Capitolo 42

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Sto tornando a casa

È questo quello a cui penso quando dalla sfumatura scura vedo un bianco accecante.

Mi sto svegliando, apro lentamente gli occhi ma è come se mi stessi allontanando da qualcosa che mi appartiene veramente, non è stato solo immaginato, è successo, ma ora non è più mio. 

Mi sento un'estranea in questo corpo, adesso. Lo vedo disteso su una brandina, in una stanza spoglia alle pareti, ma ricca di fiori. Sono tutti per me. Sono in ospedale ea persona che mi stringe la mano è qualcuno che appare totalmente diverso da come lo conosco. Dinah, sorride stringendomi la pelle, emozionata. "Non ci credo" dice in una lingua che non riconosco immediatamente. 

Mi volto verso la finestra è la Torre Eiffel è la risposta, mi apre un nuovo mondo. 

Non c'è Ibiza, neppure Orlando. È la francia, sono in un altro continente. Sono in una stanza d'ospedale francese e non capisco perché. 

Arriva la dottoressa, non la comprendo subito. Mi dice il suo cognome, da fottuta francese. Mi chiede se ricordo come mi chiamo, questo lo capisco. Rispondo Camila.

Mi riconoscono. "Adesso l'anno, in che anno siamo?"

Non riesco ad aprire bocca, non riesco a parlare. E se ci penso, è in inglese. Okay, sono stata in coma farmacologico per due settimane e rispondere al perché  è un po' difficile, però ci pensa proprio Dinah ad informarmi. Qualcuno mi ha picchiata, rapinata, dei ladruncoli che sono scappati e qualcuno non è riuscito a proteggermi.

Questo qualcuno si chiama Shawn.

Arriva alle sue spalle, ha l'aria da bravo ragazzo, ma mi guarda male. Non sembra contento del mio risveglio quanto gli altri. Eppure sorride, come se mi conoscesse da tempo. 

"Millenovecento..." Tento e i loro sguardi imbronciati mi suggeriscono che sto sbagliando. Sono straniti, ma non riesco a non rispondergli. "Millenovecentonovantasette" Termino, scatenando l'ilarità di Dinah che mi grida contro. 

"Duemila! Siamo nel Duemiladiciannove, Camila!" 

"Ha parlato inglese, l'avete sentita? Ha parlato in inglese... che cav..." 

Nel frattempo comincio ad abituarmi alla loro lingua, riesco a comprenderne gran parte del significato, pur continuando a reputarlo estraneo, insolito. La dottoressa interrompe il caos che ho scatenato zittendo quelli che sono, a quanto pare, la mia migliore amica e il mio fidanzato.

"Davvero pensi che sia il Millenovecentonovantasette?" Insiste la mora, ad Ibiza non l'avevo mai immaginata con una capigliatura così importante. Resto in silenzio, non annuisco nemmeno. La dottoressa blocca la mia visuale e lancia un'occhiataccia a Dinah. 

"Può capitare che durante un trauma cranico le parti del cervello danneggiate siano quelle che ospitano le funzioni linguistiche che determinano la lunghezza delle vocali oppure l'intensità del suono. Sono rari i casi, ma può succedere che impossibilitati dall'usare la lingua madre, che solitamente risiede nella parte sinistra, si inizi a parlare una lingua straniera che fa leva su entrambi gli emisferi." 

Mi perdo qualche passaggio della sua spiegazione scientifica che a me pare assurda, quella lingua l'ho vissuta, non ho appreso a parlarla fluidamente per magia. 

"Per lei è il Millenovecentonovantasette." Ripete Dinah calcando la data, con un accento che mi fa quasi ridere, piuttosto che intimorire, come era nelle sue intenzioni. 

"A volte, capita che durante il coma il paziente sogni tanto profondamente da immedesimarsi in ciò che ha visto. Alcuni vedono i classici tunnel bianchi, altri incontrano Dio. Qualunque cosa sia stato Camila potrà raccontarlo a chi di dovere, non appena si riprenderà. Così come dovrà parlare del giorno dell'incidente." 

Si congeda, dicendomi di riposare. Io non ricordo nulla di questo attacco. In un parcheggio, continuano a ripetere. Io ero in un aeroporto l'ultima volta che mi son vista. Ho vissuto pezzi di un'altra vita o era solo frutto di un fottuto coma? È possibile sognare un'altra vita e ritrovarsi di nuovo con quelle anime? Dinah è qui con me. La vedo. Mi vuole già bene, sembra perfino responsabile. Non ha vissuto nel passato, ma siamo amiche, probabilmente da anni e anni. 

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