PROLOGO

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"Alzati, Ignis!" urla una voce che non si può di certo definire soave. Emetto una specie di grugnito contrariato, mentre mi aggrappo un ultimo momento al sogno di quella notte, provando a ricordarlo, a portarlo ancora con me e mi giro dall'altra parte presa dal sonno.

Angeli.
Creature alate con candide piume.
Rinchiusa in una gabbia fatta di ali come se stessi soffocando, rendendomi poi conto che solo in mezzo a quelle piume posso respirare. Quelle piume che serpeggiano fra le mie dita, facendomi il solletico.

Un sogno di appena poche ore fa sembra però essere una realtà troppo lontana per me.
Afferro quel vago ricordo, lo rinchiudo saldo nella mia mente e provo a riviverlo, mentre le uniche cose che però mi avvolgono sono le coperte stropicciate dalla notte.

Sto quasi per riaddormentarmi, quando sento qualcosa di morbido posarsi sulla mia pancia.

"Levati, Theodor!" gli dico seccata,
ma lui non sembra avere intenzione di andarsi a trovare un altro posto in cui stare. Cerco di spostarlo col braccio, ma finisco per ottenere un semplice graffio.

Ormai quel sogno può essere considerato un momento lontano che posso ricordare solo pezzi

Alla fine mi alzo per il dolore al braccio, che scopro essere sanguinante, lui finisce per terra con un tonfo ed emette un miagolio di disappunto.

Mi lascio sfuggire un sorrisetto soddisfatto, fiera di aver avuto la mia vendetta, mentre lui agita la coda evidentemente infastidito e se ne va.

Mi fermo per un momento a guardare il letto vuoto e disfatto di Marg e poi mi decido ad abbandonare il mio.

"Ehi, rossa." mi saluta mia sorella fissando per un momento la mia chioma folta selvaggia che ricopre tutta la schiena.
"'Giorno, Marg. Già sveglia?"
"Sì, da un'oretta." Non mi presta molta attenzione e finisce di mangiare guardando la TV.

"Buongiorno, amore." Dice mia mamma intenta a preparare le padelle per friggere
"Ciao, mamma." faccio io con un sonoro sbadiglio.

"Oggi preparate i bagagli?" la sua voce è dolce e pacata, ben diversa da quella di appena dieci minuti fa. Esito per un attimo, continuando a guardare il suo stretto chignon scompigliato, legato da un morbido elastico verde che fa contrasto con i capelli rossicci, poi le rispondo: "Sì, e stavolta è meglio che tua figlia si ricordi il sacco a pelo, perché non ho intenzione di condividerlo con lei."

"È tua sorella, non mia figlia", ribatte ridendo. Io e lei abbiamo sempre avuto questo rapporto di complicità, ci capiamo al volo, soprattutto quando decidiamo di coalizzarci contro qualche altro membro della famiglia.

"Se non è mia sorella e non è tua figlia mi chiedo che ci faccia ancora qui, io qualche domanda me la farei." un altro sorrisetto mi si dipinge sulle labbra rosee e screpolate.

"Siete gemelle, è un po' difficile che lei sia stata adottata, non credi?!" Sento il sarcasmo animare la sua voce ad ogni battuta che fa.

"Non ci somigliamo, magari ho ancora qualche speranza di essere figlia unica", continuo io, aspettandomi stavolta un mezzo rimprovero da parte sua.

"Meglio che ti sbrighi, altrimenti Marg viene e sgrida entrambe." Fa lei sghignazzando. Mi affretto a guardare i suoi grandi occhi scuri e profondi, appena prima di lasciare la cucina.

Vado in camera mia e prendo lo zaino dall'armadio, lo getto poi ai piedi del letto con disinteresse e mi abbandono su quest'ultimo affiancando lo zaino. Vederlo vuoto con tutte le cose da mettere dentro sparse sul letto mi fa venire una noia assurda. Sbuffo cercando di resistere alla tentazione di coricarmi e lasciar perdere tutto ma poi, per fortuna, il telefono mi salva:

LE CITTÀ NEMICHEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora