•Capitolo 41•

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Mi trovavo di fronte all'armadietto di Finn, le gambe leggermente divaricate e le braccia conserte. Sembravo una guardia del corpo. Be' una versione più bassa e minuta di una guardia del corpo, ma comunque...
Controllai l'ora dal mio cellulare. Stavo aspettando da otto minuti il suo arrivo. Durante tutto il tragitto per venire qui, percorso insieme a Sav -visto che Andrew non mi passava più a prendere- avevo riflettuto su cosa avrei potuto dire a Finn. Tra la stanchezza della sera prima e tutto il resto, avevo dimenticato di chiederle cosa avrebbe dovuto fare esattamente. Quale sarebbe stato il suo ruolo? Disattivare le telecamere? Sarebbe stato capace di farlo?

Proprio mentre mi perdevo in questi pensieri, la mia attenzione venne attirata da una figura appena comparsa nel corridoio. Andrew era di fronte a me, lo sguardo duro rivolto dritto di fronte a sé e la mascella contratta. I suoi occhi di ghiaccio non lasciavano trasparire nulla, ma sapevo che era a disagio. Doveva avermi vista. E faceva finta che io non esistessi. Quella consapevolezza mi spezzò il cuore, facendomi pizzicare gli occhi e il naso. L'aria sicura di sé, teneva soltanto un quaderno stretto alla mano destra, lungo i fianchi. La copertina era nera come la maglietta e i jeans sdruciti che indossava quel giorno. I capelli scompigliati gli ricadevano sulla fronte in qualche morbida onda. Era così bello che persino guardarlo era pericoloso. Ma il punto era che non solo era bello fuori, ma anche dentro. Non aveva risposto ai miei messaggi e credetemi, gliene avevo lasciati parecchi. Cercai di trattenermi, sul serio. Ma non ci riuscii. Non potevo limitarmi a guardare Andrew come una sconosciuta. Nonostante Laurel mi avesse consigliato di farlo per quelle indagini. Prendendo il coraggio a due mani, trassi un profondo respiro e...

"Kimberly!" Bloccai il mio cammino di scatto. Finn si trovava di fronte a me adesso, la fronte aggrottata."Cos'hai?" Mi chiese subito."Hai una faccia..."

Grazie tante, Finn. Gentile come sempre negli ultimi anni.

Lanciai un'occhiata alle sue spalle, ma Andrew non c'era più. Doveva essere entrato in classe. Forse era stato il destino a fare comparire Finn proprio in quel momento. Qualcuno lassù evidentemente non voleva che andassi a parlarci. Forse dovevo dargli tempo e limitarmi a scrivergli tramite messaggio come avevo fatto fino a quel momento. Scossi il capo, sforzandomi di concentrarmi su Finn che mi stava scuotendo una mano davanti al viso per attirare la mia attenzione.

"Mondo reale chiama Kimberly." Canticchiò.

"Scusa, ci sono." Sospirai, ritrovando lucidità."Tu stai bene?" Non riuscivo proprio a smettere di pensare a Andrew. Non volevo perderlo.

Finn annuì stranito."Come ti sembra che stia?"

Roteai gli occhi al cielo."Scusami tanto se volevo essere gentile.." Lanciai un'occhiata alle sue spalle, desiderando che Andrew comparisse di nuovo. Anche soltanto vederlo alleviava, seppur di poco, il mio malessere interiore.

"Cos'hai fatto?" Mi chiese, come se potesse leggermi nel pensiero.

Mi si strinse la gola, ma ricacciai indietro il bisogno di piangere. "I miei genitori si stanno lasciando." Abbassai lo sguardo sul pavimento, gli occhi lucidi. "E Andrew...Non ci rivolgiamo più la parola."

La vista mi si offuscò, però mi rifiutavo di piangere nel bel mezzo del corridoio. "E onestamente non so proprio come comportarmi." Ero partita a raffica, non riuscivo più a fermarmi. "Mia madre è distrutta, ma finge di stare bene, almeno quando c'è Maddison, mia sorella e l'unica persona con cui vorrei parlarne in questo momento ce l'ha con me perché il mio migliore amico mi ha baciata e io non gliene ho parlato quando avrei dovuto. Quindi, adesso Andrew esce con una ragazza che probabilmente ha una cotta per lui e i suoi amici, che erano anche i miei, a fatica mi rivolgono la parola."

"E io che questa mattina mi lamentavo perché avevo bruciato il toast.." Finn si grattò la fronte, un po' sconvolto. Prese un sospiro, poi mi appoggiò una mano sulla spalla in segno di conforto, abbassandosi abbastanza perché i suoi occhi nocciola fossero alla mia stessa altezza. "Ascolta." Cominciò a dire, portandomi a guardarlo negli occhi. "Che ne dici di andare a prendere qualcosa insieme alla fine delle lezioni?" Le sue labbra si piegarono in un sorriso confortante. Visto che ancora non avevo risposto, continuò: "Conosco un posto che ti piacerà sicuramente."

The bad boy's loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora