31.Parker

17.6K 572 271
                                        

Il donatore compatibile. 
Quel giorno all'ospedale tutti hanno fatto il test, nessuno era idoneo. Nessun parente, nessun amico.
Erano tutti disperati, poi però mio padre ha trovato un donatore, e non gli hanno permesso di operare su quella persona, gli hanno solo detto che era anonimo, e poi ha operato me.
Quel giorno, quando abbiamo trovato il donatore, Dylan è andato via, lasciando New York.
Queste informazioni si muovono nella mia testa, collegando tutti i pezzi mancanti, terminando il puzzle, che ora combacia perfettamente e facendomi girare la testa. 
Non ha senso, oppure fa troppo male per accettare che ha tutto il senso di questo mondo. 
Non volevo andarmene, mi ha detto Dylan una volta. 
Lui non voleva andare via, non voleva abbandonarmi. Lo ha fatto per me, per salvarmi la vita. 
E' scappato in Italia abbandonando tutto, la sua città, la sua carriera nel basket, i suoi amici, il suo futuro. Ha fatto tutto per me. 

"Cosa significa?" Domanda Madison incredula, affiancandomi e prendendomi per mano, perchè sa che da sola non posso farcela
"Già, che cazzo significa?" domando avvicinandomi a Dylan, con are incredulo, supplicandolo di dirmi di più
"Forse è meglio se ora ci sediamo tutti" tenta Cody
"Non starlo a sentire Hol, direbbe di tutto per farsi perdonare" Brad poggia una mano sulla mia spalla ma mi scosto bruscamente
"Parla Dylan, ora"
"Facemmo tutti il test per la compatibilità, ma nessuno era idoneo, nessuno di noi lo era. Tu stavi morendo Hol, e io stavo perdendo la testa al pensiero che potevo perderti" sospira, la sua voce è rotta, i suoi occhi Ono lucidi, pieni di dolore, pieni di sofferenza.
Non l'ho mai visto così.
"È per questo che sei andato via no?" Domando ovvia "avevi paura" puntualizzo, e lui scuote il capo con un leggero sorrido amaro
"Non starlo a sentire" alza la voce Brad
"Porca puttana, sta zitto" lo trucida con lo sguardo Sophia, mentre i ragazzi continuano a tenerlo fermo, curiosi e increduli alle mie parole.
"Cosa significa che il midollo era il suo..." ripete le mie parole, incapace di accettarle e comprenderle
"Fece il test, ed era compatibile al 100%. E credimi Hol, mi sarei tolto il cuore dal petto per te, ma non sarebbe servito, lui era l'unico he poteva salvarti"
Porto le mani sulle labbra incredula, mentre i miei occhi brillano di lacrime, che le coprono le mie lentiggini sul viso.
"Il patto era questo: se volevo che Brad donasse il midollo io dovevo sparire per sempre dalla tua vita" esclama Dylan, e il cuore si stringe nel petto dal dolore.
Guardo Brad incredula, che mi ha sempre dato tanta sicurezza, mi ha offerto una spalla su cui piangere, ha fatto da padre a Ly quando doveva, senza mai chiedere nulla in cambio. Diceva di amarmi, e io so che i suoi sentimenti sono reali, ma come ha potuto farmi questo? Lui era mio amico. 
"Eri mio amico. Io ti ho fatto conoscere Ly, ti ho mostrato tutto il mio dolore" lo indico incredula, ferita, distrutta. 
Non vedo più certezze in lui, e fa male. 
E' stato lui. E' stato lui a portarmi via Dylan. Non io, non la mia malattia. E' stato Brad.
"Sei... tu sei andato via perché Brad te lo aveva imposto?" riassume Andrew incredulo, e il ragazzo davanti a me annuisce passandosi una mano sul viso esasperato.
E' un cazzo di incubo.
Ricordo quel pomeriggio da Coco's, la prima notte passata in bianco, con la consapevolezza che Dylan mi avesse abbandonata. Ricordo il dolore, me su quel tetto anni fa, le ferite, la sofferenza. Anni di inferno, mesi di sofferenza, notti passate a piangere, a soffocare le grida in un cuscino zuppo, supplicando il vuoto di riportarlo da me. Mi sono addossata le colpe, ho odiato ancora di più la mia malattia, sentendo il desiderio di strapparli la pelle, le ossa, il sangue dalle vene, fino a prosciugarmi, perchè era stato il mio sangue infetto a spaventarlo e a farlo scappare.
Invece no, è stato Brad, il mio Brad. 
Come ho fatto a non vederlo, tutto quell'odio per Dylan.
"Ma che razza di persona sei" grida Madison arrabbiata spintonandolo, colpendogli il petto furiosa, mentre le lacrime coprivano anche il suo viso, ma nulla in confronto alla rabbia che provava. 
Ci fidavamo tutti di lui. Avevano messo da parte quella notte della morte di Areelay, lo avevano perdonato. 
Invece, è sempre stato lui. 
"Il bigliettino" mormoro sconnessamente, poi guardo Brad "Lo hai scritto tu" 
Sento il bisogno di vomitare. 
"Hol, ascoltami" Dylan poggia le mani sulle mie spalle, cercando disperatamente il mio sguardo "Mi dispiace, piccola. Io ti amo, ti amo dal primo giorno. E quando ho scoperto della tua malattia, una parte di me è morta, perchè sapevo che non potevo essere io ad aiutarti, a salvarti. Io non potevo fare nulla, tu stavi morendo davanti i miei occhi, e io non potevo fare nulla per te, amore" una lacrima gli scivola giù sul viso, e il suo labbro trema nervoso "Abbandonarti, è stata la cosa più difficile della mia vita, ma io ho scelto di farlo, ho scelto di salvarti, e lo rifarei altre mille volte, perchè tu ora sei qui davanti a me, e sei viva"
Guardo Brad, ha lo sguardo basso, colpevole, distrutto. Ma non vedo pentimento, neanche l'ombra.
"Perché?" Sussurro debolmente
"Perché ha sempre voluto te"
Mi libero della presa di Dylan, raggiungendo Brad, e costringendolo a guardarmi negli occhi alzandogli con rabbia il viso.
"Guardami negli occhi e dimmi che non è vero" supplico, consapevole che anche così non gli crederei comunque, ma insisto "Brad, guardami e dimmelo cazzo" 
"Hol" tenta, ma non sa cosa dire, o meglio, sa che qualsiasi cosa dirà, io non gli credo più.
"Forse io avrò anche il cancro, ma tra me e te sei tu la persona malata, Brad" gli sputo addosso velenosa "Non voglio avere più niente a che fare con te" scandisco bene le parole, assicurandomi che abbia afferrato il concetto.
Mi volto senza guardare nessuno, e corro in camera mia. Chiudo la porta alle mie spalle con irruenza, portandomi le mani sulla pancia, poi sulle labbra, poi le passo sul viso, e sui capelli.
Respira, Hol, respira.
Respira piano.
Andrà tutto bene.
Va tutto bene.
Dylan mi segue, la porta si richiude alle sue spalle, e avanza verso di me cercando di toccarmi.
"Non toccarmi" grido schivandolo
Il mio respiro è irregolare, la stanza d'un tratto è troppo stretta. Mi sia trienne la gola, sento di soffocare, cerco aria nei polmoni, ma non arriva. Ho bisogno di vomitare, ho bisogno di gridare, ma la voce non mi esce. 
"Non abbiamo finito di parlare, tu devi sapere-"
"Sapere?" rido istericamente "Cosa dovrei sapere Dylan? Credi che dopo aver addossato tutta la colpa su Brad tra me e te possa tornare tutto come prima? Non funziona così" scuoto il capo, guardandomi intorno in modo spaesato, strofinando le mani tra di loro, in modo nervoso
"Voglio solo che tu capisca"
"Capire cosa, porca puttana? Potevi dirmelo. Potevamo cercare una soluzione insieme, potevamo fare tutto insieme ma tu hai voluto fare l'eroe e non dirmi niente, fuggendo poi come un codardo del cazzo" gli vomito addosso parole pesanti, pesanti perchè ora so come ha sofferto questi anni, ed è tutta colpa mia "Ti odio" mi asciugo il viso per poi spintonarlo all'indietro "Ti odio Dylan. Mi hai lasciata da sola per anni facendomi credere di essere sbagliata, facendomi credere di averti perso, di non essere abbastanza"
"Io invece ti amo" ripete sicuro, ma la sua voce trema ancora.
Ha paura.
"Perchè allora non ti sei fidato, perchè non mi hai detto quello che stava succedendo, avrei-"
"Avresti cosa? Rifiutato l'aiuto di Brad?"
"Esatto"
"E' per questo che non te l'ho detto. A costo di morire, a costo Dif armi odiare da te, Hol, io dovevo salvarti. Perchè il mondo non ha più senso se tu non ci sei più" 
Lo guardo con gli occhi distrutti, il cuore a pezzi. 
Voglio abbracciarlo, ringraziarlo, baciarlo. 
Vorrei dirgli che è stato forte, che ho sofferto come lui. 
Ma non riesco a respirare. Così mi asciugo il viso, per poi uscire dalla stanza senza aggiungere altro. 
Ho bisogno di tempo, e di spazio. Ho bisogno di respirare. 
Ho bisogno di stare un po' con me, e ho bisogno di mio figlio al mio fianco,
Entro in camera di Yole, vedendo subito il piccolo disegnare sul letto al fianco del mio migliore amico e della rossa, che si preoccupa quando mi nota in quello stato.
"Dylan vieni con me"
"Dylan?" Lucas non capendo
"Si, Dylan. Dai andiamo" porgo la mano al piccolo, che subito corre da me con un lieve sorriso incredulo.
Sono stanca di tutta questa storia.
Sono stanca delle mezze verità, dei mezzi sentimenti.
"Hol" Lucas mi segue, infilando il cappotto al volo mentre io allaccio il giubbotto blu al piccolo al mio fianco
"Ho bisogno di fare un giro e voglio che Dylan venga con me" ammetto sincera, afferrando poi la mia giacca.
"Ok, vengo con voi" si impone il mio migliore amico, facendomi sorridere appena.
"Non è giusto, di sotto c'è Jimmy e meritate di passare del tempo insieme"
"Può aspettare" scuote il capo, facendomi l'occhiolino per poi uscire per primo.
Facciamo un giro e mi stringo nel cappotto a causa del freddo, assicurandomi che il piccolo non si sfilasse i guanti, che gli danno sempre prurito. 
Percorriamo il sentiero fino a raggiungere un parco pubblico, ricoperto di neve, e dove le giostrane colorate spuntano accanto agli alberi e a delle panchine blu.
"Sta attento a non farti male" sorrido a un esaltato Dylan che corre verso l'altalena.
Mi siedo accanto a Lucas su quella panchina, portando le braccia al petto e sospirando, mentre una nuvola gelida si forma davanti la mia bocca.
"Mi hai sorpreso quando lo hai chiamato Dylan" ammette il biondo, osservando il piccolo correre sullo scivolo
"E' solo un nome" mormoro, consapevole che avrei dovuto accettar era cosa molto tempo prima
"Un nome che per te significa molto" mi ricorda, e mi mordo il labbro con forza per non piangere 
"Luke" guardo il mio migliore amico, e lui sospira, abbracciandomi forte accogliendo il mio dolore, e le mie lacrime, facendole un po' anche sei. 
Lui ha sempre cercato di prendersi il mio dolore, mi è sempre stato accanto. 
"Hol, lo sai che io sarò sempre dalla tua parte, ma Dylan è mio fratello, e ora che sappiamo come sono andate le cose, credo voi due dobbiate darvi una possibilità finalmente"
"Io non lo so, non so cosa pensare, o cosa fare. Gli ho detto di odiarlo, ma in realtà è me stessa che odio, perchè lui ha rinunciato alla sua vita per me, Lucas, ha lasciato tutto per me" mia ento così in colpa, che non so se riuscirò più a guardarlo negli occhi senza sentire questa sensazione opprimente al petto.
"Mio fratello è molte cose, è scorbutico, è prepotente, è duro con se stesso, e con gli altri. Ma è anche follemente e profondamente innamorato di te, Olivia Parker, anche un cieco lo vedrebbe. Non è colpa sua, non è colpa tua. Ne avete passate troppe per non stare insieme adesso" sorride accarezzandomi i capelli 
"Non riesco a vederci un futuro adesso, ci sono troppe emozioni di mezzo" sospiro asciugandomi il viso 
"Lo so, ed è naturale. Ma Hol, hai passato anni ad odiarlo, a soffrire come non ho mai visto nessuno, sei guarita dal cancro e non hai gioito, perchè il tuo cuore lo aveva lui. Ora è qui, dopo anni passati da solo in Italia, dove ha abbandonato la sua vita, la sua famiglia, i suoi amici, la sua carriera nel basket. Tutto per te, perché ti ama, e maledizione Parker, non ho mai visto nessuno amare così. Ora, prenditi il tuo tempo, ma non permetterti di perderlo, non lasciarlo andare, o te ne pentirai, Hol" forza un sorriso, e io assimilo le sue parole nella mia mente, dandogli un significato.
"Cosa devo fare?"
"Lui ti ha aspettato per anni, ora tocca a te decidere" scrolla le spalle, lasciandomi poi un bacio sulla fronte.
Sospiro con la testa piena di pensieri, appoggiandomi poi alla sua spalla, circondandogli il braccio per sentirlo più vicino. 

Passiamo il resto del pomeriggio fuori. Non avendo pranzato stavamo tutti e tre morendo di fame, così verso le 7 siamo entrati in una tavola calda nel piccolo paesino per mangiare qualcosa.
"Salve, cosa vi porto?" una cameriera anziana ci raggiunge stringendo tra le mani una penna con una piuma e un block notes
"Io voglio un panino con doppio hamburger, tante patatine e tanto Ketchup, poi una coca grande e tante ciambelle" ordina il piccolo facendo ridere me e Lucas
"Dylan, non esagerare" lo rimprovero poi
"No, gli porti tutto quello che ha chiesto e ci aggiunga anche due menù large con il bacon" ordina Lucas sorridendo alla signora ordinando anche per entrambi, conosce bene i miei gusti.
"Se poi muore per un indigestione ti seppellisco con lui, sappilo" lo minaccio riferendomi al piccolo
"Mamma" mi volto e osservo i suoi occhi color ghiaccio, amandoli sempre di più "Non chiamarmi più Dylan ti prego, non mi piace e poi il mio nome oramai e Ly" sorride dolcemente, e io capisco che dietro le sue parole c'è molto di più.
Quando ho adottato Ly, la governante mi ha spiegato che la sua sindrome dell'abbandono si sarebbe sviluppata in vari aspetti. Ly spesso si comporta come un bambino di cinque anni, nonostante stia crescendo adesso. Ma la sua spiccata sensibilità e fermezza, mi lasciano sempre senza parole. Lui è andato avanti, accettando il cambiamento, e mi sta suggerendo di fare  lo stesso.  
"Hai ragione piccolo" gli bacio la fronte, facendo sorridere Lucas con occhi lucidi. 
Quando torniamo a casa, poco prima delle dieci, veniamo accolti subito da un Jimmy furioso, una Madison preoccupata e un Cody arrabbiato.
"Cazzo, ci avete fatto preoccupare" Mad corre ad abbracciarmi e io sorrido
"Lucas, hai un telefono per un motivo, cazzo" sbuffa Jimmy lasciandogli un bacio a stampo, sembrano davvero preoccupati.
"Lo so scusa, ma mi è morta la batteria" si giustifica con un sorriso dolce, che fa sciogliere il suo fidanzato
"Gli altri?"
"Brad è andato via, ha detto che tornava a casa sua" mi informa Cody "Dylan invece non è uscito dalla sua stanza neanche per cenare" sussurra poi
"Ly, ti va di dormire con me e lo zio Andrew stasera? Possiamo guardare quello trano film sui dinosauri che ti piace tanto" propone Madison, attirando subito l'attenzione del piccolo che trilla entusiasta.
"Grazie" mimo alla mia migliore amica, che mi fa l'occhiolino mentre un divertito Andrew afferra Ly per le braccia, facendolo ondeggiare in aria.
"Olivia" Jimmy sia vicina con are imbarazzato e dispiaciuto "Voglio solo che tu sappia che davvero io non ne sapevo nulla. Ti prego Hol dimmi che mi credi, ti scongiuro" mi supplica sincero, e io gli credo
"Jim, lo so. Sta tranquillo" lo abbraccio velocemente con un lieve sorriso, poi lo spintono verso il suo fidanzato "ora andate, godetevi il tempo insieme prima che finiscano le vacanze" sorrido divertita sfilando poi il cappotto. 
Salgo al pieno di sopra raggiungendo la mia camera. Quando entro, la stanza è avvolta nel buio, l'unica cosa che illumina il volto di Dylan seduto all'angolo del letto, è la luna che riempie il cielo e che irrompe dalla finestra. 
Ha i gomiti sulle ginocchia, il viso tra le mani, e non si muove neanche quando mi siedo al suo fianco. 
Sento il suo dolore, la sua disperazione, ora li sento davvero, e mi piace il cuore. 
"Avremmo mai un po' di normalità?" la sua voce è bassa, sarcastica, ferita.
"Beh, forse in un'altra vita"
"Ti amerei anche in quella, Hol. Ti amerei in ogni vita, perché sei tu quella che ho scelto di amare. È a te che ho dato il mio cuore, anche quando ero in Italia, anche quando eri malata, quando ho creduto di morire, senza di te. Ti amavo anche lì, non ho mai smesso di farlo"
"Ma hai scelto di andare via"
"No, ho scelto di salvarti, di sacrificarmi, perché tu per me sei sempre stata più importante"
"Potevamo farlo insieme"
"E se fossi morta? E se il cancro ti avesse portato via da me?"
"E se non l'avesse fatto?"
"Stavi mordendo, e io non potevo aspettare. Ma non ho mai smesso di farlo, neanche nei miei tre anni in Italia"
"Fare cosa?"
"Amarti" 

In This LifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora