LXII~ Custodes

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Quando Aurora ha detto che saremmo diventati una gang se l'avessi fatta entrare nel gruppo, di certo non mi aspettavo che due giorni dopo si sarebbe presentata con cinque giacche di pelle bianche con la scritta "Custos" dietro la schiena.

Ce le ha distribuite - a me, Alessandro, Adam e Jasmine- con uno sguardo serio e determinato, indossandola lei stessa con fierezza.

Incerti, abbiamo infilato la giacca anche noi, provocandole un sorriso compiaciuto.

-Ora siamo i suoi custodi.- ha detto, proprio mentre Elsa scendeva dalla macchina di Luca guardandosi attorno, timorosa.

Jasmine ha lanciato ad Aurora uno sguardo minaccioso, probabilmente ricordando quanto l'abbia fatta dannare in passato, e poi si è diretta da Elsa con passo spedito.

I primi giorni gli occhi increduli degli studenti si puntavano sul gruppetto con confusione, ma ora sembra che si siano abituati al passaggio dei Custodi.

La faccenda si sta facendo fin troppo banale, e penso con rimpianto ai commenti che avrebbe fatto Elsa, con un sorriso divertito e gli occhi scintillanti.

Ma ormai di quella Elsa sono rimasti solo i ricordi.

-Eric.-

Mi volto di scatto verso la voce di Jasmine, preoccupato.
Jasmine non si allontana mai da Elsa, ed Elsa non vuole stare a contatto con il genere maschile.
Perché quindi Jasmine è qui e mi sta parlando?

Quando incrocio i suoi occhi, li trovo lucidi e commossi, e tutti i miei sensi si allarmano.

-Che è successo?- domando, precipitoso.

Un sorriso tremante le incurva le labbra, mentre con un cenno del mento mi indica un punto in lontananza.

Il mio sguardo segue il suo, ed individuo facilmente la testa bionda di Elsa.

Ha le braccia strette al petto, i capelli sciolti, pallida.
A vista,non si direbbe migliorata: oscuri fantasmi ancora le infestano lo sguardo.

Eppure sta parlando con Adam.

Senza toccarlo, mantenendo una debita distanza, eppure ci sta parlando.

Aurora nasconde un sorriso voltando la testa dalla parte opposta, Alessandro lo cela dietro la sua maschera di indifferenza, eppure io che lo conosco bene posso vedere le sue labbra curvate verso l'alto.

-Sta parlando...con Adam.- esalo, rinchiudendo in un angolino l'invidia per il fatto di non essere io.

Jasmine annuisce con veemenza, stringendo forte la giacca bianca, il sorriso sul viso.

L'espressione di Adam sembra rilassata,ma sappiamo benissimo tutti che dentro di sé sta esplodendo di gioia.

L'unico ragazzo con cui Elsa ha parlato, da quella notte, è stato suo fratello, e posso solo immaginare quanto possa essere bello parlare con lei di nuovo.

-La psicologa la sta aiutando.- compare affianco a me Aurora, guardando Elsa con un orgoglio malcelato.

Annuisco, senza smettere di osservare questo piccolo miracolo, ignorando il suono della campanella.

Aurora si volta verso di me, puntando il suo sguardo prima in quello di Jasmine, poi nel mio.

-Deve denunciarlo.- dice tutto d'un fiato.

Mi immobilizzo, mentre le parole di Emily tornano ad affacciarsi nella mia mente con dolorosa consapevolezza.

Avrei dovuto parlare ad Elsa della denuncia, ma ho aspettato e aspettato, esitando e ritardando ancora, per paura di ricevere il suo silenzio o la sua paura, in grado di spezzarmi.

-Oggi potrei...-

-No. Devo essere io, glielo dirò io.- interrompo Jasmine, stringendo i denti e parlando prima che la mia paura mi faccia cambiare idea.

Jasmine annuisce, e Aurora fa lo stesso.
Io faccio un respiro profondo.
Devo essere io.
💕

💕
Suono al campanello dondolandomi sui talloni, teso.

Luca mi apre la porta, inarcando un sopracciglio quando mi vede.

-Che ci fai qui?- domanda, senza farmi entrare.

-Devo parlare con Elsa.- spiego, guardando oltre le sue spalle, alla ricerca della familiare testa bionda.

Luca si irrigidisce, serrando le dita attorno allo stipite della porta.

-Elsa non parlerà con te. Ed è inutile che la cerchi: è in camera sua.- si oppone.

Faccio un respiro profondo, non cedendo alla parte di me che desidera solo scappare via.

-Devo provarci, Luca: deve denunciarlo.- insisto, facendo un passo avanti.

-Eric, non so quanto possa essere...-

-So che probabilmente non mi parlerà, ma io ho bisogno di dirglielo. E devo essere io.- lo interrompo, frettolosamente.

Dopo un'ulteriore esitazione, sospira e mi fa entrare, chiudendo dietro di me la porta.

In salotto, seduta su divano, mi sorprendo nel trovare la madre, con un'espressione affranta.

-Buon pomeriggio.- borbotto, nascondendo lo stupore.

La donna si mette dritta con la schiena, abbozzando un sorriso falso.

-Buon pomeriggio, Eric.- ricambia, mentre il figlio la raggiunge.

Restiamo in silenzio e immobili, mentre cerco di trattenere la voglia di correre da Elsa e parlarle.

-Eric, Elsa è in camera sua... se vuoi andare da lei, vai. Ti avverto, però: non agitarla.- mi avvisa Luca.

Annuisco, ingoiando il groppo in gola e dirigendomi verso la stanza di Elsa.

Esito davanti alla porta chiusa, mentre l'ansia monta dentro di me.

Sollevo infine il pugno chiuso, bussando e attendendo una risposta, che tuttavia non arriva.

Perciò, abbasso la maniglia e apro la porta lentamente, rimanendo stupito dal buio che ci circonda.

Il mio sguardo va subito alla finestra chiusa,da cui filtra a malapena la luce di fuori.

Inizialmente, sembra che la stanza sia vuota, ma poi individuo Elsa, rannicchiata sul suo letto, gli occhi aperti ma immobile.

Sembra morta.
Penso con un brivido di inquietudine.

Accosto la porta alle mie spalle, vedendola infastidita dalla luce esterna, e mi mantengo distante, cercando di non spaventarla.

-Elsa...- balbetto, esitante.

Il suo sguardo saetta su di me, inquadrandomi e costringendomi quasi a trattenere il fiato.

Chiude gli occhi di scatto, come se la mia sola vista la ferisse.

Serra le labbra in una linea esangue, mentre le mani si chiudono a pugno.

Mi schiarisco la gola, senza osare avvicinarmi.

-Elsa, so che probabilmente sono l'ultima persona sulla faccia del terra che vorresti vedere, ma avevi bisogno di parlarti. È importante.- spiego, aspettando che mi consenta di andare avanti.

Non è necessario che mi parli: mi basterebbe un'occhiata, un cenno del capo, un qualche tipo di movimento.
Ma invece rimane immobile, ad occhi chiusi, rigida e tesa.

E vorrei andarmene, chiudermi la porta alle spalle e scappare da questa situazione che mi fa male, ma semplicemente non posso.

È troppo importante, e non posso lasciarla da sola con i suoi incubi.

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