Capitolo 38.

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<< Stai bene >> mi disse Terence, dopo avermi raggiunto.

<< Si sto bene grazie >> risposi io con un piccolo sorriso, mentre controllavo che il vestito non si fosse sporcato.

<< Non era una domanda >> mi specificò lui, mentre io mi girai alzando un sopracciglio.

<< Era un modo per farmi un
complimento? >> gli chiesi, mentre lui fece un piccolo sorriso.

<< Diciamo di si >> disse lui, mentre lo fissai per un attimo.

<< Anche tu non sei male >> lo squadrai anche io mentre lui fece uno sguardo ammiccante.

Lo sorpassai, sbirciando con la coda dell'occhio i suoi movimenti e lo vidi seguirmi.
Avevo voglia di divertirmi, avevo voglia di lasciare da parte qualsiasi angoscia, qualsiasi tormento o problema.

Volevo passare una bella serata senza drammi facendo ciò che solitamente non mi permettevo di fare.

<< Dove vai? >> mi chiese, mentre dalla tasca della mia pochette tirai fuori un pacco di sigarette e mi diressi verso l'uscita.

<< Fuori >> continuai io, senza girarmi.

<< Fumi? >> mi chiese sorpreso, mentre mi misi la sigaretta tra le labbra.

<< Raramente, lo faccio in momenti
particolari >> gli dissi sofisticatamente, mentre nella realtà era forse la terza volta in tutta la mia vita.

<< E questo è un momento particolare? >> mi domandó, sempre dietro di me.

<< Fai tante domande Terence >> gli dissi sinceramente, appoggiandomi sul muretto fuori, con l'aria fredda che mi fece rabbrividire.

E a me piacevano le persone che facevano domande.

<< Non mi piace questa cosa >> mi disse mettendosi davanti a me.

<< Lo hai detto tu che dovevo lasciarmi
andare >> gli dissi provocatoria, mentre mi accesi la sigaretta.

Fumare faceva male, davvero, era una delle cose più inutili, ma non lo facevo quasi mai, e quella sera mi andava, volevo farlo, e per una volta, volevo lasciarmi andare.

Mi guardò a lungo, serio, mentre io intrepida inspirai il fumo a un palmo da lui, e mentre lui osservava me.
Era una di quelle scene simili a quei film in bianco e nero, e l'idea mi elettrizzava.

Terence era in piedi, davanti a me, ed era veramente bello, e forse avevo cercato di mascherarla un po' quella sua bellezza, soprattutto a me stessa, ma era innegabile, e più lo guardavo e più me ne rendevo conto, e soprattutto mi rendevo conto che qualcosa in me palpitava, qualcosa in me lo voleva ancora più vicino.
Girai il filtro della sigaretta davanti alle sue labbra e lui senza staccare gli occhi dai miei e dopo aver deciso se farlo o no, si avvicinò al filtro e inspirò il fumo, ricordandomi tanto la scena in cucina.

Continuammo a fumare così e in silenzio, vicini e connessi, mentre il freddo ci sferzava le guance e mentre tutti gli altri ballavano dentro.

Era questo ciò che volevo, una persona che non mi parlasse, e che mi capisse senza sgridarmi, senza dirmi ciò che era giusto o sbagliato, Terence mi piaceva, perché non sapeva nemmeno cosa voleva dire bloccare una persona, lui mi apriva le strade, m'indirizzava come se mi conoscesse da sempre.
E quando avevo bisogno, inspiegabilmente me lo ritrovavo davanti, o dietro le spalle, o poco più in là pronto ad avvicinarsi per aiutarmi.

E questa cosa non riuscivo a spiegarmela, non riuscivo a capire il perché e nemmeno a dirgli grazie.

Non mi tolse gli occhi di dosso, e mi fece sentire al centro del mondo, aveva quel potere di farmi sentire speciale, i suoi occhi guardavano solo me in quel momento, e non aveva nessun problema a farmelo notare, era così maledettamente e dolcemente sfacciato da non preoccuparsene, lui voleva farmi capire che mi guardava, che mi osservava, voleva farmelo sapere chiaro e tondo quando lo faceva e che lo faceva solo perché ne aveva voglia.

Scusa se ti amoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora