26.Parker

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Mi volto nel letto, e apro lentamente gli occhi assonnati. Guardo l'orologio, le 7 del mattino, ho ancora un po' di tempo prima di andare da Rudy.
Mi rigiri ancora tra le coperte, e osservo il ragazzo dormire tranquillamente al mio fianco.
Ci sono cascata di nuovo.
Fisso i suoi capelli scuri, le labbra schiuse, e il respiro leggero. Passo flebilmente le dita sui suoi tatuaggi sulla schiena, mi è sempre piaciuto da matti farlo.
Il mio tocco leggero lo fa svegliare, e mostra un leggero sorriso mentre mi attira di più a se, per potermi abbracciare e sprofondare il viso nel mio petto, accoccolandosi a me. 
Fa scivolare il viso sotto la mia maglia, e io ridacchio quando sento i suoi baci lungo il seno, accanto al confine del reggiseno. 
"Ma buongiorno anche a te" 
"Ciao piccola" resta nascosto sotto la mia maglia, ma si trascina sopra di me, continuando a baciarmi il seno, spostando con le dita l'intimo, per poter arrivare al capezzolo.
"Dylan" mi mordo il labbro, gonfiando il petto in sua direzione, godendomi del dolce tocco delle sue labbra morbide "Non abbiamo tempo, devo prepararmi e portare la colazione a Rudy"
"Devi essere lì per le nove, abbiamo tutto il tempo di questo mondo" mi morde il capezzolo, e io trattengo il fiato stringendomi si più a lui, e lo sento sorridere sulla mia pelle
"Che bastardo" boccheggio, e lui caccia la testa per potermi guardare 
"Si, ma un bastardo fortunato direi" preme le sue labbra contro le mie, e la sua lingua mi invade subito la bocca, mentre la sua coscia preme fra le mie gambe, che stringo intorno a lui, già eccitata da morire.
E sono solo le sette del mattino. 
Il cellulare accanto al letto squilla, è il mio, ma nessuno dei due ha voglia di staccarsi.
Sarà Madison che vuole sapere della nottata precedente. 
Dylan morde il labbro, e aumenta la spinta della sua coscia fra le mie, e il piccolo gemito che sfugge dalle mie labbra, fa comparire sul suo un ghigno soddisfatto.
Il telefono suona ancora, sospiro, e mi stacco dalle sue labbra che trovano subito consolazione lungo il mio collo, facendomi ridacchiare mentre allungo il braccio per afferrare il cellulare. 
"E' mio padre" mormoro allontanandolo appena con un sorriso, gli lascio un ultimo bacio sulle labbra, poi avvicino il cellulare all'orecchio con un sorriso "Pronto, papà?"

New York oggi è grigia, bagnata dalla pioggia che non ha cessato neanche un secondo questa notte, e che ancora riempie le strade. Il cielo è scuro, pieno di nuvole. Non c'è ombra del sole. Mi piace questo tempo, lo amo con tutta me stessa, il cuore mi si riempie di felicità quando piove, eppure, ora sono in lacrime.
Come sto? Mi sento come quando non riesci a dormire e continui a guardare un punto della tua stanza senza battere le ciglia. Mentre sospiri guardando il vuoto, tutto comincia ad offuscarsi e diventa scuro, però continui a tenere gli occhi aperti, occhi pieni di lacrime.
Non doveva andare così. 
Continuo a ripetermelo. 
No, non doveva andare così. 
Dio non ha il diritto di intervenire così, di prendersi tutto quello che c'è di bello a questo mondo. Nel mio mondo.
Improvvisamente, quella fredda mattinata invasa di baci dolci e risate, accade. Il dolore è ancora più acuto, perché il mio cuore non era preparato a tutto ciò.
Le lacrime non conoscono limiti, mi corrono il viso stanco, e anche le mie lentiggini oggi sembrano nascondersi.
Due forti braccia mi stringono da dietro, cercando di reggere il mio dolore. 
Di nuovo. 
Di nuovo quella sensazione.
La stessa di quando morì Clarke, la stessa di quando quel pomeriggio soleggiato, i medici mi dissero che il cuore di Clarke si era fermato.
Ripenso alla vecchia foto in camera mia. Tre persone, un'ospedale. Io, Clarke e Rudy, sul mio letto, pieni di vita, con un sorriso enorme, perchè anche se malati, eravamo insieme.
Clarke non c'è più. Ci ha lasciati da soli. E quella foto è sempre lì come ricordo.
Ma ora, come posso guardarla ancora? 
Mi sento sola.
Mi si stringe il petto nel cuore, e fa male. Così male che ho paura di impazzire. 
L'ospedale è ancora più triste oggi. Più di quanto abbia mai visto in vita mia. 
"Rudy." mi fa male il cuore "Rudy" mi fischiano le orecchie "Rudy" mi cedono le gambe
"Hol" la voce di Dylan non mi arriva, è tutto ovattato, tutto confuso. Non sento niente, solo il vuoto, e fa più rumore del previsto. 
La sua stanza è ancora piena dei suoi giochi, dei suoi disegni, del suo mondo. Marcus è accanto alla finestra, con gli occhi gonfi e lucidi, Rosa e Tini sono in lacrime, e Travis è sotto la porta, che fissa la carrozzina accanto al letto vuota.
"I suoi organi sono collassati all'improvviso. Ha avuto un'altro infarto questa mattina, lo abbiamo rianimato, ma tutto continuava a rompersi dentro di lui, e il suo cuore si è fermato definitivamente alle 6:47 del 3 Dicembre

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