1. Parker

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31 Ottobre

Halloween,
tutti sono così esaltati all'idea di mascherarsi e di fare festa, ho il telefono pieno di messaggi, ma ora la mia priorità è un'altra: trovare un maledetto vestito. 
La città non si è risparmiata neanche quest'anno, camminare con tutti questi addobbi spettrali è divertente, sono già tutti travestiti e impazienti per stasera.
"Dolcetto o scherzetto" una bambina travestita da ape corre dal vampiro all'ingresso del supermercato e lui ridacchia dandogli alcune caramelle 
Sarebbe stata la sera perfetta per restare a casa a guardare un film horror, se non fosse per quel ficcanaso di Cody e della sua mega festa. 

Guardo l'orologio al polso e sospiro in ritardo come al solito. 
Mi sembra di camminare da un secolo, e la figura davanti a me non accenna a fermarsi per darmi un'attimo di tregua.
"Ma mi stai ascoltando?" sento sbuffare e abbasso lo sguardo
"Certo" mento aumentando la presa sulla sua mano
"E cosa ho detto?"
E ora cosa posso inventarmi? Potrebbe colpirmi su un ginocchio se scopre che non lo stavo ascoltando, o peggio ancora potrebbe trattenere il fiato fino a scoppiare per ripicca. Ricordo le mie gambe piene di lividi a causa sua e sospiro
"Che hai bisogno di un costume nuovo" tento indicandogli il gran negozio di costumi accanto a me
"Ma ho già detto che mi vesto da zombie" mette su un cipiglio adorabile
"Lo zombie è troppo banale, quindi forza, a sceglierne uno nuovo" ordino entrando per prima, e la campanella sulla porta suona in modo inquietante
"Ha bisogno di un aiuto?" Domanda un dipendete vestito da vampiro con un gran sorriso
"Voglio essere un pirata" annuisce la figura davanti a me senza troppi giri di parole ridendo
"Vuole essere un pirata" scrollo le spalle ripetendo le sue parole al commesso
"Vieni con me, ti mostro il vestito più bello" sorride con fare gentile l'uomo
Approfitto per guardarmi intorno e noto le bellissime tinte e maschere per i costumi, e un sacco di vestiti per l'occasione.
"Hol, guarda" si vanta del suo nuovo vestito da pirata e decide di non toglierlo, così lo lascio fare e vado a pagare con un sorriso divertito.
Usciamo di lì e il mio telefono inizia a vibrare, lo afferro senza lasciar andare la mano della persona al mio fianco e rispondo di fretta
"Sono fuori da Burger King, mi raggiungi o ti sei persa per New York?" sento ridacchiare dall'altro capo del telefono
"Arriviamo subito" annuisco per poi staccare  
"Hol, ora che si fa? Io ho fame" sbuffa il piccolo alzando la sua spada giocattolo da pirata contro di me
"Quando mai tu non hai fame" lo canzono
Attraversiamo la strada e il piccolo subito nota la moto nera e blu ferma davanti il fast food, e ovviamente lascia la mia mano iniziando a correre con un gran sorriso.
"Brad" grida a gran voce e quest'ultimo si volta
"Hey, piccola peste" si scosta con un sorriso dalla sua moto e come sempre si danno il cinque seguito dal pungo e da un bizzarro movimento di bacino, non può mai mancare il loro ululato felino e io guardo altrove con fare imbarazzato per non essere associata a questi due matti.
"Ho fame" ripete poi il piccolo
"Perché non inizi ad entrare e prendi i posti? Ordina tutto quello che vuoi, oggi offro io." Brad gli fa l'occhiolino e il piccolo corre dentro senza farselo ripetere due volte
"Lo vizi troppo" gli faccio presente con braccia incrociate al petto  
"Da che pulpito. Che io ricordi, neanche tu gli dici mai di no" 
Lo colpisco sul petto ridendo e lui approfitta per bloccarmi il polso con una presa decisa, attirandomi a lui.
"È da maleducati non salutare" ammicca con il solito ghigno sfacciato, e io alzo gli occhi al cielo divertita per poi stampargli un bacio sulla guancia "Tutto qui?" scherza e io gli alzo il dito medio per poi entrare.

Vi ricordate di me?  
Mi chiamo Olivia Parker, ma probabilmente mi conoscete già.
Ne è passato di tempo eh, dall'ultima volta. 
Lasciate che vi tenga aggiornati come se foste un vecchio diario di ricordi. Mi sono trasferita in un attico nel cuore di New York, affrettato? Può darsi, ma avevo bisogno della mia indipendenza, e poi ora non sono mica da sola. Con me vive il piccolo Ly, vi ricordate del bambino dagli occhi color cielo e i capelli neri che ho conosciuto in montagna da mio nonno? Esatto, proprio quella peste lì. 
Sono riuscita a mantenere la mia promessa.
E' quasi un anno che vive con me, e non solo è diventato il centro del mio mondo, ma lo è un po' di tutti i nostri amici, che amano quel bambino più di ogni altra cosa. 
L'università non è facile, troppi esami, troppi corsi, ma è anche molto più malleabile rispetto al liceo, così riesco a gestire ogni cosa. Sono passati anni da quando non ho più il cancro, ora sono guarita, sono perfettamente sana. 
I miei amici? sono sempre lì, all'angolo del mio cuore. Qualcuno in più, qualcuno in meno. Perchè crescendo ho capito che la vita non sarà sempre facile, le strade si separano e tu puoi solo accettarlo. Mi manca Lucas, il biondino è stato ammesso a Yale con il massimo dei voti, e ha intrapreso il suo percorso di fisica avanzata lontano da New York. Ma non mi lamento, ci sentiamo ogni giorno e poi qui ha il suo fidanzato, quindi sono più le volte che è qui, che lì.
Blaire e Madison non si sono separate, entrambe frequentano una fashion Academy a Manhattan, ed è sempre divertente vederle litigare ogni mattina per i 20 minuti in auto che li separa dalla città. 
Anita è partita, si è trasferita in Australia per 'salvare la fauna', così ora studia lì per diventare veterinario ed esperta zoologica, ma ci credete? Casa sua è piena di animali che salva per le strade, quando Blaire è andata a trovarla quest'estate è tornata più nervosa del solito. 
L'unica ad aver abbandonato l'università è Daisy, am solo perchè il suo giornalino scolastico e il suo sito web hanno catturato l'attenzione di un giornalino locale che le ha subito offerto un lavoro, così ora l'ammiriamo felice con una continua pila di fogli tra l emani, i capelli legati continuamente in disordine sul capo, e il suo cartellino con tanto di nome. E' felice, sopratutto perchè lei e Mose ormai fanno coppia fissa, e la distanza non è più un problema per loro, sono cresciuti e hanno imparato a gestirla.
Ora però, immaginate la faccia di Cody quando Margaret gli ha detto che sarebbe diventata una dottoressa, e che si trasferiva a Boston per frequentare l'università. Cosa ha fatto? Ha pianto per giorni, l'ha accompagnata nella nuova città, dove hanno studiato i miei genitori, per visitare il collage, per poi tornare a piangere.  
La mia università? La migliore di tutte, quella dei New York Knicks. Si studiano corsi comuni, ma nulla in confronti alle ore che si passano in campo. Qui vengono allenate squadre di basket con ragazzi che aspirano al mondo dell'nba. Entrare non è facile, i corsi sono a numero chiuso e siamo in pochi, ma ci siamo riusciti tutti: io, Cody, Lincoln, Andrew, persino Eric, che dopo aver mollato il nuoto, ha deciso di unirsi alla squadra, rivelandosi un vero talento. 
E' tutto diverso rispetto al liceo, io sono diversa. Lo vedo quando mi preoccupo per Ly come mia madre faceva per me. Lo vedo da quando ho imparato a cucinare, o a sistemare i giochi di Ly che lascia sempre in giro, o almeno ci provo. 
Non sono più la Holly di un tempo, mi guardo indietro e rivedo tutti i miei errori, la mia testardaggine, che ora è sempre lì, ma con una visione più matura del mondo. 
Mi guardo allo specchio, e sono diversa anche lì. Perdere peso dopo la chemio non è stato affatto facile, il mio corpo era diverso sotto ogni forma, ora però osservo le mie forme scolpite grazie al basket, la pancia piatta e le gambe sode. Ci ho faticato tanto, non è stato per niente una cosa facile o poco dolorosa. Ho imparato ad usare la piastra, apprezzando di più i miei capelli, che ormai sono cresciuti dopo averli persi del tutto dopo la chemio. Sola ancora corti, la crescita non è veloce come me l'aspettavo, ma mi piacciono anche di più adesso che arrivano alle spalle, lasciando scoperta la schiena. Le lentiggini sul mio viso sembrano più chiare, ma leggermente di più sul naso. La cosa più bella? I miei nuovi tatuaggi, che fanno compagnia alla bussola che porto con fierezza sul braccio, come quella di mio padre. 

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