23. Guarire

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Mentre tornavo in camera, ancora non riuscivo a credere alla sincerità e gentilezza con cui Chloè mi aveva accolta. Avevo deciso di partire per stare accanto a Tyler, ma non avevo la minima idea che potesse trasformarsi in una cosa piacevole per me. 

Non appena ritrovai la nostra stanza mi precipitai dentro, impaziente di raccontare a Tyler di Chloè e di tutto ciò che mi aveva detto. 

"Scusa se ho fatto così tardi. Il fatto è che Chloè è una persona così esuberante. Abbiamo passato la serata a mangiare e chiacchierare. E voleva chiedere scusa ad entrambi! Ti rendi conto? Voglio dire, è-"

Non appena chiusi la porta e mi girai, chiusi immediatamente la bocca. 

Il sorriso mi morì sulle labbra.  

Mi fermai all'entrata della nostra stanza, incerta se avanzare. Tyler era seduto a gambe aperte sul bordo del letto, con i gomiti sulle ginocchia e le dita strette a pugno tra i capelli. 

Dopo pochi secondi alzò lo sguardo e poggiò i palmi sulle gambe, guardandomi per intero. Ma non disse nulla. 

Mi schiarii la gola. "Stai bene?", gli chiesi, insicura della sua reazione. 

Era chiaro nei suoi occhi che l'ultima cosa di cui aveva voglia era una seduta terapeutica sui suoi sentimenti. Avrei voluto sperare che fosse solo turbato dal matrimonio di Dan, ma c'era di più, e la sua espressione sembrava mi stesse suggerendo di non fare domande. 

Non ottenni nessuna riposta. Continuò solo a fissarmi in piedi davanti alla porta, senza dire una parola. 

Mi avvicinai piano, accertandomi che per lui andasse bene, e mi posizionai proprio di fronte a lui, in piedi. 

Gli posai dolcemente entrambe le mani dietro la nuca, circondandolo con le braccia, e affondai le dita tra i suoi capelli. 

I suoi occhi evitarono i miei per tutto il tempo. 

"So che per te è diff-"

Non appena sputai fuori la prima parola, Tyler afferrò meccanicamente le mie mani dai suoi capelli e le portò davanti a sé, tirando leggermente su' con il pollice le maniche della mia felpa. Abbastanza per vederne al di sotto. 

Ed è li che capii che il suo umore non aveva niente a che vedere con Dan o il matrimonio. 

Mi tirai bruscamente indietro, sbrigandomi a coprirmi i polsi in preda al panico. 

Afferrai i lembi delle maniche con le dita per assicurarmi che non si rialzassero di nuovo. 

Come diavolo aveva fatto a scoprirlo? 

E come aveva fatto a sfuggirmi? 

Quando eravamo a New York le cose erano diverse, perciò era impossibile che lo sapesse già da lì. Puntai lo sguardo per terra, non avendo la minima idea di cosa dire o come comportarmi. 

Come avevo fatto a farmelo sfuggire? Ero sempre stata attenta a nascondere le cicatrici a chiunque. 

"E' davvero come l'ho scoperto il tuo pensiero principale? Cosa c'è, pensavi di nascondermelo per sempre?", domandò con durezza, alzandosi dal letto. 

Il fatto che riuscisse a leggermi dentro mi fece venir voglia di scappare da quella stanza. Tirai un sospiro di sollievo quando non lo sentii avvicinarsi. Si mosse nella stanza, ma i miei occhi erano puntati sul bordo del letto da cui si era appena alzato. 

Avevo solo troppa paura che se avessi spostato lo sguardo le lacrime sarebbero sgorgate. 

"Te l'avrei detto. Stavo solo aspettando il momento giusto", mi difesi, sperando che non cogliesse il tremore nella mia voce. 

Non mi toccare 3 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora