IL MATRIMONIO

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Pronta o meno, mi ritrovo a salire in quella macchina nera con Lucifero seduto al posto passeggero ed Elys che mi saluta dal finestrino con aria triste.

Ecco la mia rovina. Sono arrivata alla fine e non mi rimane che accettarlo. Passo tutto il tragitto a guardare fuori dal finestrino, o meglio, a fissare sul finestrino le gocce di pioggia che si rincorrono tra loro.

E a quel cumulo di acqua si aggiunge anche la mia sotto forma di sudore. Sto sudando freddo.

Ho tanta ansia e la mia mente mi porta a pensare a tutto quello che succederà nelle prossime ore, a tutta la mia dignità che verrà a mancare in pochi minuti.

"Allora, dolcezza, che te ne pare?!"
"Di cosa?!"
"Di tutto questo."

"Se ti riferisci al modo in cui mi farai ammazzare credo che tu sia stato molto astuto."
"Se rispetti il piano non ti verrà fatto del male."

"Tanto lo so che mi rimane poco."
"Ti rimane poca fiducia, Ignis, non poca vita." Per quanto abbia scherzato con un sorrisetto sghembo dipinto sul volto fin ora, questa frase è detta con tutta la serietà che ha in corpo.
"Non mi fido di te. Mi hai portato via tutto."

"Ed è qua che sbagli: non sono stato io a farti del male, ma qualcuno che hai avuto vicino per molto tempo."

"ROYCE ED ELYS NON MI HANNO MAI FATTO NIENTE DI MALE!" Grido con tutto il fiato che mi rimane in gola.
"Non parlo di loro, stupida." Mi ammonisce con tranquillità e scuotendo la testa subito dopo in segno di disapprovazione.

Rimango zitta con l'intenzione di non rivolgergli la parola finché non mi avrà dato delle spiegazioni decenti. Lui mi guarda e non proferisce parola. Rimaniamo a fissarci a vicenda per un po' poi lui si gira e non mi dà più conto.

"E di chi allora?" Chiedo con un sussurro ancora bisognosa di risposte. Ha vinto lui anche questa volta. Sa benissimo che non posso stare senza parlargli, che se voglio spiegato tutto devo supplicarlo e sa anche fin troppo bene che sono debole e manipolabile.

Non mi servono minacce per farmi il lavaggio del cervello, ma parole. Mi basta sentire qualcosa di convincente per cambiare idea su qualsiasi cosa.

Devo essere un bersaglio facile per lui, così come lo sono per tutti. Ho ancora troppe cose da imparare, devo capire come si diventa forte, come si trattengono le lacrime, come si odia senza rimorso, come...
"Hale." Dice lui interrompendo i miei pensieri.

"Cosa?"
"Hai sentito."
"Hale?!"
"Ti ha tenuto nascoste molte cose. Lui sa tutto su di te, sulla tua vera natura, cose che tu non hai mai nemmeno immaginato." Sta sibilando. La sua voce calma e persuasiva è diventata un sussurro allettante.

"Conosco già i segreti di Hale." Ribatto con freddezza sperando che non si accorga di tutta l'ansia che mi attraversa provocandomi brividi continui.

"Nome conosci alcuni, non tutti."
"Qua l'unico che mi tiene cose in segreto sei tu."

"Io qualcosa te la dico. Io ti svelo chi si è rifiutato per quindici anni dirti la verità: i tuoi genitori per esempio."
"Smettila, non ti ascolto."
"È buffo che debba passare sempre io per quello cattivo, non credi?"

"Hale ti ha mai detto qualcosa?" Decido di non rispondergli. È meglio se non gli do ascolto. Preferisco aspettare semplicemente che questo interminabile viaggio finisca.
"Allora?!" Chiede lui alzando la voce. Ancora nessuna risposta da parte mia.

"Questi sono i momenti in cui mi viene l'istinto omicida nei tuoi confronti. Io stavo solo cercando di aiutarti a capire e tu, tanto per cambiare, non mi ascolti. Ma tranquilla, resta pure nella tua ignoranza, prima o poi sarai davvero assetata di risposte io non sarò qui a dartele."

Non appena finisce di parlare apre lo sportello ed esce dalla macchina. Io nel frattempo non mi sono nemmeno resa conto di essere già al tribunale.

Rimango seduta, ancora incerta su quello che devo fare. Vedo lo sportello aprirsi e mi volto di scatto, ritrovandomi l'autista davanti e la sua mano tesa verso la mia.

La afferro e cerco di alzarmi nonostante il grande vestito che ingombra buona parte dell'auto. A questo punto due demoni mi scortano all'interno del tribunale e mi lasciano in una stanzetta vuota.

Aspetto con ansia, ormai divenuta la mia migliore amica, di essere portata nella sala principale. Voglio solo che tutto questo finisca e in fretta. Nel frattempo rimango in piedi, a pensare, con gli occhi fissi nel buio e le gambe che a momenti cedono.

Per questo mi siedo a terra non curante di quanto si sporcherà il vestito, nascondendo semplicemente il viso tra le ginocchia, proprio come facevo da piccola quando avevo paura di farmi trovare.

Ero sempre nel solito posto, sempre dentro l'armadio in cerca del mio porto sicuro, ma incapace di trovarlo.

La porta cigola e io mi risveglio abbandonando tutto quello che ha popolato la mia mente fino a ora.
"Una principessa come te non dovrebbe stare per terra."

Eccolo di nuovo.
Lucifero.
"Non sono una principessa." Ribatto col solito tono acido.
"Fra poco lo sarai, non preoccuparti. Manca poco, Ignis. Ancora poco e mi apparterrai."
"Appartengo a Royce."

"Ma che fidanzata fedele. Deve averti addestrata bene. Qualche volta devo farmi dire da lui come ha fatto."
"Mi ha semplicemente amata."

"Sì, dicono tutti così." Una terza voce interrompe la nostra discussione per dirci che sono pronti per la cerimonia. Un respiro profondo e Lucifero mi prende la mano, non con delicatezza, ma con arroganza.

Usciamo da quella stanza e ci ritroviamo nell'atrio: il luogo in cui tutto è cominciato. Ho paura. Ho il diritto di averla.

La mano libera comincia a tremarmi e l'ansia mi riempie. Ho sempre finto di essere più o meno tranquilla con lui ma ora ho paura e non mi vergogno di averne.

Arriviamo nella stanza del processo, dove tutto questo è cominciato. Tutte le sedie sono occupate da demoni e ce ne sono anche molti in piedi. Lucifero continua a camminare, guidandomi così verso l'inferno, quello vero.

Cerco con lo sguardo Elys ma i miei occhi incontrano qualcun altro: Royce. Mi fissa con gli occhi lucidi e colmi di delusione. Non appena le nostre pupille si distaccano lui comincia a camminare lentamente verso l'uscita e qualcosa dentro di me si rompe.

La cerimonia comincia, prosegue e io rimango imbambolata con gli occhi e la dignità persi nel vuoto. A risvegliarmi dallo stato di shock è un coltello che viene passato sulla mia pelle portando del sangue a uscire dal mio braccio ormai pallido.

Quel liquido rosso che vorrei tanto vedere uscire da Lucifero finisce in un calice e lui lo beve. Un conato di vomito mi attraversa la gola.

Poi lui fa lo stesso sul suo braccio, il sangue finisce in un altro calice e quest'ultimo viene portato alle mie labbra che serro immediatamente, non appena capisco il suo intento.

Lui tira più in basso il mio mento facendomi aprire la bocca e versa il sangue al suo interno. Poi, tenendomi sempre per il mento, mi porta la testa indietro e ingoio quel liquido così caldo e disgustoso.

Con questo si conclude la cerimonia e iniziano i festeggiamenti. Lucifero dichiara a tutti i demoni presenti il buffet aperto e io esco dal tribunale andandomi a sedere su una panchina del parco circostante per stare un po' sola.

Porto automaticamente le ginocchia alla testa e le lacrime incontrano il mio vestito per la seconda volta in questa serata. Non so per quanto tempo resto qui a piangere in silenzio, ma sento una mano poggiarsi sulla mia spalla e sussulto dalla paura.

Chiunque sia ha sicuramente capito che sono spaventata e io continuo a rimanere rigida sotto il tocco di quella mano che mi incita tanto timore e troppa ansia.
"Sono io." Dice semplicemente la voce: è Royce.

LE CITTÀ NEMICHEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora