Epilogo

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7 anni dopo

Incrociai le gambe davanti a me e ci appoggiai sopra il mio quadernino, ascoltando con attenzione le parole che Sarah stava cercando di tirare fuori da sé stessa.

Sin dal primo momento in cui aveva messo piede nel mio ufficio, sapevo che cosa l'aveva portata da me. Paura con cui in un tempo non molto lontano avevo combattuto personalmente.

Anni di esperienza alle spalle, e ancora non riuscivo a non farmi coinvolgere emozionalmente da storie come la sua.

Il codice parlava chiaro: rimanere neutrali, concisi ed emozionalmente stabili.

Quello era il lavoro di una psicologa. Dovevi essere in grado di saper trasmettere conforto al paziente e fargli capire che li avresti ascoltati senza giudicarli, e li avresti aiutati a risolvere qualsiasi problema stavano affrontando.

Ma, maledizione, era così difficile.

La quattordicenne davanti a me stava cercando di raccontarmi tra le lacrime il modo in cui suo padre l'aveva picchiata e poi molestata da bambina, ed io sarei dovuta rimanere impassibile e annuire per tutto il tempo, facendo finta di essere un robot che non provava nessun tipo di emozione al riguardo?

Col cavolo.

Ma comprendevo le ragioni, e ciò mi rendeva di gran lunga più facile rispettarle.

Piangere e mostrare sentimenti intensi per un'esperienza che non era la mia non avrebbe aiutato in nessun modo la giovane donna davanti a me ad affrontare la cosa.

"Non sapevo cosa fare", disse tra i singhiozzi, asciugandosi il naso con il dorso della manica. Allungai la mano verso il piccolo mobile nel mio ufficio e le porsi la scatola di fazzoletti poggiata sopra."La mamma e mio fratello non erano a casa. Sperai che i vicini mi sentissero urlare. Ma nessuno mi aveva sentita"

Al diavolo lo stupido regolamento, convissi me stessa, poggiando il blocco degli appunti sulla mia scrivania e prendendo posto accanto alla ragazza in lacrime davanti a me, circondandole dolcemente le spalle con le braccia.

Non dissi niente. Sapevo bene quanto significasse il silenzio in quel momento. Perciò continuai a strofinarle la schiena finché i singhiozzi si fermarono e potemmo riprendere a parlare.

"Sii forte, tesoro", le dissi sull'uscio della porta del mio ufficio con un sorriso, al termine della nostra seduta. "So che non è facile, ma sono sicura che riuscirai a superarlo"

La ragazza dagli occhi azzurri, leggermente gonfi e arrossati dal pianto, mi guardò, chiedendomi silenziosamente che cosa volessi dire. "Posso farle una domanda, signorina Cassidy?"

"Puoi chiamarli Ele, Sarah. E si, puoi chiedermi qualsiasi cosa"

La giovane ragazza guardò alle mie spalle, poi di nuovo i miei occhi. "Perchè è così gentile con me? Voglio dire, anche quando i miei genitori non la pagano per farlo"

Ridacchiai davanti alla sua audacia e mi poggiai allo stipite della porta. "Conoscevo una ragazza che ti assomiglia tanto, sai. Tanti anni fa. La sua storia era incredibilmente simile alla tua"

"Che cosa le è successo?", chiese con un'espressione quasi preoccupata.

"Mi stai chiedendo se sia ancora viva?", dissi con un sorriso curioso, curvando le labbra.

Sarah annuì timidamente.

Le sorrisi, tranquillizzandola. "E' ancora viva, si", mormorai. "Anzi, non è mai stata così viva. Lei era proprio come te: spaventata, chiusa in se stessa. Un giorno ha incontrato una persona davvero speciale e da quel momento è cambiata completamente"

Non mi toccare 3 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora