Capitolo 9

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Rimasta sola per l'ennesima volta, sola col suo dolore Asia tornò a sedersi sul pavimento, le ginocchia strette al petto e le lacrime incontrollabili a bagnare il viso ed i pantaloni. Ricordava ogni istante di quel giorno maledetto.

"Quel giorno di marzo era iniziato come tanti altri, una colazione consumata di fretta ma sempre insieme, seduti al tavolo della loro piccola cucina a bere caffè e mangiare biscotti. Si erano vestiti e preparati insieme, condividendo il bagno e litigandosi lo specchio che era sempre troppo piccolo per loro due.
Infine come ogni mattina si erano dati un bacio ed erano usciti di casa per andare ai rispettivi lavori. Promettendosi una telefonata in pausa pranzo. Inutile dire che non arrivò mai quella chiamata.
Ad Asia ne arrivò un'altra a metà mattina. Era appena suonata la campanella della ricreazione che il telefono prese a suonare in modo insistente. Sua madre. La ignorò per due volte ma alla terza si rese conto che probabilmente aveva qualcosa di importante da dirle.
La voce di sua madre non era normale, non era riuscita a capire cosa avesse quella voce in quel momento, sicuramente era preoccupata ma c'era altro. <Asia. Sto venendo a prenderti al lavoro>. Aveva provato ad obiettare, a capire, a ricevere spiegazioni ma su tutto inutile la chiamata venne chiusa.

In auto sua madre era silenziosa ma le disse che Tommaso aveva avuto un incidente quella mattina, proprio andando al lavoro.
L'angoscia iniziò a pervaderla, voleva sapere esattamente come era accaduto, cosa si era fatto e soprattutto come stava lui. Ma non le venne data nessuna spiegazione.

In ospedale sua madre la guidò nel corridoio giusto, in quel bianco indecente e quell'asfissiante puzza di alcool e pulito non riusciva a ragionare, non capiva cosa accadeva. Fino a quando intravide sua cognata su una sedia, le ginocchia al petto ed il viso nascosto. Sua suocera avvolta stretta nellabbraccio del marito. Bastò uno sguardo. Un unico sguardo con gli occhi spenti, rossi e bagnati di lacrime amare da parte di sua suocera. <Asia, lo... Hanno... Investito...>. Il mondo iniziò a vacillare, ogni cosa tremava in precario equilibrio, nulla era più al suo posto, con voce rotta da ansia e preoccupazione riuscì a chiedere un come sta, forse troppo debole per essere realmente udito ma in quel momento forse non servivano parole. <Sono arrivati tardi... Non c'era più nulla... Da fare... >.

Un grido muto le uscì dalle labbra, mille no scappato o fuori violenti insieme a migliaia di lacrime. Le gambe non erano in grado di tenerla in piedi e cedettero per gli affari loro e fu il padre di Tommy a prenderla al volo, stringerla a sé come la figlia che non era ma che ormai era diventata.
La tenne in piedi con la forza di un uomo che aveva appena perso il figlio ma che tentava di essere forte per le sue donne. Aveva il viso affondato in quell'abbraccio che ricordava quello di Tommy.

E li in quel momento, in quel devastante istante si rese conto che non ci sarebbero più state mattinate uguali, baci da cercare, abbracci in cui rifugiarsi. Non ci sarebbero più stati viaggi da organizzare, sogni da condividere. Non ci sarebbero più stati pigri pomeriggi invernali per vedere film e fare l'amore. Non ci sarebbe più stato il sogno di una famiglia insieme, un matrimonio. Una pancia da veder crescere.
Ogni cosa che era che avrebbe potuto essere non sarebbe più stata. Non ci sarebbe più stato un futuro.

Lui l'aveva lasciata. Era volato via. Era sola."

***
Ermal quella notte non riuscì a trovare pace, i sensi di colpa lo attanagliavano, ogni volta che chiudeva gli occhi rivedeva il dolore nel volto di Asia. Il modo in cui gli aveva sputato in faccia la verità, la sua intima e privata verità.

È morto. È morto cazzo.

Parole indelicate e potenti che rimbombavano continuamente nel suo cervello. Aveva agito d'impulso perché voleva che lei messa alle strette ammettesse quello che provava realmente per lui, era certo che lei provasse qualcosa.
Voleva capire come si poneva nei suoi confronti. E invece l'aveva messa con le spalle al muro e costretta ad ammettere il suo dolore.

Aveva rovinato il rapporto con lei, in un certo senso lo sentiva. Affondò il viso nel cuscino per nascondere anche a sé stesso le lacrime.
Avrebbe voluto tagliarsela quella lingua biforcuta, era uno di quei momenti in cui avrebbe voluto avere dei filtri, essere in grado di misurare le parole, non trovarsi a distruggere le persone in quel modo.

Lei era fragile come quelli che hanno sofferto tanto, ma anche forte come chi non aveva mai mollato. Nel profondo dell'anima lei era come lui. Anime simili nella sofferenza, nella forza, nella fragilità. Così nascosti dietro le loro corazze di dolore da essere incapaci di vivere emozioni vere. Incapaci delle mezze misure, per lui era tutto per lei era niente.   

Era un dolore dal quale non si poteva uscire né scappare. Quando una storia finisce e ci si lascia, lo si fa in modo consapevole e prima o poi si riesce a proseguire.

Ma come si fa davanti alla morte, con lei l'amore non finisce, prosegue oltre, è un amore che sembra unilaterale ma nel profondo del cuore si sa che l'altro non ha smesso di amare.
C'è la paura di tradire, di non riuscire a smettere di amare.

Passarono entrambi la notte in bianco. Ermal per i sensi di colpa. Asia a piangere ogni lacrima e a guardare gli album di foto di loro due. Quell'amore nato tra i banchi di scuola a cui nessuno dava una lira. Loro due bellissimi insieme.

È stato difficile questo capitolo da scrivere e non mi soddisfa molto la parte finale ma era doveroso entrare nel profondo del dolore di Asia. Fatemi sapere che ne pensate.

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