~ First Kiss ~

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"È una vita bellissima.
Rimarrò al tuo fianco.
Sarò proprio dietro di te.
Un amore bellissimo.
Se sono con te sotto questo cielo,
anche soltanto respirare mi rende felice.
È una vita bellissima.
Un bellissimo giorno."

Beautiful
Crush




Era carino il suo modo di dire per favore. Anche quando implorava risultava carino. L'avevo perdonato non appena era arrivata la foto ma volevo essere freddo ancora per un po'. Aveva le mani calde, morbide, nonostante mi trattenesse ben saldo. Quando abbassai lo sguardo su di essa vidi che era rossa e gonfia.
- Cosa hai fatto? - e piano, la presi tra le mie. Scosse la testa sorridendo: - Questa volta ha vinto il muro. Passerà in fretta. - rispose. Sgranai gli occhi e li alzai verso di lui, cercava di mostrarmi uno sguardo rassicurante, era poco convincente. - Tornerò con te. - dissi. Se quel pugno era stato dato per causa mia non potevo perdonarmelo. Quando dissi a Taehyung che sarei tornato con l'autobus non fu molto contento. Non lo diede a vedere ma l'espressione dei suoi occhi parlava chiaro. Anche Namjoon salì sul bus, non voleva lasciarmi solo. - Dove ti piacerebbe andare? - chiese Yoongi quando il mezzo aveva ricominciato il suo viaggio.

- Sei tu che devi farti perdonare, in oltre non conosco molto bene Seoul. - volevo fosse un posto speciale, qualcosa che avrebbe ricordato noi. Lui sorrise: - C'è un posto, dove sono andato solo una volta nei primi giorni a Seoul. Ti porterò li. - ci pensai. E se ci fosse andato con qualcuno? Se quel qualcuno fosse stato Jimin? - Perché hai il viso corrucciato? - chiese assumendo la mia stessa espressione. Mi morsi il labbro e scossi la testa. Non volevo che pensasse fossi stupido. - Sono andato da solo, se è questo che ti preoccupa. - sgranai di poco gli occhi e voltai lo sguardo altrove. Ne fui felice. Felice perché mi capiva, felice perché voleva condividere qualcosa con me e felice perché era lui, l'unico che aveva preso tutto il mio cuore. Arrivammo a Seoul in serata, eravamo stanchi e non vedevo l'ora di andare a letto, eppure, quando Yoongi mi fece la domanda, non esitai un attimo. - Ti senti di andare a mangiare? Possiamo anche andarci un'altra volta. - scossi la testa e sorrisi. - Sto morendo di fame. - non era una vera e propria bugia, stavo morendo ma dal mio desiderio di lui.

Con la macchina percorremmo strade che ancora mi erano sconosciute, guardavo ogni cosa ci fosse intorno a noi. - Sei una persona che osserva molto vero? - chiese Yoongi, sorrisi e mi voltai verso di lui. - Sono curioso del mondo. Se poi c'è qualcosa che mi piace tanto, voglio conoscerne ogni sfaccettatura. - risposi, non distogliendo lo sguardo. Divenne color ciliegia e avrei tanto voluto accarezzargli il viso. - Siamo arrivati. - ed io spalancai la bocca. Era grande e bellissimo, Jihwaja Seoul si chiamava, dopo quella sera divenne il mio ristorante preferito. Ordinammo tante cose, il personale era gentilissimo ed io mi sentii a casa. Era come se quella non fosse stata la prima volta. Parlavamo tranquilli del più e del meno, lui riempiva il mio piatto ed io facevo lo stesso con il suo; quasi fosse una cosa normale tra di noi.
- Me lo dici cosa è successo alla tua mano? - dissi, passandomi un tovagliolo sulle labbra. Deglutì e posando le bacchette: - Ho immaginato che quel muro fosse la mia faccia. Ho pensato di averti perso. - rispose. Quello a deglutire fui io stavolta, avere la certezza che anche lui provava le stesse cose mi fece tremare il centro del petto.

Pagammo il conto a metà, dopo varie guerre su chi doveva farlo o meno. Saliti in macchina lui girato che stava litigando con la cintura, io guardavo il suo profilo immaginando come potesse esserlo da mordere. "In barba." dissi tra me e me e, lentamente, mi avvicinai a lui. Quando si voltò, le sue labbra finirono sulle mie; morbide, calde e buona da far paura. Si staccò piano, mantenendo sempre quella relativa distanza che ci separava: - Miane. - sussurrò e il suo respiro sfiorava impertinente la mia bocca. Anche il semplice chiedere scusa mi eccitava, non m'importava più di niente, volevo baciarlo ancora. La mia mano raggiunse il suo viso e miei occhi si ancorarono ai suoi:
- A me no. - sussurrai di rimando. Annullando quel poco spazio che ci separava, stavolta lo baciai come si doveva. Come si meritava di essere baciato; con dolcezza, sfiorando piano quei piccoli boccioli di ciliegio. Sentii la sua mano sul mio fianco stringere poco, come a volermi trattenere; come se io volessi scappare. Quando lo liberai dalla mia presa, sfiorai piano il suo naso e sorrisi. Sbatté le palpebre un paio di volte e ricambiò. Per tutto il tragitto non dicemmo nulla, nessuna parola era necessaria; le nostre mani, si carezzavano piano, bisognose ognuna del tocco dell'altra.

𝑆𝑝𝑟𝑖𝑛𝑔 𝐷𝑎𝑦Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora