Capitolo 60

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Ermal rimase di sasso quando Asia chiuse la porta, con la mano andò a coprire quei segni infami, li sfiorò con delicatezza ed una nuova emozione prese il sopravvento, qualcosa di nuovo ed inaspettato.
Qualcosa di orribile e inaccettabile.

Rimpianto, una delle cose peggiori che un essere umano possa provare.
Si maledisse ancora una volta.
Rimpiangeva di averla lasciata correre via, rimpiangeva di essersi abbandonato al piacere carnale per dimenticare una piccola e dolce fata.

L'aveva persa.

Andata via come un sogno meraviglioso che scivola via dalla memoria al mattino e lascia dietro sé quella scia di vuoto, talvolta persistente.
Come il desiderio di tutto ciò che avrebbe potuto essere e che non sarà mai.

L'aveva persa.

Tornò in auto quasi di corsa, a perdifiato per non pensare a ciò che aveva appena vissuto, gli sembrava d'essere al cinema a vedere la vita di un altro.
Batté forte la mano sul volante, un pugno che fece suonare d'improvviso il clacson e che attirò lo sguardo incuriosito di alcuni passanti che percorrevano annoiati quella stradina poco illuminata di Milano e a cui lui gettò un'occhiata di disprezzo.

L'aveva persa.

Non riusciva a capacitarsi di ciò che era appena accaduto.
Lei gli aveva letteralmente chiuso la porta in faccia, aveva messo la parola fine alla loro relazione.
Non poteva biasimarla, la capiva e soprattutto si era reso conto di una cosa.

Asia era cresciuta per davvero in quelle settimane, lo aveva capito dal modo in cui si era rivolta, le parole usate ed il modo di fare.
Aveva sicuramente pianto ogni lacrima anche lei, ma aveva lavorato sulle sue emozioni e certezze per andare avanti.

Lei come la donna forte quale era si era chiusa a riccio e aveva guardato dentro sé, aveva trovato nel suo cuore la forza per alzarsi ancora e mostrare al mondo il suo sorriso splendido.
Lei se n'era andata ora.

L'aveva persa.

Ora era definitivo più di prima perché Ermal lo sapeva bene, quando una donna passa oltre, quando supera un dolore, quel passaggio è definitivo, un biglietto sola andata per il futuro e non c'è mai spazio per un piccolo pezzo di passato.

Chiuso nella sua auto cercò di reprimere le lacrime con un discreto successo, provava più rabbia che tristezza.
Contro sé stesso, contro la sua musica e si, anche contro di lei che pareva una dolce bambina indifesa ma che sapeva rialzarsi sempre con la forza di un gigante.
Era arrabbiato anche perché lei non aveva mai bisogno di nessuno, lei si salvava sempre da sola ed era andata avanti senza aspettarlo.

Prima o poi lei avrebbe amato ancora e qualche uomo meno coglione di lui avrebbe goduto di quell'amore, qualcun'altro avrebbe ascoltato le sue poesie e forse questo non ne avrebbe mai, realmente, apprezzato il valore. Un altro uomo sarebbe stato al suo fianco e non lui che per lei sarebbe stato disposto a tutto.

- Che cazzo faccio ora senza te? COSA?!? COSA CAZZO FACCIO IO????

Un urlo solitario e disperato all'interno dell'abitacolo ma che fu ben percepito all'esterno e che portò su di lui altri incuriositi ed invadenti sguardi di passanti.
Era il caso di spostarsi da lì prima che qualcuno intimorito da quei deliri di un uomo sofferente chiamasse la polizia. Prima che qualche paparazzo fastidioso potesse pizzicarlo in quella situazione.

Ma lui in realtà non sapeva dove andare, avrebbe volentieri vagato per Milano senza una meta e senza la sua metà.
Accese l'auto e ingranò la prima, andava lento e percorreva la strada senza guardarla per davvero, si muoveva come un automa guidato dall'istinto.
Il computer di bordo lo avvisò che c'era una chiamata in arrivò, sperò con tutto sé stesso che fosse Asia e rimase deluso quando vide che era solo sua sorella.
Chiuse la telefonata senza nemmeno rispondere.
Lei non tentò di chiamare una seconda volta, se era fortunato non si sarebbe fatta viva fino all'indomani, lontana com'era avrebbe creduto che fosse impegnato con la sua musica.

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