XLIV

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"Idillio"

Un raggio di sole mi colpì dritto negli occhi obbligandomi ad interrompere il mio sonno.

Socchiusi le palpebre, con la vista ancora appannata dalla stanchezza.

Cercai con il braccio la mia ragazza, che pensavo si trovasse proprio accanto a me.

Potete immaginare il panico che provai quando mi resi conto che ero solo nel letto di quel bed&breakfast.

Mi alzai a sedere di scatto guardando in giro.

E se la sera prima non le fosse piaciuto davvero?

Se fosse scappata da me senza lasciare traccia?

Se fosse dovuta tornare a casa prima?

Se non volesse più vedermi?

Per fortuna nulla di tutto ciò.

Mi rassicurai immediatamente quando vidi Malika affacciata alla finestra, incantata a guardare il paesaggio illuminato dalla luce di prima mattina.

Aveva rimesso la mia felpa addosso.

Afferrai le mie mutande, le indossai, mi alzai in piedi e mi stiracchiai, per poi raggiungerla e fermarmi al suo fianco.

Seguii il suo sguardo.

L'acqua del lago sembrava brillare a contatto con il sole. Il cielo aveva qualche nuvola bianca.

Sembrava un paesaggio idilliaco.

Le diedi un bacio sulla guancia per risvegliarla da quella trance in cui era caduta, ammaliata dal paradiso che vedeva attraverso un vetro.

"Buongiorno" le dissi piano. "Dormito bene?"

Avevo un braccio attorno al suo fianco e i suoi capelli che mi sfioravano il viso.

Lei distolse lo sguardo dal lago.

"Questa è stata una delle notti più belle della mia vita" ammise greve.

"Sono felice che tu sia stata bene" commentai.

Il suo sguardo dolce si trasformó improvvisamente in una smorfia preoccupata. Non mi guardava più in faccia, guardava qualcosa dietro di me...

"CAZZO, SONO LE 9.30, DOBBIAMO MUOVERCI!" urló spintonandomi.

Mi girai controllando l'orologio appeso alla parete.

Alle 10 se ne sarebbe dovuta andare e dovevamo ancora fare colazione. Eravamo un pelo nella merda.

Corremmo giù per le scale fino ad arrivare alla mensa.

Ci sedemmo ad un tavolino affannati.

Lei aveva preso un croissant e un cappuccino, mentre io, da bravo americano, uova strapazzate, bacon e un succo di frutta.

Iniziammo a mangiare e a chiacchierare un po'.

"Eri sveglia da molto?" le chiesi.

Lei fece spallucce. "Un'oretta credo, ma è volata"

"Perché non mi hai svegliato?"

"Perché sembravi un angioletto mentre dormivi" si mise a ridere.
"Ad un certo punto ho sbattuto forte il gomito contro il mobiletto e ho fatto cadere tutto quello che c'era sopra, non ti sei accorto di nulla. Sei proprio un dormiglione" prese a raccontare divertita.

"Quella che ieri sera è crollata tra le mie braccia eri tu, eh"

Lei avvampó, probabilmente ricordandosi di quanto accaduto la notte prima.

"Hey, non si rinfacciano le cose!" disse facendo la finta offesa.

Io misi in bocca un po' di bacon e le feci una smorfia.

Finito di fare colazione corremmo nella mia macchina. Erano le 9.47.

Se avessi corso un po', probabilmente Malika sarebbe arrivata in orario a casa.

Sostai poco lontano da casa sua così che suo padre non potesse vedermi. Dopotutto Malika aveva passato la notte "da una sua amica"...

"Sicura che non vuoi che ti accompagni?" mi assicurai.

"Sì, tranquillo, faccio questa strada tutti i giorni"

"Ma se qualcuno ti-"

"Milo, devo andare o farò tardi!" tagliò corto lei dandomi un bacio a stampo.

Mentre facevo manovra la vidi correre con i capelli che le svolazzavano dietro la schiena.

Mi sentivo il ragazzo più fortunato di tutta Two Harbors.

Appena tornai a casa scrissi a Tyler.

"Sono tornato, puoi parlare?"

Qualche minuto dopo mi squilló il cellulare.

Risposi al mio migliore amico.

"Allora? È successo?"

"Non si usa salutare?" lo presi in giro. "Sì, è successo"

Lo sentii emettere un urletto emozionato.

"E com'è stato?" mi domandó.

"Ha superato ogni aspettativa" dissi con un sorrisone stampato in faccia.

Continuammo a parlare a lungo finché, a ora di pranzo non dovetti salutarlo.

Mi buttai a peso morto sul letto, felice come non mai.

Ero un fuoco.

Gioivo.

Non riuscivo a contenere il mio stesso entusiasmo.

Malika invadeva ogni mio pensiero.

Fanculo Cole, fanculo Vincent, fanculo Drew e fanculo i loro problemi.

Dimenticai di tutto.

Nella mia testa c'era solo lei.

"Milo scendi, è pronto a tavola!" urló mia mamma dal piano di sotto.

"Arrivo!" le risposi.

Mi alzai dal letto marciando verso la cucina, consapevole del fatto che il pranzo non fosse pronto e che mia madre volesse come al solito che apparecchiassi la tavola.

Ma io ero cosí felice che non mi importava più di nulla.

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