2. Pezzi dal passato

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Tyler's pov

4 mesi prima

"Quindi che cosa hai deciso?", domandò Susan.

Feci finta di pensarci, ma la risposta ce l'avevo già stampata in testa. Era l'unica opzione che mi era rimasta. La più stupida, folle e irrazionale, ma era pur sempre un'opzione. E visto che ero totalmente nella merda e non vedevo una via d'uscita, mi aggrappai a quella.

Scrollai le spalle e guardai fuori dalla finestra dell'aula di scienze. "Farò quello che va' fatto", dissi solamente.

"E cioè?", insisté.

"Perché dovrei dirtelo?", sbottai.

"Datti una calmata. Ho capito che sei preoccupato per lei, ma noi non centriamo niente", intervenne Clay con tono duro.

Sospirai ed abbassai la testa. Avevano ragione. Non erano loro il problema e non avevo il diritto di sfogare la rabbia su di loro. Ma era difficile continuare a sorriderle quando dentro stavo impazzendo lentamente.

"Tyler", mi richiamò Susan, addolcendo il tono precedente di Clay. "Ci siamo tutti dentro. So che tu lo senti più di noi e capisco che possa essere... frustrante. Ma è la mia migliore amica, le voglio un bene dell'anima e farei qualsiasi cosa pur di rivederla tranquilla e sana. Qualunque cosa significhi"

"Non è solo frustrante, maledizione. Sono preoccupato", ammisi, stupendomi per il modo in cui riuscissi a dirgli una cosa così sincera. Ma, in fondo, non ero solo preoccupato. Ero letteralmente terrorizzato.

"Lo so... Lo sono anch'io", mormorò.

"I suoi che hanno detto?", si informò Clay.

Strinsi i pungi ripensando alla scena a casa sua. L'indifferenza di suo padre verso i comportamenti evidentemente strani a tutti di sua figlia mi offuscava la vista di rabbia. Mi ero fatto una mezza idea su quell'uomo, ma era sempre il padre della persona che amavo più di ogni altra cosa e dovevo mandare giù e sorridere anche quando avrei solo voluto sbattergli la testa sul metallo.

"Lascia stare", mormorai tra me e me. "Non vuole sentire ragioni. Va fuori di testa solo a sentire la parola 'psicologo'. Ho provato ad obbligarla contro la mia volontà e ha minacciato di lasciarmi. Non so davvero più come comportarmi"

Susan e Clay rimasero in silenzio, non sapendo cosa dire. Come loro, avevo esaurito le parole. Non che ciò mi impedisse di continuare a lottare per lei. L'avrei fatto in ogni caso, che lei lo volesse o no. Avevo imparato che le parole ormai non contavano più. L'unica cosa che mi era rimasta da fare era dimostrarle che avrei fatto di tutto. Che le sarei stata accanto sempre, anche quando lei stessa pensava di non meritarlo.

"Vuoi che ci parli un po' io? Magari riesco a farle cambiare idea", tentò Susan quando suonò la campanella. Uscimmo dall'aula e ci ritrovammo in corridoio.

Ele era davanti al suo armadietto. I libri stretti al petto come se fossero l'unica cosa a cui potesse aggrapparsi e lo sguardo perso nel vuoto davanti a sé. Voltò la testa di scatto, come se avesse intuito la mia presenza, ed incrociò i miei occhi. Mi rivolse un flebile sorriso, per poi tornare a concentrarci sul quel fottuto niente.

"Non credo", replicai.

"Vi lasciamo soli, allora. Tyler... ", disse Susan prima di allontanarsi con Clay.

Mi girai e la guardai, in attesa che parlasse. Guardò Clay in modo incerto, poi si girò verso di me. "Qualunque cosa"

"Lo so", la rassicurai.

Non mi toccare 3 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora