Capitolo 40 - Parte seconda

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"Direi di fare un brindisi a queste settimane passate insieme - Dinah alza in alto il calice di vino e tutti quelli che la circondano la imitano automaticamente - alle serate come queste, ricche di alcol e depravati, vi adoro!" Grida infine, prima di far scontrare i nostri bicchieri.

Un urlo di gioia si innalza in casa, la stessa casa che mi ha ospitata per intere giornate. Quella che ho sentito più mia di quanto abbia mai fatto con quella di mia madre.

"Io vorrei aggiungere una cosa." Dichiara Zayn, timido, è il suo marchio, totalmente contrapposto alla sua apparenza. "Sono felice di poter dire che, Camila, quel biglietto è stato dato alla persona giusta."

I miei occhi si spostano dalla sua figura a quella di Lauren. Mi sta fissando. Non fa altro da tutta la sera, ma resta muta. Mi scruta e mi inquieta, come i primi giorni.

"Non importa che sia finita, perché forse... doveva esserci e basta. Per donare..."

"Okay, okay. Abbiamo capito!" Interviene Louis beccandosi una gomitata dal suo fidanzato, sconvolto dal modo irruento con cui si è intromesso. A volte sembra non lo conosca per niente.

"Qualcun altro vuole aggiungere qualcosa?" Continua lui, con tono di sfida.

So perfettamente a chi si sta riferendo; lo sa ognuno di loro. Si guardano con dei sorrisi stupidi sui volti, sperano di sentire la sua voce. Io non lo faccio, so che non parlerà.

Riesco a fissarla con un'espressione impietrita, quasi non mi sento i tratti del viso, non ho idea di cosa ci legga lei perché io mi sento vuota, priva di emozione e quindi con una maschera di indifferenza.

Ci guardiamo per interminabili secondi, per un istante sembra quasi che stia per annunciare qualcosa, eppure si blocca. Sarebbe capace di correre con la moto sui tetti, ma non può pronunciare qualcosa che non vuol accettare, non ne sopporterebbe neppure l'eco.

La conversazione di oggi non mi ha scalfita; ho aperto, forse, per la prima volta, la mia mente. Ho cercato di vedermi attraverso i suoi occhi, ho giustificato ciò che ha detto perché al momento dubito di me stessa più di chiunque altro, però so cosa è giusto fare.

Ed è l'unica cosa che conta.

"No? Nessuno?" Tenta Dinah sorridendo verso di lei. Non emette un suono, non muove un muscolo. Una maschera di cera. Riesco a leggerla, forse per la prima volta, ne capisco i pensieri.

C'è una cosa che vuole fare ed è baciarmi. Passarci il tempo insieme mi ha permesso di capire le sue espressioni, da un movimento di sopracciglia, dal modo in cui le labbra si schiudono, da quegli occhi da gatta.

Lo sta immaginando. Così come lo sto immaginando io. Le sue mani che mi stringono il volto, i respiri che si confondono ma non del tutto, uno spazio vuoto che sa di echi sussurrati. Fiochi, leggeri. Invisibili. Vorrei riuscire a trattenermi, ma la verità è che non ci sfioriamo da troppo tempo e stiamo impazzendo entrambe. 

"Bene così! Adesso mettiamo il bong in opera, ci divertiamo!" Strilla Louis, stemperando l'atmosfera. "Regaliamo alla nostra Camila un'ultima sera che valga tutto il viaggio!"

Mi abbraccia trascinandosi dietro anche Harry e cantando Y.M.C.A, il riccio lo segue a ruota, mentre mi agguanta per un braccio e mi incita a saltare. Mi lascio travolgere dalla loro contentezza, li stringo forte perché in qualche modo tutti loro mi hanno lasciato qualcosa e c'è un affetto di fondo che non si può spiegare.

Penso che capiti a tutti, di sentirsi legati a coloro con cui condividi un nuovo posto, assapori nuove culture e sai che riconnetterai sempre un determinato cibo, un'odore o un monumento a loro. Forse per questo la gente ha paura di viaggiare in compagnia, non gli aggrada creare ricordi perché temono le cose che hanno una fine.

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