anche perché mi fissò male.

<< Tu sei impazzita >> brontolò lui, mettendo le mani avanti, mentre inzuppavo la carta igienica senza ascoltarlo.

<< Stai zitto >> lo intimai io avvicinandomi alla sua faccia.

Feci per mettere la carta impregnata di grappa sulla ferita ma lui mi bloccò, fissandomi negli occhi e facendomi rabbrividire.

<< Fai con calma >> mi supplicò sottovoce, mentre io provai in tutti i modi a non diventare rossa come un pomodoro.

Deglutì a disagio, quella vicinanza mi metteva soggezione. Da lí potevo notare ogni particolare del suo viso, dai suoi occhi meravigliosi, di un colore così strano: marroncino misto a del verde scuro, con delle pagliuzze dorate, che non avevo mai visto prima d'ora, a un accenno di barba, che lo rendeva più mascolino e attraente.

Annuì e spostai lo sguardo sulla ferita, pulí pian pianino il sangue che prima era sgorgato e poi con una delicatezza immane misi la carta sopra, sentendolo digrignare i denti. Cercai di fare il più piano possibile disinfettando il taglio.

<< Il tuo cane mi odia >> sussurrò poi lui, rompendo il silenzio e sfiorando l'intimità che si era creata. Si sentiva da qui la canzone The time of my life di Dirty Dancing.

<< Fa un po' fatica a fidarsi delle persone, un po' come tutti >> gli spiegai a bassa voce, come se qualcuno ci potesse sentire.

Annuí muovendo la testa e quando cercai di togliere il sangue secco fece una smorfia.

<< Ahi >> borbottò, appoggiando la sua mano al mio polso. Lo fissai negli occhi e lui ricambiò lo sguardo, come se non li avesse mai tolti dal mio viso << E tu? >> mi chiese, spostai  l'attenzione ancora sul taglio.

<< Io cosa? >> gli domandai facendo finta di non capire.

<< Tu ti fidi delle persone? >> mi fissò ancora ed io lo guardai un attimo sospirando cautamente.

<< Mi pento di essermene fidata di alcune >> ammisi, mordicchiandomi una guancia.

Chi nella vita non si era mai pentito di essersi fidato di qualcuno?

Scusa se ti amoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora