5. Cuore o non cuore?

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Sistemai i libri nella borsa e ci ficcai dentro in fretta l'astuccio. Intanto sentii Gwen sputare con decisamente poca grazia femminile il dentifricio nel bicchiere che aveva rubato in mensa e sciacquarsi la bocca con l'acqua. Odiava usare i bagni in comune. Diceva che non potevo neanche immaginare quanti germi ci fossero sui lavandini che usava tutta la popolazione femminile del college.

"Tra sette minuti e mezzo dobbiamo essere a lezione", sentenziò quando ebbe finito il suo rituale contro i germi.

Mi sedei sul letto per allacciarmi le scarpe. I miei occhi erano aperti, ma non sapevo realmente dove stessi guardando. "Lo so", mormorai.

"Be', allora datti una mossa. Non voglio fare tardi. Il professor Marsley penserebbe che sono una che non rispetta gli orari", continuò, con una voce tra il fantastico e il sognante.

"Ho capito", sibilai a denti stretti. Mi morsi la lingua e chiusi gli occhi, ritrovandomi a sperare, un solo attimo più tardi, che Gwen non mi avesse sentita.

Mi sentii sollevata quando non replicò. Forse era stata davvero una sua saggia decisione. Finii di prepararmi e sorpassai categoricamente lo specchio quando ci passai davanti, aprendo l'armadio e afferrando al volo un giacchetto.

"Maledizione, Ele!", imprecò Gwen tamburellando le dita sul legno della porta della nostra stanza.

"Lo so, lo so... "

Mi infilai in fretta e furia il giacchetto e la sorpassai sull'uscio della porta per permetterle di chiuderla. Gwen non disse una sola parola mentre praticamente correvamo fuori dal dormitorio verso l'aula di cultura generale in sede principale, ma mi lanciò occhiate di continuo. Era un corso facoltativo, ma era interessante e si imparavano un sacco di cose, e per fortuna sia io che Gwen lo seguivamo. Quando finalmente arrivammo, stremate, ci sedemmo nella nostra solita terza fila e aspettammo il professore cercando di riprendere fiato.

"Non è ancora arrivato", osservai con disprezzo, più di quanto ne avrei voluto.

"Non posso mica sapere a che ora si sveglia la mattina. Meglio prima che mai, no?"

"Mmh", mugugnai, lottando contro i miei occhi per non addormentarmi. Me li stropicciai e feci per togliermi la felpa, ma poi ci ripensai.

Quella notte avevo dormito poco. Non ero ben cosciente del motivo, ma non riuscivo a spegnere il cervello. Produceva pensieri su pensieri, preoccupazioni su preoccupazioni e non mi dava pace. Cercavo di non dargli retta ma era più forte di me: forse era la mancanza di casa. Forse era la mancanza della mia famiglia. O forse era più semplicemente la mancanza di qualcosa che fosse più simile alla normalità. Perciò avevo fissato la finestra sopra il mio letto finchè non avevo visto le prime luci dell'alba. Da lì non ricordavo poi molto, quindi dovevo essermi addormentata.

"Perché sei nervosa?", domandò tutt'un tratto Gwen. Si girò a guardarmi e piegò la testa di lato, come per analizzarmi.

Tenei lo sguardo fisso davanti a me. "Non sono nervosa"

"Si, lo sei", replicò tranquillamente, come se volesse prendersi gioco di me.

"Perché non la smetti?", fremetti con disprezzo.

"Dici a me?", chiese, puntandosi un dito contro con un sorriso maligno.

"Smettila"

"Visto?", rimarcò, girandosi di nuovo dalla sua parte di sedia, "Io l'ho detto che sei nervosa"

"Non lo sono. Sto benone", mentii, guardando da un'altra parte.

"Ti sei svegliata dalla parte storta del letto, stamattina?"

Non mi toccare 3 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora