Capitolo 23.

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<< Se mi stai chiamando per rovinarmi la giornata con una delle tue frasi d'effetto sappi che non ne ho voglia >> dissi a mia madre per telefono mentre correvo veloce per le strade di New York.

Dovevo incontrare Jess e Robbie al Coconuts Rappier per delle faccende riguardanti la mia macchina e anche per passare un pomeriggio in compagnia con una persona diversa da Terence.

Non che non volessi la sua presenza, anzi il fatto di beccarlo ovunque mi aveva elettrizzata, ed era questo il problema, lui non doveva essere mio amico, lui doveva essere un semplice conoscente, il migliore amico di mio fratello, e nient'altro di più.

<< Oh no tesoro, ti ho semplicemente chiamato per chiederti come stavi! Una madre non può preoccuparsi per sua figlia? >> mi domandò lei retoricamente con quella voce fastidiosa.

<< Certo che può! Ma perchè la figlia dovrebbe far partecipare la propria madre nella sua vita se costei nemmeno le dice nulla della sua, perché non mi hai detto che sei stata male? Perché non l'hai fatto mamma? Che razza di madre tiene nascosta una cosa del genere a
sua figlia! >> dissi attraversando la strada più che adirata, con in mano una cartella piena zeppa di documenti.

<< Ho sbagliato a non dirtelo lo so, e anche il modo in cui l'hai scoperto non è stato il migliore, te lo avrei detto Catherine, è ovvio, per questo ti ho chiamata, volevo parlare anche della litigata che hai avuto con Jake, sono preoccupata >> mi disse, cambiando di qualche deficit la voce.

<< Tu sei preoccupata per me? Assurdo! E come mai? È entrato per caso in casa uno stregone e ti ha fatto un incantesimo perché fino a ieri credevo non ti ricordassi di avere una figlia >> pronunciai risoluta svoltando l'angolo e infiltrandomi in mezzo a decine di persone che spintonavano senza sensi di colpa.

<< Non ironizzare con me e poi mi sono sempre preoccupata per te Catherine, cosa stai dicendo? >> mi chiese alterandosi.

<< E come? No perché sai, mi sono persa forse il pezzo in cui ti sei presa la briga di chiedermi qualcosa sulla mia esistenza >> sputai disprezzante, pensando a tutte le volte che mia madre mi aveva ignorata.

Ero stanca un po' di tutto a dir la verità.

Passai davanti alla mia pasticceria preferita, ma questa volta mi fermai davanti scioccata.
Attaccato alla vetrina c'era un cartello con su scritto "in vendita" e il mio cuore si frantumò in mille pezzi subito dopo, mentre immobile rimanevo davanti alla vetrina.

Il mio posto preferito, non sarebbe più esistito.

<< Ti ho chiamato mille volte per chiederti come stavi! Ma tu rispondi sempre così scontrosa, non ho mai visto una figlia rispondere così male alla propria madre, soprattutto quando l'ha aiutata a fare tantissime scelte importanti come ad esempio quella dell'università! >> mi attaccò pungente, tirando fuori il discorso dell'università e creandomi un buco al posto dello stomaco.

Io odiavo quell'università e non riuscivo nemmeno a sopportare il fatto che la mia pasticceria volesse chiudere, e non riuscivo a capire perché tutto in quel periodo stava andando a rotoli.

Perché non facevo mai di testa mia? Perché avevo permesso alle persone di decidere al mio posto? Perché lo avevo permesso a mia madre?

<< Io mamma lascio l'università >> sospirai esausta fissando sconfitta i clienti seduti all'interno, rendendomi conto subito dopo di ciò che le avevo appena detto.

Non dovevo più mentire alla mia famiglia, ma soprattutto a me stessa, non mi piaceva l'università e a dirla tutta non mi era mai piaciuta.
Quello era lo stupido sogno di mia madre che avevo voluto realizzare per avere un rapporto decente con lei, ma che non aveva cambiato nulla.

Scusa se ti amoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora