TRA SOGNO E REALTÀ

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"Forse è meglio se ti svegli." Mi viene ripetuta più e più volte questa frase, come un sussurro.

"Mm... Non voglio." Mugugno io girandomi dall'altra parte del letto.

"Ma così come faremo a stare insieme?! È da così tanto tempo che non ci vediamo." Adesso è quasi un sibilo.

Conosco questa voce ma non riesco a capire a chi appartiene. Il suono va da un orecchio all'altro, come se la persona che mi parla stesse girando da una parte all'altra del letto.

"Smettila, voglio dormire."
"Avrai tanto tempo per dormire, per ora dobbiamo solo stare insieme."

"Chi sei?" Chiedo ancora mezza addormentata.
"Non mi riconosci più?" Chiede fingendo preoccupazione.

"Non posso riconoscerti, ti ho detto che ho sonno." I miei occhi si rifiutano di aprirsi e li sento sempre più pesanti, così come sento il bisogno di tappare le orecchie e tornare a dormire.

"Apri gli occhi. Anche solo un po' e guardami." Mi sta tentando. Continua a sibilare ma io non voglio vedere. Ho sonno
"Alzati." Non rispondo.

"Alzati." Mi ripete la voce, così simile ma anche così distante dalla mia memoria.
"ALZATI!" Urla e stavolta decido di aprire gli occhi, così forse mi lascerà in pace.

Alzando le palpebre riesco solo a vedere appannato, ma riconosco subito dei boccoli castani che oscillano avanti e indietro.

Che scenario divertente. Sorrido lievemente alla vista di quei capelli, quasi divertita, ma la persona di alza e se ne va.

Così riesco ad aprire meglio gli occhi e scopro di essere in una stanza bianca. Mi alzo dal pavimento in cerca di quella persona, credo fosse una ragazza.

Comincio a camminare, non so dove di preciso, ma i miei piedi si muovono da soli.

Sento un rumore: un battere contro qualcosa. Un rumore lento e ipnotico, un rumore ripetitivo e angosciante. Qualcosa che magari vive solo nella mia testa.

Il mio camminare diventa correre, i miei occhi si muovono in fretta da destra verso sinistra, in cerca del minimo movimento.

Vedo qualcosa davanti a me. Non riesco a capire cosa sia, è troppo piccolo.

Mi avvicino lentamente, sentendo la paura impadronirsi di me. Mi tremano le gambe, le mani e i miei passi si fanno sempre più lenti e insicuri. Questa è paura. Questo significa avere terrore.

Più mi avvicino e più riesco a vedere quel che è davanti a me, ma una nebbia mi circonda.
È intorno a me.
Mi fissa.
Quasi mi protegge.
Mi controlla.

Adesso corro. La paura è diventata coraggio, o forse è diventata terrore. Forse sono così terrorizzata da voler scappare da tutto questo.

Raggiungo il mio obiettivo. Quel qualcosa che tanto desideravo vedere è una scatola. Una grande scatola a dire il vero. È a misura d'uomo ed è fatta in vetro.

Rimango un po' delusa, lo ammetto. Mi aspettavo qualcosa di diverso, di più grande, di più bello.

Resto a fissare quella grande scatola per non so quanto tempo; forse alla ricerca di qualche risposta, di qualche chiarimento, ma la mente non mi suggerisce nulla.

Sento una presenza alle mie spalle, mi sta venendo incontro ma io non mi giro. Non sento né il coraggio né il bisogno di farlo.

Una mano si posa sulla mia spalla che, subito dopo, viene attraversata da un brivido. Mi sento al sicuro, protetta, con la certezza di poter stare tranquilla: una sensazione che non provo da tanto tempo.

"Voltati." Mi ordina una voce. È la stessa che fino a poco fa mi intimava di alzarmi. Io rimango immobile. Più lei parla e più io non riesco a obbedirle.

"Questa è l'ultima possibilità che hai per vedermi."

Va bene  penso io con fare ovvio.

"Da viva." Aggiunge subito lei. Spalanco gli occhi cercando di non far notare alla ragazza tutta la mia preoccupazione.

Sento la mano che mi stringe la spalla e mi irrigidisco di colpo, mentre un respiro caldo mi accarezza ritmicamente il collo scoperto.

"Uno..." comincia a contare e stringe un po' di più la pelle. Il mio respiro comincia a farsi affannoso e lei sembra notarlo, ma la sua stretta non cambia minimamente.

"Due..." continua mentre sento la spalla sinistra sempre più dolorante nella sua morsa. Inizio a farmi prendere dal panico.

"Tre." Sentenzia infine. Ora usa direttamente le unghie e il dolore si fa sempre più acuto. Di colpo lascia la presa su di me e io rimango paralizzata. Ancora una volta mi rifiuto di guardarla.

Chiudo gli occhi facendo un sospiro di sollievo e, non appena li riapro, il mio sguardo finisce sulla scatola in vetro che, con mia sorpresa, non è più vuota.

Al suo interno c'è la ragazza di prima. Non so come io possa dire con certezza che si tratta di lei, ma ho questa sensazione. La guardo attentamente mentre lei batte sulla parete della scatola con la mano. È lo stesso rumore di prima.

Mi avvicino a lei e la osservo più attentamente. Chiudo di nuovo gli occhi e faccio un altro respiro profondo cercando di calmarmi ma riaprendoli noto che la situazione è peggiorata.

Nella scatola c'è Marg. Adesso lei batte più forte e io sono spiaccicata al vetro, cercando di parlarle, con lo sguardo terrorizzato.

"Perché non mi hai guardata?! Perché non mi hai salvata?!" Grida lei in preda al panico. Comincia ad agitarsi e io resto semplicemente a fissarla, troppo presa da tutto per fare qualcosa.

"Calmati, Marg." Le sussurro piano.
La scatola comincia a riempirsi d'acqua e lei si agita ancora di più.

"Sto morendo! STO MORENDO!" Grida dando colpi molto forti dall'interno.

"È TUTTA COLPA TUA! DOVEVI SALVARMI, IGNIS!" Intanto l'acqua continua a salire, lentamente, ma il tempo passa anche fin troppo in fretta.

Viviamo questi ultimi atti nel panico totale finché il livello dell'acqua arriva alla sua bocca. Lei si affretta a fare un ultimo respiro, prendendo più aria possibile, e attende di essere travolta.

Una volta che la scatola è totalmente piena la guardo galleggiare, mentre continua a battere sul vetro, ormai più piano.

Si è del tutto calmata ed è diventata pallida. Io rimango a fissarla, ancora incredula davanti a quello che vedo. Chiude lentamente agli occhi e si accascia morente a una parete della scatola.

Non ho nemmeno il tempo di urlare il suo nome che mi sveglio di colpo. Sono nella mia stanza a casa di Lucifero. Sto respirando con affanno e sono tutta sudata.

Era tutto un sogno per fortuna. Mi alzo dal letto e mi avvicino allo specchio per vedere come sono conciata.

Guardo i miei capelli rossi bruciacchiati. Devo ammettere di aver appiccato proprio un bell'incendio ieri sera.

Sento poi uno strano dolore, a sinistra. Volto la testa posando gli occhi sulla spalla e noto dei segni rossi. Sono graffi. Segni lasciati da unghiate. Esattamente dove mi aveva colpita Marg.

LE CITTÀ NEMICHEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora