Capitolo 27.

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Ero nel mio appartamento, sdraiata sul mio letto in camera mia.
Fissavo il soffitto come se mi stesse parlando e intanto pensavo.
Pensavo a ieri notte, a come me ne ero andata dopo la sfuriata, e a Terence che mi aveva raggiunta e mi aveva detto delle cose importanti.

C'era qualcosa in lui, qualcosa che all'inizio non avevo mai notato e che innegabilmente mi stava piacendo.

E poi mia madre, e quello che le avevo detto dell'università, e probabilmente avevo voluto stuzzicarla, ma quando poi era entrata nel mio appartamento con Jake e con Terence, una rabbia accecante mi aveva persuasa.

Non ero sicura di niente e la domanda era piuttosto spontanea, sarebbe stato da idioti lasciare l'università?
E soprattutto, anche se l'avessi fatto, come diceva Jess, dopo che cosa avrei fatto?

Ed io proprio non lo sapevo, non ne avevo la minima idea.

Un messaggio mi risvegliò dai pensieri e presi il cellulare per vedere se era la persona che stavo aspettando già pronta da circa mezz'ora.
Come immaginavo era Robbie che mi diceva che potevo passare a ritirare finalmente la mia macchina riparata.

Mi alzai e presi la mia solita borsa a tracolla, salutai il mio dolcissimo cane che da un po' di giorni sembrava strano e chiusi la porta a chiave.

Quando uscii dal condominio, l'aria fredda di Novembre m'investì il viso, e mi fece rabbrividire.
Le decorazioni e le luci di Natale erano ormai sempre di più e i miei occhi luccicavano davanti a tutti quei meravigliosi colori.
Il parco dove un po' di tempo fa avevo giocato con Marylin e Terence era stato abbellito con delle palline rosse e gialle ed era diventato decisamente bellissimo.

M'incamminai verso l'officina di Robbie e chiusi il mio cappotto per bene, cercando di non far entrare nemmeno una folata di aria gelida.
Mi piaceva il freddo, ma quello leggero, il mio rapporto con l'inverno era "odi et amo", certe volte lo amavo e certe volte volevo che se ne andasse il più presto possibile, come il ringraziamento ed il Natale che non mi piacevano affatto ma che uno dietro l'altro stavano per arrivare.

Mancava davvero pochissimo al giorno del ringraziamento, e l'idea di doverlo passare con tutti i miei parenti mi procurava tanta ansia, soprattutto, perché avevo litigato con Jake e con mia madre e soprattutto perché avrei dovuto mascherare le divergenze tra di noi e rispondere a tutte le domande di consuetudine da parte loro, e poi tutte le sorelle di mia mamma, impiccione e senza scrupoli, troppo pettegole e cattive, che con mia nonna materna formavano un bel gruppetto.

Ed era in quei momenti che mi mancava la mia nonna paterna, era in quei momenti lì, dove tutti eravamo raggruppati e non la vedevo seduta con noi.

Era impossibile non ammettere che da quando se n'era andata, un pezzo di me era volato via con lei, e che l'unico modo per sentirmi vicina alla sua anima era la cucina.

Arrivai davanti all'insegna, dove c'erano ben visibili due gomme disegnate sopra e la scritta sbiadita dell'officina.
Entrai dentro guardandomi attorno alla ricerca di Robbie e della mia amata macchina.

<< Robbie? >> domandai a vuoto, girandomi attorno.

<< Ciao Cath! >> mi salutò lui, sbucando da sotto una Porsche che stava riparando e facendomi fare un piccolo saltello per la sorpresa.

<< Che uscita d'effetto >> commentai ridacchiando, mentre lui rise.

<< Hai visto? >> rise anche lui alzandosi e pulendosi le mani con uno straccio ancora più sporco << Comunque scusa se l'ultima volta non sono riuscito a venire per l'incontro, ma sono davvero pieno di lavoro e faccende da sbrigare, pensa che ho dovuto riparare di tutto e di più >> mi disse, buttando poi lo straccio dentro la cassa degli attrezzi.

Scusa se ti amoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora