XXXIX

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"Cosa siamo noi?"

Le mie dita che tamburellavano sul bancone erano l'unico rumore che mi teneva compagnia in attesa della fine del mio turno di lavoro.

Scalpitavo per andarmene, quel giorno più di altri.

Una volta finito, mi sarei dovuto incontrare con Malika per discutere della piega che avrebbe preso la nostra relazione, e ammetto che ero davvero in ansia.

Provai a rovistare nella mia mente in cerca del ricordo di quello stesso momento passato con Bea, ma non trovai nulla, come se avessi completamente rimosso ogni memoria superflua.

Guardavo l'orologio appeso alla parete alla mia destra scandire ogni secondo, che il mio cuore percepiva come minuti interi.

Il trillo della porta che si apriva mi richiamò sull'attenti e mi ricordò che fino a prova contraria, io stavo lavorando.

Qualcuno era entrato nel grocery store.

Mi sedetti il più composto possibile aspettando che il cliente arrivasse alla cassa, dove mi trovavo.

Potete solo immaginare la mia sorpresa quando vidi accanto ad uno scaffale poco lontano, Malika, che sventolava in aria un sacchetto di carta.

Si avvicinò al bancone.

"Sorpresa" mi disse col più bello dei sorrisi. "Ho portato del caffè" annunciò cacciando dal sacchetto una borraccia termica.

La mia salvezza.

Stavo rischiando di addormentarmi sul posto di lavoro.

In assenza di clienti, decisi di fare uno strappo alla regola e la portai sul retro del negozio.

Assaporammo quella bevanda amara seduti sullo stesso muretto su cui, un mese prima, Malika si stava sfogando in lacrime.

Buttai giù un altro sorso concentrandomi sul presente.

Non ci eravamo scambiati molte parole, la situazione era leggermente imbarazzante.

"Allora..." provai a partire.

"Allora?" mi incalzó lei.

"Come va?"

Avrei voluto prendermi a schiaffi da solo, davvero.

"Tutto bene" rispose lei di poche parole.

Vedendo l'andazzo, fu lei a prendere in mano la situazione.

"Senti Milo, facciamola breve. Perché volevi vedermi?"

Cazzo.

Ansia.

Sentivo le mani che mi sudavano.

"Volevo parlare di quello che è successo a casa mia... due giorni fa"

"Dimmi"

Okay che ero io l'impedito della situazione, ma anche lei non scherzava eh.

Sembravamo due deficienti.

Posai il bicchiere col il caffè alla mia sinistra, poi mi avvicinai a lei con il busto, seduta alla mia destra.

A pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro, lei aprì bocca.

"Milo... cosa siamo noi?"

"Cosa vorresti che fossimo?" le risposi.

Le nostre labbra erano lontane un palmo di mano.

Lontane, troppo lontane.

Lei azzeró questa distanza.

Riassaporando il suo bacio, mi chiesi con quale forza sovrumana ne avessi fatto a meno per due lunghi giorni.

Broken Hearts ClubDove le storie prendono vita. Scoprilo ora