•Capitolo 16•

33.8K 1.5K 538
                                    

Per qualche ragione a me sconosciuta mi fermai. Smisi di gridare. Smisi di parlare. Smisi di respirare. Una fronte incontrò la mia e nuovamente, un profumo familiare mi travolse. Il petto si alzava e si abbassava a ritmo incessante del mio respiro, mentre incredula fissavo un paio di occhi grigio azzurri che lentamente presero forma di fronte a me portando a galla decine e decine di ricordi passati. Ricordi che mi suscitarono emozioni contrastanti.

"Jeb?" Mormorai a corto di fiato, non credendo ai miei occhi. Ero rigida come una corda di violino, in trappola e allibita. Cosa ci faceva lì, di fronte a me?

La presa sui miei polsi si alleggerì, ma non mi lasciò andare."Già, l'unico e il solo." Chiuse gli occhi e le sue ciglia folte mi sfiorarono le palpebre tanto eravamo vicini. Riaprì gli occhi."Sono tornato."

Ricordi su ricordi riemersero come relitti in fondo all'oceano, tornando in superficie.

***

Flashback.

6 anni prima...

Mi trovavo in vacanza con i miei genitori al lago Tenaya. Passavamo ogni estate lì, era diventata una tradizione ormai. Di solito portavo anche Savannah con me e alloggiavamo in un campeggio, ma quell'anno non era riuscita a venire a causa di un viaggio già programmato da tempo con i suoi e i posti non erano più disponibili. Il secondo giorno di quell'estate calda e afosa avevo incontrato Jeb per la prima volta. Avevo discusso con mamma e papà perché mi annoiavo a morte e volevo tornare a casa. Non avevo amici ed ero troppo timida per farmeli. Quella sera, di nascosto ero uscita dal villaggio in cui risiedevamo. Era già buio e il buio non mi era mai piaciuto. Nonostante questo, però avevo scelto di uscire per rimanere un po' da sola. Faceva freddo e avevo dimenticato in casa il cappotto, ma in quel momento non mi importava. Ricordavo che mi stavo strofinando le braccia strette al petto per riscaldarmi. Ormai conoscevo quel luogo come le mie tasche, quindi ero diretta verso un parco non molto distante da dove alloggiavamo, quando all'improvviso fermai i miei passi. Avevo sentito dei singhiozzi provenire dalla riva del lago, alla mia destra, oltre la coltre di alberi che si estendeva lungo la strada. Senza pensarci, istintivamente, cambiai direzione e seguii quei singhiozzi che rompevano il silenzio di quella sera. Sulla riva la luna si rifletteva sulla superficie torbida e scura del lago. E proprio di fronte a quest'ultima trovai una figura che mi dava le spalle. Era seduta sul terreno con le spalle basse e la testa appoggiata alle ginocchia. Tremava e piangeva. Tutta la mia timidezza, all'improvviso si dissolse, sostituita dalla preoccupazione. Mi avvicinai in silenzio, perché non volevo che si spaventasse. Stavo per sedermici accanto con calma, quando scivolai su un pezzo di plastica di una bottiglia rotta.

Quello che scoprii presto essere un bambino, si voltò nella mia direzione, l'aria arrabbiata e gli occhi grandissimi e azzurri lucidi. Calde lacrime gli scorrevano lungo le guance paffute. Aveva i capelli lisci e biondi come oro che si piegavano sulle punte e una frangetta sulla fronte che trovai carina.

"Scusa." Mormorai, consapevole di avere interrotto un momento di solitudine che anch'io stavo cercando. Abbassai lo sguardo, improvvisamente in imbarazzo. Mi chiesi per quale ragione avessi deciso di andare lì. Prima mi sembrava una buona idea, ma con lui che mi guardava in quel modo non ne ero poi più così sicura.

Stavo per alzarmi e andare via, quando il bambino di cui ancora non sapevo il nome mi fece spazio accanto a sé nonostante non ce ne fosse bisogno. Io ero già seduta accanto a lui. Tirò su con il naso e si strofinò le guance umide, spostando lo sguardo dritto di fronte a sé, verso il lago che ci circondava come un grande specchio buio. L'espressione corrucciata.

"Siediti se vuoi." Non disse altro.

Io mi limitai ad annuire anche se non poteva più vedermi e appoggiai entrambe le mani sullo spiazzo di terra per sedermi."Grazie." Mormorai, fissandolo. Sembrava che avesse smesso di piangere, ma l'espressione arrabbiata era ancora lì. Sembrava profondamente ferito e me ne domandai la ragione. Magari anche lui aveva litigato con i suoi genitori come me.

The bad boy's loveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora