Abbiamo fatto gruppo compatto.
Inconsapevolmente, accidentalmente, ma abbiamo fatto gruppo.
Non avevamo alternative.L'abbiamo circondata, gravitandole attorno come fosse il sole e noi i suoi pianeti.
Ma abbiamo dovuto.Dopo tre settimane ha convinto suo fratello a mandarla a scuola, ed ora Elsa si aggira per i corridoi con sguardo basso, il labbro fra i denti, le braccia strette al petto, le unghie conficcate nella carne, come cercando di aggrapparsi alla realtà per non cedere ai ricordi.
Aveva riportato una commozione cerebrale, era guarita in fretta.
Ma il trauma subìto era radicato in lei, artigliandole la mente e condizionandola irrimediabilmente.E noi abbiamo fatto gruppo.
Ci siamo guardati negli occhi, io, Adam, Alessandro e Jasmine, e senza dire una parola ci siamo coalizzati: ora siamo il suo scudo.
La notizia di quella notte si è sparsa con incredibile velocità grazie ai giornalisti: la tenevano d'occhio già da un po', per colpa mia, perché stare con me l'ha messa sotto i riflettori.
E voci maligne, sussurri, hanno sùbito cominciato a serpeggiare, strisciando e sibilando come infimi serpenti.
Le parole "puttana", "troia", riecheggiano come echi distanti, ad ogni respiro.Non ho trovato le persone che la insultano, ma ho fin da subito saputo che avrei dovuto proteggerla da quelle perfide parole.
Ed ora eccomi qui: con le spalle al muro, distante da Elsa, a sorvegliare con sguardo seattante ogni movimento suo, e di chi la circonda, scambiando occhiate fugaci con Jasmine, che la accompagna ovunque vada, minacciosa.
Elsa è una fiamma spenta, un incendio soffocato: è solo la cenere di ciò che era.
Il viso è smunto e pallido, lo sguardo vuoto, le occhiaie livide, le labbra esangui.Finge ogni tanto un sorriso, cercando di rassicurare le persone che le vogliono bene, ma senza riuscirci.
Se non ci fosse Jasmine, resterebbe da sola, a rimuginare.
Non parla con nessun'altro.Si tiene lontana dai ragazzi, osservandoli spaventata e incerta, non osando nemmeno sfiorarli.
Sopravvive alla vita, guardandola mentre le scorre davanti, non tentando nemmeno di afferrarla.
Quando cammina per i corridoi, gli studenti la seguono con lo sguardo in modo palese, squadrandola dalla testa ai piedi, con espressioni che variano dalla compassione al menefreghismo.
Il suono del telefono mi fa distogliere lo sguardo da Elsa, che si trascina verso la sua classe accompagnata da Jasmine che cerca di distrarla.
«Pronto?» rispondo, alzando di nuovo lo sguardo e individuando la sua chioma bionda.
«Eric!» squittisce una voce terribilmente conosciuta e terribilmente preoccupata.
«Emily?!» esclamo, sorpreso,mentre fulmino con lo sguardo un ragazzo che sta bisbigliando ad un suo amico qualcosa mentre guarda Elsa.
«Ho saputo solo ora, ero in Spagna con Diego... perché non mi hai detto niente?! Ho provato a chiamare Elsa, ma non risponde...potresti passarmela?»
«No, non posso Em'. Non mi fa avvicinare: avevamo litigato prima che succedesse, e ora che è successo è ancora più diffidente nei confronti del genere maschile.»
«Mio Dio...quanto mi dispiace...» esala, con voce sottile.
«É stato Sam, Em'. Era lui, ma io non l'ho riconosciuto.» rivelo, mentre dall'altra parte Emily trattiene il fiato.
«Sam? Quel Sam?» balbetta.
Faccio un verso d'assenso, mentre in lontananza Elsa si scontra con qualcuno e scatta lontano da lui, sobbalzando.
«Cazzo...» ringhio al telefono, mentre, guardando meglio, noto Manuel avvicinarsi a lei con le mani tese.
«Eric? Che succede?» mi domanda Emily, confusa.
Elsa indietreggia ad occhi spalancati, impaurita, fino a sbattere le spalle con il muro, e serrare gli occhi.
Jasmine si frappone fra lei e Manuel, la vedo parlare, determinata.
Ma Manuel insiste, guardando oltre la sua spalla.«Merda...niente, Em'. Ora devo andare ti...ti chiamo dopo. Ciao.» chiudo in fretta la telefonata, scattando verso Elsa e Jasmine, che ormai sta ringhiando in faccia a Manuel.
-Manuel, vattene.- tuono, mentre mi avvicino a loro, osservando con la coda dell'occhio Elsa, che sembra sul punto di avere un attacco di panico, sempre più pallida.
Manuel si volta nella mia direzione, inarcando un sopracciglio, sprezzante.
Jasmine mantiene la posizione.
Sempre più studenti si accalcano attorno a noi.-Che c'è, Falcinelli, ti rode? Non è più la tua...-
-Questo non c'entra un cazzo, coglione .- lo interrompo, individuando Alessandro e Adam tra la folla, che osservano la scena pronti a scattare.
-Lasciala in pace.- esclama Jasmine.
Dietro di lei, il respiro di Elsa è rapido e irregolare. Si guarda attorno spaventata, come un animale in gabbia.
Faccio un cenno col mento ad Adam, che afferra il telefono e manda un messaggio a Luca.
-Sto solo parlando con Elsa!- si difende, avanzando di un passo verso Jasmine.
Elsa cade in ginocchio a terra, chiudendo gli occhi e respirando velocemente, Jasmine pianta i piedi a terra, allargando le braccia, Adam e Alessandro avanzano di un passo, e la mia mano si serra sulla spalla di Manuel, impedendogli di fare altri passi.
-Manuel. Sono serio: vattene.- ringhio, cercando di non cedere alla rabbia che scoppietta come polvere da sparo nelle mie vene.
Restiamo tutti immobili, muti e tesi per alcuni secondi, ignorando il suono della campanella e sfidandoci con lo sguardo.
Infine, scrollando le spalle, Manuel si libera dalla mia stretta e si volta, dando le spalle ad Elsa e allontanandosi.
Tiriamo un sospiro di sollievo collettivo, Jasmine si inginocchia accanto ad Elsa, e con la voce lenta e calma la esorta ad alzarsi per tornare in classe.
Dopo qualche resistenza, Elsa afferra la mano di Jasmine e la segue verso la classe, con lo sguardo basso, tremante, in silenzio.Adam mi si avvicina e mi dà una pacca sulla spalla, osservando Elsa allontanarsi, preoccupato.
Alessandro si lascia sfuggire un sospiro, affiancandomi e seguendo con sguardo indecifrabile le due ragazze.
-Ho contattato una psicologa.- afferma Alessandro, neutro.
-No.- replica subito Adam, fulmineo.
-Le farà bene.- prova a farlo ragionare.
-Elsa pensava che gli psicologi facessero del bene, Adam: vorrebbe che le avessimo proposto di andarci.- constato.
-Non parlare di lei come se fosse morta.- replica Adam.
Mi volto verso di lui, e lo guardo negli occhi, incontrando lo stesso dolore presente nei miei.
-Se non andrà da uno psicologo, rimarrà così: nessuno di noi lo vuole. Noi rivogliamo la nostra Elsa.- ribatto.
Adam abbassa lo sguardo, arrendendosi e sospirando, sconfitto.
-Ne ha bisogno.- sottolinea Alessandro.
E restiamo così, fermi, a guardare il corridoio vuoto dove prima Elsa passava ridendo, ma dove adesso c'è solo una grande solitudine.
Questo trio scomposto e bislacco, scoordinato e incompatibile, unito dall'affetto per qualcun'altro.
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Visto e rivisto 💕
RomanceVisto e Rivisto 💕 Tutta colpa del Destino ~ 💕 Elsa è una diciottenne che ha un'idea tutta sua sull'amore, e quando una sfida le si presenta davanti, non può far altro che accettarla. Eric è la personificazione del cliché: biondo, occhi azzurri, ca...