Ero sul mio divano, a fissare il soffitto dopo quello che era successo.Sentivo una rabbia dentro di me incontrollabile, che non vedeva l'ora di sbucare da tutti i pori.
Mi sentivo presa in giro, dalle persone a me più care, dalle persone a cui tenevo di più in assoluto.
Era assurdo come tutto si poteva smontare con così poco.
Non riuscivo a capire come fossi arrivata a questo punto, con mio fratello che mi odiava, con mio padre che non mi voleva parlare e con le mie due migliori amiche che tenevano segreti tra loro, per non parlare di mia madre, che era assente da quando avevo incominciato a camminare da sola.Nessuno era mai riuscito a pensare a me, a quel che volevo, non avevano mai provato ad accontentarmi in niente, a dimostrarmi qualcosa, mentre a me sembrava di aver dato sempre tutto, di aver regalato qualsiasi cosa, di essermi spremuta affinché fossero contenti a tutti gli effetti.
Sapevo di non essere una santa, ma almeno gli errori che facevo li facevo inconsapevolmente e non perché volessi farli di proposito, e soprattutto cercavo in tutti i modi di aggiustarli o recuperare in ciò che avevo sbagliato.
Sembrava che fossi l'unica, tra tutte le persone che avevo attorno, sembravo essere l'unica a voler mantenere i legami tra noi.
Ero delusa, amareggiata, ero stanca di guardare che tutto alla fine dei conti andava proprio come io non volevo che andasse, e che le persone si sentissero in potere di fare ciò che gli pareva solo perché lo avevo sempre permesso.Mi alzai dal divano, ancora arrabbiata e mi misi le scarpe, rimanendo in tuta e in felpa, presi la giacca e dopo aver messo dell'acqua nella ciotola di Puzzolo uscì di casa.
Salii nella mia macchina e guidai fino al supermercato, dove comprai una bottiglia di vino e una scatola di cioccolatini.
Guidai elettrizzata come non mai, forse ancora arrabbiata ma elettrizzata.
Sperai con tutto il cuore che fosse a casa ancora, magari come lo avevo lasciato stamattina prima che scappassi come una pazza isterica salutandolo a mala pena.
Parcheggiai e mi diressi all'interno del grattacielo dove alloggiava Terence e presi l'ascensore.
Aspettai impaziente picchiettando il piede con in mano il vino rosso e i cioccolatini, e mi morsi il labbro non appena si aprirono le porte.
Mi fermai davanti alla sua porta e feci un lungo respiro prima di suonare.Non arrossire. Non arrossire. Non arrossire.
Fu così che Terence aprì la porta, in tuta e con una t-shirt bianca, e quasi mi piacque di più che in smoking, ed io ovviamente feci un sorriso da ebete mentre lui mi fissò con un cipiglio sul volto.
<< Cath? >> chiese un attimo attonito, facendo un mezzo sorriso sbilenco non appena vide il vino e i cioccolatini, facendomi diventare rossa come un pomodoro.
<< Ah-m io.. io ho pensato di riportarti le pantofole >> gli dissi pensando al fatto che forse nemmeno le avevo prese le pantofole per ridargliele << E mi stavo annoiando quindi ho preso.. del vino e dei cioccolatini, sono buoni volevo che li assaggiassi >> finì, mentre il suo sorriso si allargò mostrandomi anche i suoi denti perfetti.
<< Entra >> disse infine lui, mentre io ringraziai tutti i santi per non aver fatto una figuraccia.
Entrai appoggiando tutto sul tavolo dove c'erano già dei regali, dei giocattoli e tante altre cose per impacchettare, come nastri, fiocchi colorati, carte colorate.
<< Stavi facendo i regali di Natale? >> gli chiesi ingenuamente, mentre lui annuì prendendomi la giacca e appendendomela.
<< Esattamente >> pronunciò, mentre io presi un regalo già impacchettato e glie lo mostrai ridacchiando.
<< Impacchettare non è il tuo massimo >> lo derisi, mentre lui me lo prese dalle mani e lo mise dentro a un mobiletto.
<< Se sai fare di meglio, allora accomodati pure >> disse lui, mentre io mi sedetti.

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Scusa se ti amo
ChickLit[COMPLETA] Catherine Boulevard a ventitré anni è in uno stato confusionario della sua vita. Vive in un piccolo appartamento nella cinquantaduesima strada a New York insieme a Puzzolo, il suo magnifico Golden Retriever che l'aiuta nei momenti di ango...